giovedì 6 marzo 2014

Un’altra Europa

Da MondOperaio

http://www.mondoperaio.net/

di Riccardo Nencini *)

Per la sinistra italiana il congresso di Roma del Partito del socialismo europeo rappresenta un punto di arrivo. L'adesione del Partito democratico, infatti, mette fine ad un'anomalia che non solo in questo secolo ne ha indebolito il ruolo. Ed è significativo che questo avvenga nel momento in cui alla guida di quel partito siede chi proviene da un'esperienza politica in seno alla quale molti esorcizzavano il rischio di dover "morire socialisti".

Evidentemente ora il rischio da esorcizzare è quello di morire tout court: un rischio che la sinistra italiana ha corso ogni volta che si è tenuta lontana dal socialismo europeo, e che ha condizionato non poco il ruolo che essa ha giocato nell'ultimo ventennio, e la stessa vitalità del sistema politico in cui ha operato, e che ora non a caso è giunto al capolinea.

C'è però un altro rischio dal quale è bene che il congresso di Roma ci consenta di stare lontani: il collasso dell'Unione europea. Il sogno e' finito da almeno un lustro. Il continente naviga in balia degli euroscettici: nazioni scosse da movimenti populisti e della destra estrema, mancanza di un progetto che non sia quello egemonico della Germania, crisi economica durevole. Non è l'Europa pensata sul finire del secolo passato. Si è allargata l'Unione verso est ma sono stati dimenticati gli ingredienti naturali per renderla protagonista, pur vivendo le relazioni internazionali una fase di straordinari cambiamenti. Non abbiamo avuto né una politica estera e di difesa comuni, né regole di mercato che tracciassero una via originale e certa, magari con la politica alla testa.

La cornice aurea in cui la sinistra deve muoversi oscilla tra la redistribuzione della ricchezza, il coinvolgimento popolare più largo possibile nell'assunzione delle decisioni più rilevanti, l'affermazione di un "tavolato comune di diritti e di doveri pubblici" cui attingano tutti i cittadini tutti. Non esiste una terza fase dell'Unione se non si fissano questi cardini. L'Unione europea nasce per combattere lo spettro del nazismo appena sconfitto e il fantasma del comunismo che aleggia su mezzo continente; infine per unire democrazie giovani e risorse - ferro e acciaio - indispensabili per la ricostruzione postbellica. La seconda tappa è a Maastricht, quaranta anni più tardi: moneta unica, gli Stati orientali che si avvicinano, la fissazione di un portolano per interpretare il futuro alle porte. E' il terzo tempo che manca, ed è una colpa grave. Senza bisogno di scomodare le tante epoche costruite dall'Occidente e offerte all'intero pianeta sotto forma di scoperte tecnologiche e riferimenti culturali, da ieri l'Europa non incide più nelle grandi questioni che affascinano e scuotono il mondo.

Una buona ragione perché il congresso si faccia eretico e consegni a Martin Schulz un mandato a osare: prima per coinvolgere e appassionare i cittadini europei in una campagna elettorale difficile e a tutt'oggi considerata di secondaria importanza; e poi, se eletto, per svincolarsi da un abbraccio, quello di Berlino, poco in linea con l'idea di Europa che i socialisti hanno infisso nella Carta di Lipsia. A cominciare dagli eurobond, da politiche economiche e finanziarie che non siano partigiane, e dall'armonizzazione delle politiche fiscali. Sono i mercati che vanno tenuti a freno, e va combattuta l'austerità a senso unico: questo deve fare il Pse.

Vi è un secondo nodo da sciogliere. Masse di migranti ci guardano con speranza. Sono un dovere irrinunciabile l'integrazione dei profughi che fuggono dalle guerre e dalla carestia e l'apertura delle nostre frontiere a chi intende studiare nelle nostre università e cercare un'occupazione. Non può esserci né una limitazione nel godimento dei diritti fondamentali né accondiscendenza verso forme di multiculturalismo lesive dei medesimi diritti. Le tradizioni e i costumi che confliggono con le fondamenta della civiltà vanno combattuti con fermezza. L'Europa deve impegnarsi nel Mediterraneo sostenendo quei movimenti che difendono l'avanzata dei valori di libertà e di democrazia. E' la strada maestra e va percorsa con decisione.

Infine, la nuova Europa va ribattezzata. Urge una legittimazione nuova delle istituzioni comunitarie. La scelta da parte del Parlamento del Presidente della Commissione Europea è un buon inizio. Un buon inizio, appunto. Ma in un'Europa che va dall'Atlantico ai confini con le steppe il tema della sovranità va ridiscusso, e vanno allargate le maglie della partecipazione democratica alle scelte più significative. Le procedure decisionali fissate nel Novecento sono superate. C'è bisogno di più unità politica, di maggiore incisività, di una efficienza più marcata. Un'opinione conclusiva. La presenza di forti partiti "estremi" in molti paesi - a partire da Francia, Italia e Grecia – incide profondamente nei sistemi politici nazionali. Il Pse deve sentire come un'urgenza il tema delle alleanze. Continuo a pensare che il mondo liberaldemocratico possa condividere con noi il cammino per governare le emergenze e per costruire dimensioni statuali più vicine al cuore dei cittadini.

*) Segretario nazionale del PSI, viceministro Infrastrutture e Trasporti