mercoledì 25 maggio 2011

Laicità - Scuola pubblica e diritti delle minoranze.

Un Convegno della "31 Ottobre". Pantaleo: Promuovere una laici-tà di addizione con l'insegnamento aconfessionale delle religioni
 
(Roma - NEV, 18 maggio 2011) - "Scuola pubblica: quale identità e cittadinanza delle minoranze?"- questo il titolo del Convegno nazionale promosso dall'Associazione "31 Ottobre - per una scuola laica e plura-lista, promossa dagli evangelici italiani", tenutosi a Firenze il 14 mag-gio presso l'Istituto Gould. Dopo l'introduzione del vice-presidente dell'Associazione Luciano Zappella che ha illustrato le tre parole chia-ve del titolo e auspicato che la scuola pubblica diventi "uno spazio de-putato alla costruzione di una nuova società", è stata la volta degli in-terventi di Paolo Naso, docente di scienza politica presso l'Università La Sapienza di Roma; Marco Bontempi, docente di sociologia dell'Uni-versità di Firenze; e Francesco Sciotto, pastore della chiesa valdese di Palermo e direttore del Centro "La Noce".
    Naso ha ripercorso le tappe di avvicinamento al progetto di legge teso ad istituire un insegnamento curriculare di "Introduzione alle reli-gioni" (cui primo firmatario è l'on. Giovanna Melandri), mentre Bon-tempi ha rivisitato il concetto di straniero nella situazione del gruppo-classe all'interno di un intreccio tra minoranze, didattica e integrazione. Il pastore Sciotto ha illustrato l'attività della scuola primaria gestita dal Centro diaconale valdese "La Noce" di Palermo, dove i ragazzi del quarto e quinto anno seguono un percorso didattico multiplo sulle reli-gioni, fondato sulla narrazione e ispirato a un approccio maieutico. Al dibattito, che ha toccato tutti i temi della laicità della scuola, sono inter-venuti tra gli altri il l'on. Giovanni Bachelet e Corrado Mauceri di "Scuola della Repubblica".
    Indubbia l'attualità del tema posto all'attenzione e che si evince da alcuni dati: il 7,5 degli studenti che frequentano una scuola pubblica italiana sono figli di immigrati; la percentuale arriva all'11,9% nel Nord Est e all'11,6% nel Nord Ovest. "Discutere della questione dell'integrazione di questi studenti, significa affrontare il nodo del pre-sente e del futuro della scuola italiana, tanto più quando si consideri il bassissimo tasso di crescita della popolazione italiana che resta inchio-dato ad un modestissimo 0,2%, tra i più bassi al mondo", ha affermato Naso.
    "Il convegno ha sottolineato l'importanza da un lato di dare vita a una 'laicità di addizione' che si contrappone a un laicismo restrittivo e inibi-torio, dall'altro di proseguire sulla strada della richiesta avanzata a più riprese dalla '31 Ottobre' di un insegnamento aconfessionale delle reli-gioni su cui molti oggi convengono", ha spiegato all'Agenzia stampa NEV il presidente dell'Associazione Nicola Pantaleo, aggiungendo: "una battaglia di libertà che restituisca la pienezza del diritto di cittadi-nanza a minoranze non più concepite come ingombro per il paese, ma come ricchezza da mettere a frutto anche nella scuola, come dimostrano alcune esperienze concrete di integrazione". (gc)

mercoledì 18 maggio 2011

Habemus Papam, Fascismo estetico

Habemus Papam
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Nanni Moretti e Michel Piccoli sulle orme attualizzate del Celestino V siloniano
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di Peter Ciaccio
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In un tempo in cui pullulano gli atei devoti, molti avranno temuto il peggio appena sentito su cosa stava lavorando Nanni Moretti. Niente paura: Moretti è sempre un intellettuale anticonformista e indipendente, ma continua a migliorarsi, girando film sempre più fruibili e universali. Dopo il lutto privato de "La stanza del figlio" e l'afasia nell'Italia ridotta a macerie dal potere pubblico ne "Il caimano", il regista romano ci offre un film sul rapporto tra pubblico e privato, tra potere e vocazione. A scanso di equivoci, il Vaticano e il papa non sono il punto del film. Antico rituale, antichi costumi, antica carica: il Vaticano è l'archetipo del potere e il papa è il monarca più potente d'Occidente: lo scenario è dunque perfetto per la riflessione morettiana.
La trama è semplice quanto complesse sono le conseguenze. Morto un papa se ne fa un altro, dice un vecchio adagio romano, per indicare la continuità e l'inesorabilità del potere. E se non fosse così? Se fosse difficile farne un altro? Il papa appena eletto dal conclave ha una crisi un attimo prima che il suo nome venga annunciato al balcone. "Nuntio
vobis gaudium magnum" dice il cardinale protodiacono dal balcone della basilica di San Pietro. Ma l'annuncio è vuoto: il papa non c'è o, più propriamente, è al momento indisposto.
Per un protestante che guarda con curiosità distaccata le reazioni attorno alla morte e all'elezione di un papa, è difficile comprendere la drammaticità di un tale vuoto per il fedele cattolico. La morte di un papa è la morte di un padre e l'elezione di un papa ne è la risurrezione: c'è qualcosa di irriverentemente pasquale in tutto ciò.
L'inesorabile continuità del potere viene interrotta dai dubbi di un uomo, dell'uomo prescelto, dell'eletto. "Ma io, Signore, non sono che un vecchietto", potrebbe pensare il papa, parafrasando il profeta Geremia. D'altra parte,
"Non io, Signore, non io" è la preghiera dei cardinali in conclave: nessuno vuole il peso del papato (da questo anche si capisce che non è un film sul Vaticano!), ma tutti vogliono che se ne faccia carico qualcun altro e se l'eletto non vuole, non bisogna ascoltarne le ragioni, ma forzarlo, fare pressione morale sul rispetto della sua vocazione. Il papa non trova pastori tra i suoi elettori, ma solo amici molesti che comprendono talmente bene le motivazioni dietro il suo tentennamento da rimuoverle.
Il Conclave preso alla sprovvista decide di infrangere una delle regole più importanti, quella dell'Extra Omnes, e convoca in gran segreto il professor Brezzi, uno psicanalista interpretato da Nanni Moretti.
Del Deus ex machina che i cardinali cercavano rimane solo la machina, la struttura, solida e rigida, ma non c'è nessuna soluzione. Brezzi non riesce a risolvere i problemi, anche se è il migliore: "Sono il migliore e per questo mia moglie mi ha lasciato". Il migliore, l'eletto è dunque solo e abbandonato. Scopriamo che l'ex-moglie di Brezzi, anch'essa psicanalista, è fissata con il "deficit di accudimento": nessuna battuta è lanciata a caso nel cinema di Moretti. Il prigioniero Brezzi diventa infatti colui che accudisce i cardinali, si prende cura di lui, il custode dei suoi fratelli d'avventura.
"Habemus Papam" è un film raffinato, scritto bene e girato bene. Eccellente la prova degli attori tra cui segnaliamo gli ottimi Jerzy Stuhr (il portavoce) e Renato Scarpa (il favorito) e il monumentale Michel Piccoli (il papa). È un film con tutti i classici temi del cinema di Moretti, tra cui lo sport (i mondiali di pallavolo per cardinali), la famiglia, la golosità (le bombe alla crema di Borgo Pio). Più di tutti nel film c'è l'evoluzione del tema della politica, radicalmente declinata come chiamata al servizio del bene comune e consapevolezza della fragilità (del leader, di chi dovrebbe sostenerlo e, di conseguenza, dell'istituzione), una fragilità che è propria dell'umanità. - (Peter Ciaccio su VE)
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Habemus Papam
Italia, Francia 2011
Regia: Nanni Moretti

Fascismo estetico
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Ma come? Non avevo io letto Anders, Debord, Baudrillard, Bauman, Perniola? Non conoscevo già tutta questa vicenda a memoria?
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di Andrea Inglese
Lo shock di Videocracy e il "fascismo estetico"
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Il giovane operaio bresciano che è intollerante nei confronti del proprio lavoro, che si rifiuta ostinatamente a un destino di tornitore a vita, ha di fronte a sé un'unica via di salvezza che, tragicamente, è in realtà la sua maledizione. Egli vive da anni nella costruzione di un personaggio televisivo attraverso una dura disciplina fisica, che lo rende straordinariamente atletico e prestante. Ha ininterrottamente lavorato sulla propria immagine, ossia sul proprio corpo, sulla gestualità, sugli abiti. Ma per lui, probabilmente, non verrà alcuna salvezza. Ruoterà per sempre, come in un girone infernale, intorno alla ribalta televisiva, senza mai poter abbandonare il suo posto di spettatore ed accedervi. Per lui, il salto sociale non avverrà mai, anzi si cumuleranno, su un terreno nuovo e diverso da quello della fabbrica, delle umiliazioni
ulteriori. Passerà di casting in casting, calcherà gli studi televisivi, solo per mettersi tra le sagome indifferenziate di coloro che ridono e applaudono. Non diventerà, nonostante le ore quotidiane di palestra, la dieta, i sacrifici di tempo e denaro, famoso, e quindi neppure ricco, e quindi neppure attraente da un punto di vista sociale. Resterà un qualsiasi operaio non qualificato, di quelli guardati con sufficienza dalle compagnie femminili di paese.
Per le giovani e giovanissime donne, il fascismo estetico presenta un quadro, se possibile, più cinico e disperato. In un mondo del lavoro ancora sessista, la via della realizzazione professionale passa per la prostituzione spontanea. Si parla sui giornali della propensione del premier erotomane per le minorenni. Si parla con orrore di violenza sulle donne, di abusi e aggressioni sessuali. Nell'ultima sequenza di "Videocracy", un gruppone di giovanissime aspiranti veline è ripreso mentre ancheggia a suon di musica, nel modo che ognuna immagina il più sensuale e provocante possibile. Quanti di questi corpi sono volontariamente sacrificati ai molteplici intermediari dell'industria dell'immagine? Sotto l'occhio complice della famiglia, del gruppo di amici, della comunità di paese, che preferisce ignorare il prezzo imposto dal raggiungimento di una tanto agognata apparizione televisiva? Anche qui non sfugge la condizione tragica che impone al mondo femminile di raggiungere la propria salvezza sociale – l'autonomia professionale – attraverso la dura prova del baratto sessuale, poiché l'unica merce di scambio che una donna può offrire, in quel mercato gestito dall'uomo, è il corpo.

mercoledì 11 maggio 2011

Una Repubblica fondata sul paradosso

Riceviamo e volentieri pubblichiamo

Lavoro: il paradosso della situazione (politico-sindacale) italiana e i "contorsionismi"
di Pietro Ichino
di Renato Fioretti

E' (ormai) da tempo che, nel nostro Paese, le discussioni intorno alle questioni del lavoro hanno assunto un carattere paradossale

Tutti convergono sul problema della diffusa precarietà e sulla conseguente opera di vera e propria "ghettizzazione" cui finiscono per essere destinati milioni di lavoratori

Persino la Presidente di Confindustria ha, recentemente, "scoperto" che in Italia "C'è un problema di flessibilità in ingresso, forse eccessiva, con strumenti che vanno tarati." e - al fine di porvi rimedio, "a modo suo" - ha posto "un problema di flessibilità in uscita che, appunto, prima o poi va affrontato"!

Naturalmente, l'esito finale previsto dalla collega del Presidente del Consiglio in carica dovrebbe essere rappresentato dal bilanciare l'eccessiva flessibilità in entrata con una corrispondente dose di flessibilità "in uscita".
Si tratterebbe, in sostanza, della riproposizione di un antico tema: il superamento dell'art. 18 dello Statuto.Però, a ben vedere, la soluzione proposta dalla Marcegaglia non presenta nulla di eclatante o stravagante; rientra nell'assoluta normalità che la rappresentante della maggiore associazione degli imprenditori italiani continui la consueta "litania" di accuse e improperi all'indirizzo dell'art. 18.
Responsabile - a suo parere - di un'infinita sequenza di "freni allo sviluppo": dal "nanismo" delle aziende al basso indice di produttività dei lavoratori, passando, inevitabilmente, attraverso la perversa "rigidità" di un mercato del lavoro fiero e insormontabile ostacolo verso il definitivo sviluppo dell'occupazione!Al riguardo, tuttavia - come già evidenziato in altra occasione - è solo il caso di rilevare che l'ultimo rapporto sull'occupazione in Europa rileva che tutti i paesi che precedono l'Italia nella speciale graduatoria relativa al "grado di rigidità normativa" che disciplina i rapporti di lavoro, presentano (ad eccezione del Belgio) tassi di occupazione superiori alla media dell'UE a 27.E' questo il caso di Svezia, Germania, Belgio, Francia Spagna e Portogallo.

Tra l'altro, la posizione "defilata" del nostro Paese - nell'ambito della suddetta classifica - dovrebbe (risolutivamente) smentire la strumentale indicazione della "giusta causa" quale essenza della fantomatica e specialissima "rigidità" della normativa italiana.La stessa posizione di quanti - nell'ambito della maggioranza di governo - continuano a difendere strenuamente tutti i provvedimenti di legge adottati dai governi Berlusconi - a partire dal famoso "Libro bianco" del lontano 2001 - non rappresenta, a mio parere, alcuna sorpresa, né infrange alcuna illusione in merito alle reali intenzioni dell'ex ministro del lavoro Maroni e del suo degno successore.

E' sin troppo evidente che, per costoro, si tratterebbe di rendere "compiutamente operativa" - come amano sostenere - la legge 30/03; adottando, in particolare, semplici provvedimenti di sostegno al reddito (i c.d. "ammortizzatori sociali") di tipo più generalista. In definitiva, per i fautori di questo tipo di soluzione - di là da qualsiasi retorica circa la (cattiva) sorte di milioni di lavoratori "di serie B" - è importante che nulla alteri l'attuale "status quo".Resta, al riguardo, solo da registrare il profondo rammarico per un'opzione che, nei fatti, realizza un'inconsueta "comunione d'intenti" tra l'Esecutivo in carica e Cisl e Uil!

A ben vedere, è proprio questo il primo aspetto "stravagante" della questione lavoro nel nostro Paese.Infatti, la cronaca degli ultimi anni, a partire dall'insediamento del Berlusconi II, è stata caratterizzata dal susseguirsi di una serie di accordi sindacali "separati" - da quello sulla (contro)riforma del rapporto di lavoro a tempo determinato (D. Lgs. 368/2001) a quello sulla "Contrattazione di secondo livello", fino alla recentissima firma "disgiunta" sull'ipotesi di Ccnl del settore Terziario - che hanno fatto da contraltare a una profonda e sistematica divergenza di posizioni rispetto ai provvedimenti adottati dai governi di centrodestra.

Non è questa, però, l'occasione per affrontare un esame "di merito" della situazione realizzatasi tra le maggiori Confederazioni sindacali.In questa sede mi preme (solo) evidenziare che riesce davvero difficile non contestare adeguatamente, se non, addirittura (nei fatti) condividere - come troppo spesso hanno (recentemente) fatto Cisl e Uil - provvedimenti governativi che spaziano dall'abrogazione della legge 188/2007 (che cercava, per quanto possibile, di porre un argine all'abuso del ricorso alle c.d. dimissioni "in bianco") all'arbitrato "secondo equità"!Il tutto va, comunque, rinviato a più approfondite indagini e riflessioni.

Tornando all'aspetto più eclatante e, appunto, paradossale di come viene affrontata la questione "lavoro" nel nostro Paese, è - piuttosto - opportuno evidenziare la/e posizione/i assunta/e dal più grande partito di opposizione.In questo senso, il Pd - nel mentre afferma di considerare il lavoro un "tema" centrale della propria azione politica, lasciando intendere di volersi ergere a sostenitore delle rivendicazioni di una rilevante parte di quei soggetti la cui esistenza è scandita da una qualsiasi attività prestata in cambio di una sostanziale "dipendenza economica" - dimostra di non essere in grado di sapere, o (forse) potere, andare oltre il semplice "effetto placebo" e si esercita, quindi, in precari e incomprensibili giochi di equilibrismo.

E' questa la prima sensazione che scaturisce dalla presa d'atto che, nel Partito democratico, se l'Assemblea nazionale approva - a maggioranza molto ristretta - una precisa linea d'indirizzo, rispetto alle modalità attraverso le quali tentare di risolvere il problema della dilagante "precarietà" di tanta parte dei lavoratori italiani, contemporaneamente, Pietro Ichino - a nome dei senatori - è artefice di tutt'altra ipotesi.Anticipo che non è mia intenzione entrare nel merito della (prima) proposta "ufficiale" del Pd.

Mi limito a evidenziare che reputo la soluzione ideata: cioè l'aumento del costo del lavoro "atipico" - per renderne meno "appetibile" il massiccio e reiterato ricorso - frutto di un malcelato sentimento di sostanziale acquiescenza allo "status quo" realizzatosi nel mercato del lavoro italiano. Espressione dell'unica sintesi possibile in un partito "bicefalo" che, a mio avviso, soffre di un male incurabile: l'assoluta incapacità di assumere una posizione univoca; soprattutto se in linea con i trascorsi di ex e lontana "sinistra" di una parte dei suoi dirigenti più noti!Reputo più interessante, invece, rilevare qualche "segno particolare" della seconda proposta dello stesso Pd. Allo scopo, chiarisco, innanzi tutto, i due motivi per i quali considero "ufficiale" - e degna di dignità almeno pari alla prima - anche l'ipotesi cara a Pietro Ichino. Il primo è rappresentato dal fatto che la soluzione adottata in sede di Assemblea nazionale è stata - come già anticipato - approvata con appena tre/quattro voti di scarto (una cinquantina quelli favorevoli e circa altrettante astensioni).Il secondo, determinante ai fini dell'esito del precedente, è dettato dalla circostanza che al Senato - a nome e per conto del Pd - Pietro Ichino aveva già presentato, insieme con una cinquantina di altri suoi colleghi, un ddl che, sostanzialmente, parte dalle stesse premesse, si pone lo stesso obiettivo, ma prevede l'adozione di un provvedimento di tutt'altra natura: il suo "tutti a tempo indeterminato ma nessuno inamovibile".

Un eufemismo attraverso il quale il più (implicitamente) "aziendalista" presente tra le fila del Partito democratico, insiste - in estrema sintesi - nel perseguire lo stesso obiettivo al quale tende la presidente di Confindustria; il definitivo superamento dell'art. 18 dello statuto!Tra l'altro, a mio parere, quella di Ichino è (ormai) divenuta una vera e propria ossessione: fino al punto di riproporla in "tutte le salse" quale panacea del mercato del lavoro italiano. L'ultima occasione, solo in ordine di tempo, è stata rappresentata da una recente sentenza attraverso la quale il Tribunale di Genova ha accolto il ricorso e riconosciuto a 15 insegnanti "precari" - con tre anni di servizio su posti vacanti - un maxi risarcimento danni pari a circa 30 mila Euro per la mancata stabilizzazione.Al riguardo, considero semplicemente disarmante la versione che Ichino offre delle motivazioni (non ancora ufficializzate) della sentenza.

Innanzi tutto, non condivido l'affermazione secondo la quale i circa 150 mila "precari" della scuola - potenziali beneficiari dello stesso trattamento riconosciuto ai 15 ricorrenti - rappresentino l'effetto della "flessibilità" di cui ha oggi bisogno il sistema scolastico.Nulla di più falso. Si tratta di una sostanziale distorsione della realtà!I 150 mila si trovano nella non invidiabile condizione di "precari pluriennali" non in conseguenza di una sana - legittima, motivata e comprensibile - esigenza di "flessibilità" del sistema scolastico, ma semplicemente perché la legge 124/99 - che ne consente l'utilizzo - non prevede l'obbligo, da parte del Ministero dell'Istruzione, di applicare i limiti che devono essere rispettati, nel settore privato, dal datore di lavoro che utilizza un lavoratore a tempo determinato (la causale, il carattere temporaneo e non stabile dell'esigenza e le limitazioni rispetto ai periodi di durata massima del rapporto).Non a caso, il giudice, in applicazione della direttiva sul lavoro a termine (1999/70/Ce), si è assunto - attraverso la sentenza - la responsabilità di disapplicare la vigente normativa (la suddetta 124/99) che, in sostanza, permette alla P. A. di operare "in deroga", consentendo il reiterato ricorso a rapporti di lavoro a tempo determinato anche per sopperire a esigenze di carattere ordinario.

Quindi - di fronte alla situazione che ha determinato il provvedimento del Tribunale di Genova - piuttosto che auspicare (sempre e comunque) la "soluzione Ichino" che, personalmente, valuto alla stregua di una sottospecie del contratto di lavoro a termine - con le (due) aggravanti dell'indeterminatezza della data di scadenza e del superamento delle garanzie offerte dalla "giusta causa" - riterrei più serio e corretto che ci si ponesse il problema di evitare, nel pubblico come nel privato, l'ingiustificata reiterazione dei rapporti di lavoro a tempo determinato.Anche il (mio) secondo motivo di critica è dettato da una questione d'informazione poco corretta.Infatti, il senatore Ichino, nel corso di un articolo pubblicato dal Corriere della Sera, il 31 marzo 2011, afferma che - in virtù dell'applicazione della direttiva 1999/70 - "lo stesso identico problema è destinato a riproporsi anche nel settore privato".Di qui, l'inderogabile esigenza di ricorrere - sempre e comunque - all'ipotesi prevista dal suo ddl. 1481/09.

In effetti, l'esercizio di una più corretta informazione, avrebbe dovuto sconsigliare al Prof. Ichino di sostenere - in termini quasi profetici, come se dovuti a un'improvvisa "visione" o, piuttosto, nel senso di una catastrofe annunciata - che il problema è "destinato a riproporsi" anche nel settore privato. In realtà, nel settore privato, il problema si pone già da molti anni a questa parte: a partire dalla controriforma operata - anche con il suo assenso, oltre a quello di Cisl e Uil - attraverso il D. Lgs. 368/2001!Da quando, cioè, il sostanziale superamento delle c.d. "causali oggettive", per il ricorso ai rapporti di lavoro a tempo determinato, ha prodotto il proliferare e l'ingiustificata reiterazione di tale tipologia contrattuale.D'altra parte, come già rilevato, la sentenza 520/2011, nasce sulla scorta dell'applicazione al pubblico di norme già previste - anche se (spesso) eluse o evase - per il settore privato; fatta salva la trasformazione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato.


Riceviamo e volentieri pubblichiamo
LA CLANDESTINITA'? E' ANCORA REATO
(fb – red ADL) - Per ragioni misteriose tutti i mezzi di informazione (?) di massa, senza distinzione di orientamento politico, hanno presentato la sentenza della Corte di Giustizia della UE come invalidante il reato di clandestinità.
A sinistra si poteva gridare con soddisfazione: "ve l'avevamo detto!" e a destra utilizzare la sentenza per diffondere insicurezza e allarme e per alimentare una nuova polemica sull'Unione Europea.
Ebbene, il reato di clandestinità, di natura contravvenzionale, cioè punibile con una sola ammenda, è stato introdotto con l'art.1 c. 16 della legge n. 94/2009 (PACCHETTO SICUREZZA), mentre la Corte di Giustizia della UE si è occupata delle norme della legge n. 189/2002 (Bossi-Fini) di modifica degli art. 13 e 14 del Dlgs n. 286/1998 (Turco-Napolitano) con l'introduzione di una pena detentiva da 1 a 4 anni per violazione dell'obbligo di espatrio in seguito a decreto di espulsione.
Il motivo è la violazione della Direttiva rimpatri, che lo Stato italiano doveva recepire entro il 24 dicembre 2010. E' giurisprudenza consolidata che, decorso il termine assegnato agli Stati per il recepimento , le norme chiare ed inequivoche della direttiva si applichino direttamente.
La Direttiva non è stata recepita perché regolarizzava tutti i lavoratori clandestini in nero, che avessero denunciato i datori di lavoro. I rimpatri devono assegnare termini ragionevoli per il rimpatrio volontario e non si può limitare la libertà personale per più di 18 mesi. Con la normativa dichiarata illegittima il termine per dar corso al decreto di espulsione era di 5 giorni mentre per la direttiva doveva essere da 7 a 30 giorni. Quando vi è contrasto con la normativa europea la norma nazionale deve essere disapplicata e pertanto da dicembre 2010 praticamente nessuno era condannato per violazione del decreto di espulsione.
IL REATO DI IMMIGRAZIONE CLANDESTINA QUINDI E' TUTTORA VIGENTE, ANCHE SE AD ESSO VANNO APPLICATI I PRINCIPI ENUNCIATI NELLA SENTENZA PER TUTTI QUEI CLANDESTINI CHE FACCIANO DICHIARAZIONE DI EMERSIONE E CHIEDANO LA REGOLARIZZAZIONE SE LAVORANO O HANNO LAVORATO IN NERO.
Comitato per l'Autoemersione dei Lavoratori clandestini

Il commento - Titanomachia

Dopo dieci anni di dure battaglie dall'esito incerto Gea (Hillary Clinton) suggerisce a Zeus (Barack Obama) di scatenare i Ciclopi e i Giganti (rozzi agenti USA) contro i terribili Titani (terroristi di Al Quaeda) al soldo di Krono (Osama bin Laden), che muore folgorato dai fulmini dell'Olimpo (la Casa Bianca).
Game over.
Questo il plot se Esiodo vivesse nella Hollywood dei giorni nostri e campasse scrivendo soggetti a sfondo mitologico. Perché Esiodo? Perché fu George W. Bush in persona, dopo l'11 settembre, a evocare la "guerra dei titani" che costituisce un nucleo centrale della Teogonia esiodea.
Ma una "guerra dei titani" , Esiodo alla mano, dura dieci anni, undici al massimo, a seconda degli esegeti.
Dunque, anche il conflitto iniziato nel 2001 sarebbe in procinto di finire.
Questa Titanomachia ebbe inizio con lo sterminio di tremila civili ignari e inermi, presi scientemente a bersaglio nell'attacco alle Twin Towers, atto criminale di guerra di cui Osama bin Laden assunse la responsabilità su di sé minacciando ulteriori stragi, alcune delle quali andarono sanguinosamente a segno – da Madrid a Londra, da Baghdad a Kabul.
Questa Titanomachia s'intendeva per Al Quaeda come una "guerra santa", nella quale i combattenti dell'esercito del terrore, ed eventualmente dei kamikaze, rivendicavano il diritto di ammazzare a tradimento donne, vecchi e bambini – salvo gridare ora vendetta, allorché Osama bin Laden è stato eliminato manu militari.
Niente di nuovo sotto il sole. Anche i fascisti nostrani considerano un evento sacrllego che il duce sia stato fucilato su ordine del CLN, in conformità con il diritto di guerra e anche a prescindere dall'assassinio di Matteotti e da tutto il resto. Altra cosa, beninteso, fu l'esposizione – indegna e vergognosa – dei cadaveri a Piazzale Loreto.
Nel caso di Osama bin Laden, lo sfregio del corpo morto del nemico è stato evitato grazie alla secretazione delle foto disposta dal presidente Obama, con gran delusione dei mass media e dei voyeur più assatanati.
Tutto bene, dunque? Non esattamente. Perché, a quanto pare, il rifugio pachistano di Osama è stato rintracciato dagli alleati grazie a informazioni estorte con il waterboarding, cioè per mezzo di una tecnica di tortura.
La Dichiarazione universale dei diritti umani su questo punto è molto netta: "Nessuno potrà essere sottoposto a tortura ovvero a punizioni e trattamenti crudeli, inumani o degradanti" (art. 5).
Questo significa che nemmeno in guerra uno Stato può sentirsi legittimato a fare dei prigionieri per poi sottoporli a sevizie.
Il presidente Obama aveva promesso di chiudere Guantanamo. Manterrà la parola? La tortura è inammissibile. (ae)

lunedì 9 maggio 2011

La settimana a Fahrenheit

Speciale Fahrenheit al Salone Internazionale del Libro di Torino

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Gli incontri, i dibattiti, gli scrittori, le poesie, le voci del Salone del Libro di Torino. Anche quest'anno Fahrenheit le racconterà con quattro puntate speciali, condotte in diretta da Marino Sinibaldi, da giovedì 12 a domenica 15 maggio. E per chi volesse seguirle dal vivo, vi aspettiamo allo Spazio-Rai del Padiglione3 dalle 15.00 alle 18.00.

Aspettando il Salone, la settimana di Fahrenheit comincia con:

Lunedì 9 maggio: Giuseppe Caliceti, Una scuola da rifare, (Feltrinelli), in forma di lettera ai genitori, l'autore, scrittore, studioso e insegnante cerca di rispondere agli interrogativi sul futuro della scuola analizzandone lo stato di salute. Ci occuperemo poi di Europa e del Festival d'Europa, in corso a Firenze. Nello spazio del Libro del giorno: Marco Mancassola, Non saremo confusi per sempre, (Einaudi).

Martedì 10 maggio, apriremo il pomeriggio discutendo con Massimo Onofri dell'Epopea infranta. Retorica e antiretorica per Garibaldi, (Medusa) e nello spazio del Libro del giorno, ospiteremo Vittorio Giacopini, L'arte dell'inganno, (Fandango).

Mercoledì 11 maggio: Federico Tonioni in Quando internet diventa una droga (Einaudi) svela e analizza tutte le patologie legate, soprattutto per gli adolescenti, all'utilizzo di internet. Il libro del giorno sarà: Pavel Sanaev, Seppellitemi dietro il battiscopa, (Nottetempo).

Dal nostro sito<http://www.radio.rai.it/radio3/fahrenheit/> potete riascoltare tutte le nostre puntate, gli speciali trasmessi dai Festival, le interviste agli scrittori e agli illustratori, le poesie.
Vi ricordiamo che potete partecipare a Fahrenheit scrivendoci mail<mailto:fahre@rai.it> per commentare con noi i temi e i libri e per partecipare alla Caccia al Libro <http://www.radio.rai.it/radio3/fahrenheit/caccia.cfm> e per votare per il Libro del mese<http://www.radio.rai.it/radio3/fahrenheit/mostra_evento.cfm?Q_EV_ID=324629>.