martedì 27 giugno 2017

FONDAZIONE NENNI - Ciao, Giuseppe

FONDAZIONE NENNI - Ciao, Giuseppe

http://fondazionenenni.wordpress.com/

Ieri si è spento Giuseppe Tamburrano per trent’anni Presidente della Fondazione Pietro Nenni. Con lui se ne va un pezzo di noi e della storia del socialismo italiano. Il Presidente Benvenuto, la famiglia Nenni, Antonio Tedesco e la Fondazione Nenni tutta, da lui fondata e così tanto amata, si stringono in un commosso abbraccio alla moglie Gianna e alla figlia Valeria. Lo ricorderemo sempre, Giuseppe, perché vive nei nostri cuori.

Non amo scrivere in prima persona ma per una volta vorrei concedermi questa licenza. Per me Giuseppe Tamburrano è sempre stato il Profes­sore. Sin dai tempi in cui lavoravo in un giornale di provincia di ispi­ra­zione socialista e lo chiamavo per chiedergli di fornirmi le chiavi inter­pretative su quel che stava accadendo a livello politico. Roba di diversi decenni fa. Lui era sempre calmo, sereno, inanellava le parole con attenzione, certo non con la velocità con la quale vengono sciorinate sui social. Quell'attenzione nasceva dalla sua profonda preparazione. Le sue chiavi interpretative erano sempre ricche perché elaborate da una mente che alla frequentazione delle biblioteche aggiungeva il confronto con la realtà; vivificava il suo sapere nel fuoco della politica, cercando verifiche, alimentando anche dubbi, per sé e per gli altri.

Giuseppe Tamburrano ci ha lasciato. Accanto a Nenni (ma non solo accanto a Nenni) ha fatto politica e ha partecipato all'esperienza mi­glio­re della sinistra di governo che questo Paese abbia avuto nei set­tant'anni che hanno fatto seguito alla fine della seconda guerra mon­dia­le. Ha fatto la storia ma l'ha anche scritta tenendo separate le passioni del militante dal rigore del ricercatore. In quegli anni turbolenti, segna­ti dal terrorismo, lui, telefonicamente, era per me una guida affidabile nella comprensione delle vicende che caratterizzavano il Partito Socia­lista. Mai avrei pensato nella mia vita di ritrovarmi accanto a lui nella Fondazione che lui ha creato e intitolato all'uomo che prima ha ac­compagnato nell'esperienza di governo e poi raccontato nei suoi scritti.

L'ultima volta a casa sua mi indicò dietro la scrivania la poltrona che fu di Nenni invitandomi a sedermi. Declinai l'invito: temevo di commettere un reato di vanità. Mi raccontò di questa sua inestinguibile passione, nata per vie familiari, dell'ingiusta fine di un'idea straordinariamente nobile e altrettanto straordinariamente offesa dalla mediocrità degli uomini. Forse parlavamo più facilmente perché eravamo accomunati dalle origini, venendo tutti e due da quella lingua di terra che si proietta verso Oriente. Ma la coerenza metteva il Professore al riparo da quell'accusa di levantinismo che spesso viene rivolta ai pugliesi. Ci mancherà. Ancor di più mancherà a Gianna, sua straordinaria compagna di vita: a lei va tutta la nostra amicizia e la nostra solidarietà. Al Professore il nostro grazie. (a.m.)

I funerali di Giuseppe Tamburrano si terranno a Roma venerdì 23 giugno alle ore 11 presso la chiesa Santa Francesca Romana, Piazza dei Navigatori.

Lutto - Giuseppe Tamburrano (1929-2017)

La Federazione Socialista Italiana in Svizzera e L'Avvenire dei lavoratori, che con Giuseppe Tamburrano hanno coltivato uno speciale rapporto di collaborazione nel comune impegno per la salvaguardia della cultura politica socialista italiana e del Centro Estero di ascendenza siloniana, esprimono a Gianna Granati, a tutti i familiari di Tamburrano e alla Fondazione Pietro Nenni un sentimento di vero, profondo e fraterno cordoglio a nome di tutti i socialisti italiani in emigrazione.

Federazione Socialista Italiana in Svizzera

L'Avvenire dei lavoratori

Andrea Rocchelli - Vita e morte di un fotoreporter

È IN PREPARAZIONE A ZURIGO UNA MOSTRA SU ANDREA ROCCHELLI CURATA DAL FOTOGRAFO MIKLOS KLAUS ROSZA

La trasmissione LASER della radio svizzera RSI ha dedicato ad Andrea Rocchelli un servizio (andato in onda lunedì 22 maggio 2017) e fruibile in podcast.

VAI AL SITO >>> ascolta la trasmissione

Morire per la libertà di stampa, per documentare con precisione e attenzione un evento drammatico e poco raccontato come la guerra del Donbass. Il fotoreporter italiano Andrea Rocchelli è stato ucciso insieme al giornalista russo Andrej Mironov durante la realizzazione di un reportage sulla guerra Ucraina il 24 maggio 2014.

La vicenda ha avuto una scarsa eco mediatica in quanto inizialmente la morte di Andrea e di Andrej era stata catalogata come incidente. Che non si fosse trattato di un incidente, ma di un attacco mirato a loro come giornalisti inermi, si è chiarito nel corso del tempo, a riflettori spenti.

Le autorità Ucraine, nonostante le assicurazioni di serie indagini e nonostante l'avvio di una rogatoria internazionale da parte della giustizia e del governo italiani, hanno eluso ogni quesito e non hanno finora fornito alcuna ricostruzione plausibile dell'accaduto, né hanno individuato responsabilità. In Italia il caso è ancora aperto.

Andrea era un giornalista attento e profondo e lo dimostrano non solo le sue foto, ma anche queste interviste, realizzate a Slovianks poco prima della sua morte e recuperate tra gli effetti personali del fotografo restituiti alla famiglia. Sono voci, queste, di civili stremati nascosti nei bunker, di bambini che associano ormai il suono dell'elicottero al “bum bum” del bombardamento.

Nel settembre 2014 a Bellinzona Monte Carasso è stata realizzata la prima mostra personale retrospettiva delle foto di Andrea Rocchelli, curata da Gianluigi Grossi (catalogo Evidence, 2014). L'Ambasciata Svizzera a Roma ha supportato, nell'ottobre 2015, un'altra mostra di Andrea dal titolo Stories svoltasi al “Museo di Roma in Trastevere”.

L'Assemblea parlamentare dell'OCSE a Vienna, nel febbraio del 2015, ha ricordato la morte di Andrea Rocchelli e di Laurent Etienne, entrambi uccisi in Ucraina nel 2014 come casi paradigmatici di violazioni dei diritti umani e di sacrificio per i valori della solidarietà, del soccorso e dell'informazione.

martedì 13 giugno 2017

Lampugnani, un maestro a Vigevano

“Piazza Ducale a Vigevano” mi ha risposto Vittorio Magnago Lampugnani. Gli avevo chiesto: "Tra le splendide piazze che

ci ha appena illustrato, in quale vorrebbe vivere?"

di Marco Morosini

Eravamo all'aperitivo in suo onore, con Rettora e Presidente del Politecnico di Zurigo, docenti, studenti e invitati, appena dopo la sua lezione di commiato nell'aula magna, piena fino all'ultimo posto. La lista dei suoi libri fa a gara per lunghezza con la lista dei premi ricevuti, e con quella delle città dove ha studiato o insegnato. L'architetto e storico dell'urbanismo è stato fino a quest'anno uno dei più amati e prestigiosi docenti del Politecnico.

    "Tra le splendide piazze che ci ha appena illustrato, in quale vorrebbe vivere?", gli ho chiesto. Ora rifletteva e esitava a rispondermi, sorridendo gentile, nella sua “leggendaria ma ingannevole modestia”, come era stato detto nella laudatio.

    "Einfach so, aus dem Bauch" (così, spontaneamente “dalla pancia”) ho aggiunto allora. “Piazza Ducale a Vigevano” ha risposto, senza più esitare.

    E ho subito pensato a come rimasi in meraviglia più che in qualunque altra piazza, quando mi affacciai su Piazza Ducale, sconosciuta a molti. E mi son ricordato di quando alla televisione italiana, in bianco e nero, senza le réclame, c'erano ancora le pause tra i programmi, ed erano riempite da lunghe sequenze delle più belle piazze italiane, accompagnate da un suono soave di clavicembalo.

    Ora in quella piazza, in quella Agorà della cultura comune che è oggi la televisione, invece delle più belle immagini delle piazze italiane, rimbomba­no le più brutte immagini e i più stupidi slogan che propagandano detergenti per il gabinetto, automobili, carta igienica, telefonini, lotterie, biscotti per cani, biscotti per bambini. Sì, proprio per quei bambini, che passano più tem­po davanti alla televisione che non a scuola. Crescendo ora nella piazza te­le­visiva, invece che in quella del paese, impareranno forse tanto sulla ar­chitettura dei mulini bianchi. Ma forse niente su quella delle più belle piazze italiane.

    Nella lezione di commiato Magnago Lampugnani ci ha aveva mostrato decine di magnifiche piazze, cominciando dalla Agorà ateniese. Il messaggio della lezione – e forse di buona parte della sua opera: proprio le piazze sono uno dei migliori specchi di una civiltà.

Vai al servizio su Lampugnani nel sito del Politecnico di Zurigo