martedì 28 ottobre 2014

Lettera aperta al Sinodo

Lettera aperta al Sinodo

di Gianni Geraci - Portavoce del Gruppo Il Guado, Cristiani Omosessuali

Non so con quale presunzione ho deciso di scrivere a un Sinodo. Non lo so proprio, perché davvero quello che sto facendo mi sembra un gesto un po' inutile e un po' megalomane di cui, un po', mi vergogno. Sento però il dovere di farlo anche perché, prima di iniziare, ho pregato molto lo Spirito Santo di liberarmi da quell'orgoglio che riesce a rovinare anche le nostre azioni migliori.

Tra l'altro non so nemmeno come ci si rivolge ai padri sinodali e mi rendo conto di correre il rischio concreto di farmi compatire. Ma è stato proprio questo rischio che mi ha spinto a scrivere lo stesso: non si era fatto per caso compatire lo stesso re Davide quando si è messo a ballare nudo davanti all'Arca? E lui non era un poveretto come me, lui era il re, e aveva molto da perdere. Io sono uno che, al massimo, rischia di suscitare qualche sorriso ironico da parte di chi, molto meglio di lui, è titolato a scrivere su certi argomenti.

Vi scrivo perché vorrei che ascoltaste la voce di una persona omosessuale che ha combattuto per tutta la sua vita per conservare la sua Fede cattolica e che, ancora adesso, nonostante le battutine sarcastiche e nonostante le accuse di ipocrisia e di tradimento della Fede, è ancora cattolico, è ancora innamorato di Gesù, è ancora profondamente grato alla Tradizione che mi ha permesso di incontrarlo e che mi permette di incontrarlo ancora.

Quando due domeniche fa ho sentito il papa che vi parlava di parresia (“Franchezza, libertà di parola”, ndr), ho pensato che sicuramente, tra di voi, ci sono degli omosessuali: chiariamoci subito, non ho nessuna informazione riservata, ma faccio riferimento a quanto si dice sull'incidenza dell'omosessualità nelle popolazioni umane, un'incidenza che conferma senz'altro questa mia intuizione.

E proprio pensando a quanti, fra voi, sono omosessuali, mi sono detto: «Come sarebbe bello se uno di questi padri, prendendo finalmente sul serio l'invito del papa alla chiarezza e al superamento di qualunque ipocrisia, trovasse il coraggio di raccontare con il cuore in mano il percorso che l'ha portato a vivere in pienezza la propria vocazione cristiana». Un percorso, diciamocelo chiaramente, che la Chiesa stessa invita a seguire, quando, nel Catechismo, osserva che le persone omosessuali: «sono chiamate a realizzare la volontà di Dio nella loro vita».

Con una testimonianza di questo tipo non ci sarebbero le discussioni e i distinguo che invece mi capita di leggere in merito a quanto il relatore generale del Sinodo ha detto quando ha parlato delle persone omosessuali, perché chiunque ha alle spalle un'esperienza seria di ascolto e di accoglienza di quanto dice il magistero della chiesa cattolica sull'omosessualità, non avrebbe niente da eccepire su quelle parole.

Quando ad esempio il relatore si è chiesto se le comunità cristiane sono in grado di accogliere le persone omosessuali senza compromettere la dottrina cattolica sul matrimonio e sulla famiglia non mi pare che abbia detto niente di nuovo rispetto alle parole con cui il Catechismo invita ad accogliere gli omosessuali «con rispetto, compassione e delicatezza» (cfr. CCC 2358).

Anche la frase con cui si osserva che la questione omosessuale interpella il Sinodo «in una seria riflessione su come elaborare cammini realistici di crescita affettiva e di maturità umana ed evangelica integrando la dimensione sessuale» mi pare riprendere quanto, in maniera senz'altro più poetica, ricorda lo stesso Catechismo: «Le persone omosessuali sono chiamate alla castità. Attraverso le virtù della padronanza di sé, educatrici della libertà interiore, mediante il sostegno, talvolta, di un'amicizia disinteressata, con la preghiera e la grazia sacramentale, possono e devono, gradatamente e risolutamente, avvicinarsi alla perfezione cristiana» (cfr. CCC 235).

Direi addirittura che il catechismo va più in là delle parole usate per riassumere il dibattito della prima settimana del Sinodo, perché parla in maniera esplicita di alcuni elementi essenziali di questi “cammini realistici”: alcuni collegati alla maturità affettiva (padronanza di sé, libertà interiore), altri collegati in maniera più specifica alla dimensione spirituale (preghiera e grazia sacramentale), altri ancora tesi a valorizzare quanto di buono ci può essere in una relazione di amicizia. Quest'ultimo punto è quello che il relatore generale del Sinodo ricorda quando riconosce ciò che è evidente a quanti conoscono da vicino delle persone omosessuali, ovvero che «vi sono casi in cui il mutuo sostegno fino al sacrificio costituisce un appoggio prezioso per la vita dei partners» in una coppia omosessuale. (…)

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domenica 26 ottobre 2014

L’Unità non può più restare in silenzio

Da l'Unità online
    
Testo dei lavoratori de l'Unità
 
L'Unità deve tornare in edicola al più presto. La sua assenza è una ferita per il pluralismo dell'informazione e per la stessa democrazia italiana. Chiediamo a chiunque abbia una responsabilità su questa storica testata di fare il possibile affinché la ferita sia sanata e decolli un nuovo progetto. Sappiamo che c'è spazio per un rilancio pure in un mercato editoriale così in crisi.
    Non possiamo accettare che l'Unità venga abbandonata nel novantesimo anno dalla sua fondazione, dopo essere stata nella clandestinità uno dei fogli più importanti della lotta antifascista, dopo essere diventato nel dopoguerra il primo autentico quotidiano nazionale, dopo aver accompagnato e sostenuto il cammino della sinistra italiana nella democrazia, dopo aver scritto pagine indimenticabili di giornalismo e di cultura.
    Dobbiamo fare il possibile, tutto il possibile, per dare un futuro alla storia de l'Unità. E' questo che chiedono i lettori del giornale, decine di associazioni della società civile, del mondo sindacale e politico, numerose fondazioni culturali, scrittori e artisti, che già si stanno organizzando, assieme alla redazione, per lanciare una iniziativa di azionariato diffuso, così da poter partecipare al nuovo progetto editoriale e sostenere chi si assumerà le principali responsabilità dell'impresa.
    L'Unità è un pezzo importante della storia di questo Paese, ma è anche un punto di incontro e di riferimento per chi, sfidando il vento dell'antipolitica e del populismo, crede nell'importanza dell'impegno costruttivo e delle battaglie sociali. Siamo entrati in un tempo radicalmente nuovo che, proprio per questo, ha bisogno di un pensiero critico e di un pluralismo vivo. Per rafforzare la libertà occorre guardare la realtà senza pregiudizi, denunciare e combattere le diseguaglianze vecchie e nuove, individuare e correggere le debolezze dei poteri democratici, cogliere e intensificare le connessioni tra persona e comunità, tra sviluppo economico e sostenibilità ambientale, tra diritti individuali e diritti sociali, tra pace nel Mediterraneo e nuovi equilibri in Europa.
    Non è progresso quando si riducono i punti di osservazione. Anzi, aumenta il rischio del pensiero unico. E' per questo, anche per questo, che l'Unità ha una lunga storia ancora tutta da scrivere. Nel momento in cui il centrosinistra si trova a guidare l'Italia con il proposito di farla uscire dalla crisi più lunga e profonda dal dopoguerra, la necessità di uno spazio libero e critico diventa ancora più importante e strategica, così come quella di una riflessione profonda e sincera sui nuovi lavori e i nuovi diritti dei lavoratori, le tutele da aggiornare e quelle da rafforzare.
    La sinistra ha bisogno di un giornale vivo, e talvolta scomodo, per evitare la tentazione di un riformismo dall'alto che la renderebbe debole e subalterna. Di un giornale vivo ha bisogno la società italiana, in tutte le sue articolazioni politiche, sociali, culturali, religiose. Di un giornale vivo ha bisogno la nostra cultura, che si confronta nella modernità ma che non può rinunciare alle differenze, alla creatività, al coraggio di sperimentare.
    Di una nuova stagione de l'Unità ha infine bisogno il pluralismo dell'informazione e il giornalismo, che non è solo un patrimonio professionale di chi lavora nel settore, ma lo strumento indispensabile per il corretto e pieno funzionamento della democrazia e un termometro, efficace e insostituibile, della coscienza civica del Paese.
   

martedì 21 ottobre 2014

Alla vigilia di una serie di scioperi e manifestazioni

Da vivalascuola riceviamo
e volentieri pubblichiamo

di Giorgio Morale
 
Segnalo una puntata di vivalascuola dedicata alla risposta della scuola alle proposte di Renzi, alla vigilia di una serie di scioperi e manifestazioni:
 
 
La "Buona Scuola" di Renzi prevede: blocco dei contratti dal 2007 al 2015 (e poi?), abolizione degli scatti d'anzianità, il 34% dei docenti con la prospettiva dello stesso stipendio a vita, abolizione delle supplenze brevi...
    Intanto il governo prepara con la spending rewiew: tagli di personale di segreteria, taglio di 5.000 lavoratori Ata, tagli per 900 milioni all'istruzione, di cui 400 milioni all'università...
    Inoltre progetta l'abolizione dei docenti di sostegno, vengono dimezzati i fondi per l'alternanza scuola-lavoro su cui pure tanto insistono le "linee guida" di Renzi…
    E dietro l'angolo c'è sempre la riduzione di un anno della scuola superiore...
    Si è ormai compreso che, con la "riforma" Renzi, la scuola, gli studenti e gli insegnanti staranno peggio sia dal punto di vista giuridico sia dal punto di vista economico…
    Stanti così le cose, come stupirsi se a questo tipo di scuola si dice no?Grazie dell'attenzione

Togliatti, Gramsci e… me

FONDAZIONE NENNI
 
Finalmente ho scoperto il retroscena della violenta campagna comunista del 1963 contro il mio libro Antonio Gramsci e l'ho scoperto nel volume La Guerra di posizione in Italia.
 
di Giuseppe Tamburrano
 
Ho scoperto il retroscena della violenta campagna comunista del 1963 contro il mio libro Antonio Gramsci e l'ho scoperto dal volume: "La Guerra di posizione in Italia" di Palmiro Togliatti (Einaudi 2014), che contiene l'epistolario del segretario del PCI negli anni 1944-1964, a cura di Gianluca Fiacco e Marialuisa Righi.
    Scrivono i curatori: «Il 20 agosto 1963 apparve sull'Unità una recensione di Mario Spinella alla biografia di Gramsci scritta da G. Tamburrano. Spinella, pur rilevando i limiti del volume, gli riconosceva il merito di aver affrontato una "non facile impresa", seguendo il giusto metodo di "non separare mai il pensiero di Gramsci dallo svolgimento della sua vita e soprattutto dalle esperienze che Gramsci andava via via compiendo come militante e dirigente operaio». La recensione suscitò l'immediata reazione di Togliatti che, da Cogne dove era in vacanza, scrisse a Luca Pavolini, caporedattore di "Rinascita", perché la rivista recensisse il libro in modo più consono:
    «Il libro del Tamburrano è cattivo e merita una recensione negativa vivace. La recensione dello Spinella è nettamente sbagliata: non vede che non si tratta di indicare errori e sbagli particolari ma di scoprire la chiave di questi errori. Essa sta nel fatto che il libro è scritto per dimostrare che il nostro Partito ha avuto torto. La verità e perfino l'informazione sono trascurate e sempre contraffatte, quando provengono da noi o spiegano ciò che abbiamo fatto in una luce ragionevole. Non esiste alcun criterio di giudizio storico: si giudica del 20′-21′ con il metro di oggi etc. etc.. Anche la figura di Gramsci oggi è male tratteggiata, convenzionale, non veritiera, collocando a contorno delle cose vere un mucchio di banalità letterarie, etc. Però la recensione del Massara non va. Comincia bene, ma poi non prosegue. Sembra la recensione di uno che non ha letto tutto. Farei fare una recensione completa e seria allo stesso Massara o a Franco Ferri (criticando Spinella)».
    Del mio libro si occuparono Massara e Rinascita. Il primo scrisse numerosi articoli sul quotidiano vicino al Pci "Paese Sera" prendendo di mira gli errori di stampa che erano tanti per la mia inesperienza di correttore di bozze e perché il libro uscì con una piccola e onorata casa editrice, avendo tutte le grandi case rifiutato il mio scritto. E fummo in due, io e l'editore, a non curare adeguatamente le bozze. La campagna di "Paese Sera" provocò la reazione di Norberto Bobbio che avvertì il direttore che non avrebbe più collaborato se fosse proseguita l'opera di lapidazione del mio Gramsci.
    Il libro ottenne allora una lunga e positiva recensione di Spinella, che come si legge nel testo della sua lettera, fece infuriare Togliatti.
    Ma non finisce qui. Rinascita obbedisce a Togliatti e scrive una recensione ridondante di errori e stupidaggini. Io invio una lettera di rettifica che non vede la luce la settimana successiva. Rinascita invece pubblica una lunga errata corrige nel goffo tentativo di raddrizzare la recensione (avrebbe potuto riassumere: il recensore era ubriaco). E poi con molta nonchalance nel numero successivo pubblica la mia lettera con il commento: "Vedi l'errata corrige pubblicata nel numero precedente".
    Al mio libro fu assegnato il premio Viareggio. Ma durante il viaggio per raggiungere la città telefonai a casa per chiedere notizie e mi fu detto che vi era stata una comunicazione che annunciava che il premio non sarebbe stato assegnato a me.
    Temo che peggio di me se la sia passata Spinella.
    Anni dopo – Togliatti era morto – uscì la seconda edizione delGramsci e il "Paese Sera" riconobbe di avere sbagliato. Anche Marcella Ferrara della redazione di Rinascita si scusò: "Ti abbiamo sulla coscienza!".
    Un piccolo episodio di vita democratica del PCI, dell'etica e della cultura del Migliore.
    Povero Gramsci!

giovedì 16 ottobre 2014

Lettera aperta al Sinodo

di Gianni Geraci

Portavoce del Gruppo Il Guado, Cristiani Omosessuali

Non so con quale presunzione ho deciso di scrivere a un Sinodo. Non lo so proprio, perché davvero quello che sto facendo mi sembra un gesto un po' inutile e un po' megalomane di cui, un po', mi vergogno. Sento però il dovere di farlo anche perché, prima di iniziare, ho pregato molto lo Spirito Santo di liberarmi da quell'orgoglio che riesce a rovinare anche le nostre azioni migliori.

Tra l'altro non so nemmeno come ci si rivolge ai padri sinodali e mi rendo conto di correre il rischio concreto di farmi compatire. Ma è stato proprio questo rischio che mi ha spinto a scrivere lo stesso: non si era fatto per caso compatire lo stesso re Davide quando si è messo a ballare nudo davanti all'Arca? E lui non era un poveretto come me, lui era il re, e aveva molto da perdere. Io sono uno che, al massimo, rischia di suscitare qualche sorriso ironico da parte di chi, molto meglio di lui, è titolato a scrivere su certi argomenti.

Vi scrivo perché vorrei che ascoltaste la voce di una persona omosessuale che ha combattuto per tutta la sua vita per conservare la sua Fede cattolica e che, ancora adesso, nonostante le battutine sarcastiche e nonostante le accuse di ipocrisia e di tradimento della Fede, è ancora cattolico, è ancora innamorato di Gesù, è ancora profondamente grato alla Tradizione che mi ha permesso di incontrarlo e che mi permette di incontrarlo ancora.

Quando due domeniche fa ho sentito il papa che vi parlava di parresia (“Franchezza, libertà di parola”, ndr), ho pensato che sicuramente, tra di voi, ci sono degli omosessuali: chiariamoci subito, non ho nessuna informazione riservata, ma faccio riferimento a quanto si dice sull'incidenza dell'omosessualità nelle popolazioni umane, un'incidenza che conferma senz'altro questa mia intuizione.

E proprio pensando a quanti, fra voi, sono omosessuali, mi sono detto: «Come sarebbe bello se uno di questi padri, prendendo finalmente sul serio l'invito del papa alla chiarezza e al superamento di qualunque ipocrisia, trovasse il coraggio di raccontare con il cuore in mano il percorso che l'ha portato a vivere in pienezza la propria vocazione cristiana». Un percorso, diciamocelo chiaramente, che la Chiesa stessa invita a seguire, quando, nel Catechismo, osserva che le persone omosessuali: «sono chiamate a realizzare la volontà di Dio nella loro vita».

Con una testimonianza di questo tipo non ci sarebbero le discussioni e i distinguo che invece mi capita di leggere in merito a quanto il relatore generale del Sinodo ha detto quando ha parlato delle persone omosessuali, perché chiunque ha alle spalle un'esperienza seria di ascolto e di accoglienza di quanto dice il magistero della chiesa cattolica sull'omosessualità, non avrebbe niente da eccepire su quelle parole.

Quando ad esempio il relatore si è chiesto se le comunità cristiane sono in grado di accogliere le persone omosessuali senza compromettere la dottrina cattolica sul matrimonio e sulla famiglia non mi pare che abbia detto niente di nuovo rispetto alle parole con cui il Catechismo invita ad accogliere gli omosessuali «con rispetto, compassione e delicatezza» (cfr. CCC 2358).

Anche la frase con cui si osserva che la questione omosessuale interpella il Sinodo «in una seria riflessione su come elaborare cammini realistici di crescita affettiva e di maturità umana ed evangelica integrando la dimensione sessuale» mi pare riprendere quanto, in maniera senz'altro più poetica, ricorda lo stesso Catechismo: «Le persone omosessuali sono chiamate alla castità. Attraverso le virtù della padronanza di sé, educatrici della libertà interiore, mediante il sostegno, talvolta, di un'amicizia disinteressata, con la preghiera e la grazia sacramentale, possono e devono, gradatamente e risolutamente, avvicinarsi alla perfezione cristiana» (cfr. CCC 235).

Direi addirittura che il catechismo va più in là delle parole usate per riassumere il dibattito della prima settimana del Sinodo, perché parla in maniera esplicita di alcuni elementi essenziali di questi “cammini realistici”: alcuni collegati alla maturità affettiva (padronanza di sé, libertà interiore), altri collegati in maniera più specifica alla dimensione spirituale (preghiera e grazia sacramentale), altri ancora tesi a valorizzare quanto di buono ci può essere in una relazione di amicizia. Quest'ultimo punto è quello che il relatore generale del Sinodo ricorda quando riconosce ciò che è evidente a quanti conoscono da vicino delle persone omosessuali, ovvero che «vi sono casi in cui il mutuo sostegno fino al sacrificio costituisce un appoggio prezioso per la vita dei partners» in una coppia omosessuale. (…)

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giovedì 2 ottobre 2014

Merito e valutazione

FONDAZIONE NENNI

http://fondazionenenni.wordpress.com/

 

Il leader socialista Colorni e la Resistenza a Roma

 

di Vittorio Emiliani

 

Lo scorso mercoledì 24 settembre, assistendo alla interessante, vivace presentazione del libro di un giovane ricercatore, Antonio Tedesco, su “Il partigiano Colorni e il grande sogno europeo”, maturato presso la biblioteca della Fondazione Nenni e stampato dagli Editori Riuniti, pensavo che la “damnatio memoriae” abbattutasi sul socialismo e sui socialisti italiani ha colpito, in fondo, anche Colorni.

    La sua figura di pensatore in chiave europea precede, nonostante la giovane età, anche quelle di Altiero Spinelli e di Ernesto Rossi, ma viene ad essi quasi sempre posposta nell’ideazione del Manifesto di Ventotene.

    Lo stesso accade, in fondo, nella Resistenza armata romana. A ripensarci essa ebbe per protagonisti alcuni socialisti come il “maresciallo rosso” Peppino Gracceva, passato dal Pci ai socialisti dopo il patto Ribbentrop-Molotov, come Giuliano Vassalli, grande avvocato, maestro di diritto e ministro, e uno dei grafici più importanti del ‘900, Sergio Ruffolo, fratello maggiore di Giorgio, rinchiuso anch’egli a Via Tasso.

    In realtà la Resistenza romana viene ricordata soprattutto per l’attentato di via Rasella ad opera dei Gap, azione non concordata col CLN, ancor oggi discussa, nonostante che una sentenza del Tribunale di Milano l’abbia, anni fa, qualificata come “atto di guerra” e non come “attentato”, poiché all’esplosione delle bombe nascoste nei secchi della spazzatura seguì l’intervento armato dei dodici gappisti. Su questo episodio mi sembra fondamentale la ricostruzione realizzata dal grande giornalista Enzo Forcella per il suo libro, uscito postumo da Einaudi nel 1999, “La Resistenza in convento”.

    Torno a Colorni, Gracceva, Vassalli e Ruffolo per ribadire che il loro contributo fondamentale di socialisti alla Resistenza romana continua ad essere sottovalutato o messo in ombra.

       

       

Da vivalascuola riceviamo e volentieri pubblichiamo

 

La “Buona Scuola” di Renzi

 

di Giorgio Morale

 

vivalascuola questa settimana è dedicata alla valutazione e al merito secondo "La Buona Scuola" di Renzi, con una ampia analisi di Carlo Salmaso:

 

http://lapoesiaelospirito.wordpress.com/2014/09/22/vivalascuola-177/

 

Merito e valutazione sono i punti “forti” della “Buona Scuola”, ma sono proprio quelli che lasciano più sgomenti.

    Insomma, un insegnante “mediamente bravo” secondo Renzi dovrebbe prendere informazioni sul “merito” dei docenti di un’altra scuola e chiedere il trasferimento perché se lì sono scarsi lui sarà messo bene nella competizione...

    Come perplessi lascia la Direttiva sulla Valutazione: si parla di valutare il 10% delle scuole ogni anno. Per valutare l’intero sistema nazionale occorrerebbero quindi 10 anni: la scuola X potrebbe essere valutata una prima volta nel 2016 e una seconda nel 2035!…

    In effetti merito e valutazione sono parole-feticcio, la realtà dice più di 10 anni senza scatti stipendiali, docenti da usare come tappabuchi, mobilità per "merito" alla faccia della continuità didattica e della qualità dell'insegnamento.

    E soprattutto nessuna risorsa in più per l'istruzione!

    Completano la puntata una rassegna stampa sull'argomento e le notizie della settimana scolastica.