lunedì 27 dicembre 2010

LA SELVA DELLE LETTERE

12 DOCUMENTARI REALIZZATI DA LUIGI BONESCHI ANDRANNO PROSSIMAMENTE IN ONDA SU TV2000


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Autore

Trasmissione

Replica


Dante Alighieri

Sabato

25/12/2010

ore 22.35


Grazia Deledda

Giovedì

30/12/2010

ore 20.00

Domenica

02/01/2011

ore 10.00


Torquato Tasso

Sabato

01/01/2011

ore 22.35


Giorgio Bassani

Giovedì

06/01/2011

ore 20.00

Domenica

09/01/2011

ore 10.00


Carlo Goldoni

Sabato

08/01/2011

ore 22.35


Umberto Saba

Giovedì

13/01/2011

ore 20.00

Domenica

16/1/2011

ore 10.00


Ludovico Ariosto

Sabato

15/01/2011

ore 22.35


Salvatore Di Giacomo

Giovedì

20/01/2011

ore 20.00

Domenica

23/01/2011

ore 10.00


Francesco Petrarca

Sabato

22/01/2011

ore 22.35


Ignazio Silone

Giovedì

27/01/2011

ore 20.00

Domenica

30/01/2011

ore 10.00


Clemente Rebora

Sabato

29/01/2011

ore 22.35


Ippolito Nievo

Giovedì

03/02/2011

ore 20.00

Domenica

06/02/2011

ore 10.00


TV 2000 è visibile sul digitale terrestre all'interno del multiplex Rai, sul satellite al canale 801 SKY e anche in streaming sul sito: HYPERLINK "http://www.tv2000.it/" \t "_blank" http://www.tv2000.it/

martedì 7 dicembre 2010

In nome della libertà, per togliercela

CATTOLICESIMO REALE
www.cattolicesimo-reale.it

“Avvenire” del 16 novembre si è scagliato contro la trasmissione Vieni via con me vista come un attacco alla Chiesa, per lo spazio dato a un prete sui generis come Andrea Gallo e per la possibilità offerta a Beppino Englaro e Mina Welby di esporre le loro drammatiche storie personali “senza contradditorio”.

La Chiesa italiana, il giornale dei vescovi, esige il diritto al contradditorio in nome della “democrazia” vigente nello stato laico, mentre rifiuta questo diritto ai vari don Gallo, e contesta loro financo di poter parlare come cattolici, in quanto non d’accordo con la gerarchia.

    Ben pochi passi dunque si sono fatti rispetto al clericale Louis Veulliot che nell’Ottocento – come scrive Ernesto Rossi – “reclamava la libertà in base al diritto della civiltà moderna, per poterla poi negare in base al diritto canonico”.

    Per far accettare questa logica, i clericali ricorsero già durante la battaglia sul divorzio (fortunamente senza esito) al trucco di far credere che si trattava di scegliere fra due imposizioni: o matrimonio indissolubile o divorzio. L’imposizione, invece, come tutti sanno era una sola (l’indissolubilità pretesa dai cattolici), dato che il divorzio chiesto dai laici non era imposto a nessuno ma solo rivendicato come  una possibilità per chi lo volesse.

    Adesso, giornalisti e ministri o sottosegretari di servizio, cui si sono aggiunti clericali di tutti i partiti cercano di ripetere il giochino sulla pelle dei malati terminali. Levano alti lai come se Welby ed Englaro volessero imporre l’eutanasia o l’interruzione delle cure a chi vuol vivere.

    Si lasci spazio a chi vuol parlare “a favore della vita”, si sono messi a gracidare Casini, Fioroni e altre cornacchie. Ma vi risulta che qualcuno abbia proposto di sopprimere d’ufficio, ope legis, i malati che non vogliono staccare la spina? No, evidentemente. Nessuno minaccia la “vita” e neppure il diritto di chiamarla così. La sola minaccia è quella attuata dai vari Fioroni, Casini, ecc. contro chi rivendica il diritto di morire o di interrompere le cure se lo desidera.

    Si chiarisce ancora una volta che la “libertà” pretesa dalla Chiesa è – come da duemila anni  a questa parte – la libertà di toglierla agli altri, cioè di negare alle minoranze (e magari anche alle maggioranze) la possibilità di scegliere, di divorziare, di interrompere cure inutili, di non credere, o di credere ad altro.

    Meglio, molto meglio, anzi doveroso che a decidere come dobbiamo vivere e morire, votare e pensare, o fare sesso, sia Dio cioè, data la sua ostinata latitanza negli ultimi otto-dieci miliardi di anni, il suo rappresentante in terra che è, come ci ha spiegato Pio XI, il papa di Roma.

giovedì 25 novembre 2010

Chiesa all'assalto

Da MicroMega riceviamo e volentieri pubblichiamo
di Cinzia Sciuto
Come se non bastassero le invettive di Maroni contro Saviano (gravissime, visto che provengono dal ministro dell’Interno), a puntare il dito contro la trasmissione Vieni via con me ci si è messa pure la Chiesa. Stamane il giornale dei vescovi, Avvenire, ha ritenuto opportuno rimediare alla «colpevole lacuna» della trasmissione, che lunedì ha avuto il grave torto di invitare Beppino Englaro e Mina Welby «senza contraddittorio».

    Ora, di grazia, ma in cosa sarebbe dovuto consistere questo contraddittorio? Mina Welby è la moglie di Piergiorgio, malato di distrofia muscolare, che a un certo punto della sua vita, ha ritenuto di non poter più sopportare una situazione che considerava disumana e ha chiesto alla moglie e a un medico di staccargli il respiratore, unica cosa che lo teneva in vita, nel modo più indolore possibile. Beppino Englaro è il padre di Eluana, in stato vegetativo permanente per 17 anni, che ha lottato affinché sua figlia non fosse tenuta in vita artificalmente e a oltranza per chissà quanti anni ancora.

    Il contraddittorio, a leggere Avvenire, doveva consistere nell’invitare qualcuno che, nella stessa situazione di Welby, avrebbe deciso di continuare a tenersi il respiratore e, nella stessa situazione di Beppino, avrebbe continuato la nutrizione artificiale della figlia. In questo contorto ragionamento c’è un piccolissimo particolare che i sedicenti difensori della vita omettono sistematicamente e che inficia irrimediabilmente le loro posizioni: NESSUNO IMPEDISCE A CHI VUOLE CONTINUARE A STARE ATTACCATO A UNA MACCHINA DI FARLO. Mentre, al contrario, a Welby, come a Eluana, era impedito di staccarsene. Tutto qui. Una piccola, grande differenza. Per questo il «contraddittorio» è una fantasma agitato perché sa di politicamente corretto ma è, in questo caso, totalmente fuori luogo.

    Ma tant’è, Avvenire rimedia, pubblicando due elenchi «pro-life» di Fulvio De Nigris (direttore del centro Studi per la ricerca sul coma) e di Mario Melazzini (presidente dell’Aisla). Leggiamoli allora questi elenchi. Scrive De Nigris: «... Essere liberi di vivere vuol dire permettere agli altri di vivere (c’è qualcuno che vuole forse impedirlo?); ... la vita non va giudicata, va condivisa (appunto, la vita, anche quella di Piergiorgio Welby, non va giudicata); ... riconoscere altri stili di vita (?);... diamo la libertà di scegliere, ma non lasciamo le persone in solitudine (se c’è un uomo che solo non è mai stato, questo era proprio Piergiorgio);... guardate questa moltitudine di famiglie che si sente offesa (ma chi può davvero sentirsi offeso dalle parole di Mina Welby) ...».

    Melazzini esordisce con una finta domanda assolutamente insensata: «Diritto di morire o libertà di vivere?» E dove sta l’opposizione? La mia libertà di vivere si spinge (se tale davvero è) fino all’estremo, ossia al riconoscimento del mio diritto di decidere se, quando e come morire. Poi Melazzini si lancia in un ragionamento pericolosissimo: «La dignità della vita, di ogni vita, è un carattere ontologico dell’essere umano e non dipende dalla qualità della sua vita». Come dire: la qualità della tua vita è un accidente passeggero di questa vita terrena, fattene una ragione, sopporta qualunque condizione ché tanto la tua dignità è «ontologica».

    Poi continua con affermazioni apparentemente condivisibili, ma che nascondono una trappola: «Oggi, una certa corrente di pensiero ritiene che la vita in certe condizioni si trasformi in un accanimento e in un calvario inutile, dimenticando che un’efficace presa in carico e il continuo sviluppo della tecnologia consentono anche a chi è stato colpito da patologie altamente invalidanti di continuare a guardare alla vita come a un dono ricco di opportunità e di percorsi inesplorati prima della malattia». Come se ci fosse qualcuno – forse Mina Welby? - che si oppone al progresso tecnologico che consente di migliorare la qualità della vita (ma non era questione secondaria?) dei malati.

    Il punto, continuamente inevaso, è sempre lo stesso: CHI DECIDE? Chi decide se la mia vita è un dono o una tortura per me che la vivo? E poi, se la vita è un dono, avrò io il diritto di rifiutarlo?      

martedì 16 novembre 2010

Feltri sanzionato

Riceviamo e volentieri pubblichiamo


La Società Pannunzio per la libertà d'informazione, che denunciò il direttore del "Giornale", si dichiara soddisfatta della sanzione inflitta dall'Ordine dei giornalisti a Feltri.

Enzo Marzo
Società Pannunzio per la libertà d'informazione

Se in un guizzo di dignità il Consiglio Nazionale dell'Ordine dei Giornalisti ha confermato la condanna a Vittorio Feltri per violazione del codice deontologico e ha deciso in via definitiva di sospenderlo dalla professione giornalistica, la Società Pannunzio per la libertà d'informazione, che denunciò il direttore del "Giornale", si dichiara soddisfatta dell'esito della vicenda. Certo, la riduzione quantitativa della sanzione, scaturita peraltro grazie a un tecnicismo formale, appare pilatesca.

    Tuttavia, la Società Pannunzio considera rilevante il riconoscimento conclusivo che nel caso Boffo vi è stata una grave violazione che disonora la professione giornalistica. Il commento a caldo di Feltri dimostra che purtroppo ci sono Direttori che non conoscono la legge sulla stampa del 1948. Infatti, siamo pronti a dimostrare che, in questa vicenda, mai è stata pubblicata una rettifica nei termini stabiliti dalla legge,  né mai Feltri ha comunicato ai suoi lettori di averli ingannati falsificando l'origine della fonte della notizia da lui data su Boffo.

    Come noi, in solitudine, denunciammo. Tuttora Feltri persevera nel vano tentativo di imbrogliare le carte, anziché di chiedere scusa ai suoi lettori.




Eutanasia, i vescovi controlo Spot "fuorilegge"

(rr) Una “attività di premeditato bullismo politico e culturale”: in questo senso, accusa Avvenire, va interpretato lo spot televisivo favore dell'eutanasia realizzato dall’associazione Exit International e proposto in Italia dall’associazione Luca Coscioni e dal Partito Radicale.

    Il video, vietato in Australia e trasmesso ieri in anteprima da Telelombardia, secondo il quotidiano della Cei, sarebbe soltanto l'ennesimo tentativo, da parte di quei “promotori del nuovo abbordaggio a quello che chiamano 'tabù' ma che è semplice senso comune presidiato dal diritto”, di delegittimare la nostra classe politica e “blandire l'opinione pubblica” facendo vedere il “volto 'libertario' e 'pietoso'” dell'eutanasia.

     “Va ricordato agli smemorati – continua Avvenire – che il Codice penale sanziona con chiarezza l''omicidio del consenziente', la fattispecie sotto la quale ricadono eutanasia e suicidio assistito'. Si spera dunque, prosegue il giornalista Ognibene nell'indignato editoriale, che “l'Autorità garante delle comunicazioni, alla quale i radicali si sono rivolti per chiedere il via libera allo spot della morte, faccia il proprio dovere fino in fondo fermando questa inutile provocazione”.

    Provocazione che, invece, secondo il professor Umberto Veronesi, non può più non essere colta. L'argomento eutanasia, sostiene l'oncologo, “non si può più ignorare, è un problema che va dibattuto anche se è difficile avere una posizione definitiva. Ma non si può ignorare quello che hanno già fatto Olanda, Belgio e Lussemburgo, o Germania e Scandinavia dove è stata depenalizzata, cosa che sta per accadere anche in Spagna".

    Sarebbe dunque forse il caso di ricordare proprio a chi si erge a difensore della (sempre più) fragile “cristalleria di valori condivisi da un intero popolo” che la questione-tabù dell'eutanasia non deve essere affrontata come una qualsivoglia competizione sportiva in cui gareggiano i giocatori pro-vita e quelli pro-morte.

    Suicidio assistito, dolce morte, eutanasia sono tutti termini con cui si vuole e si deve descrivere semplicemente il diritto ad una scelta: quella di abbandonare nella maniera più 'opportuna' una (non) vita fatta di dolore e sofferenza. Non esiste una morte 'buona', l'Oscura Signora è ancora un mistero per gli uomini che, però, probabilmente, potrebbero prenderla per mano e accompagnarsi a lei in maniera più dignitosa. Se solo fossero davvero liberi. (F.U.)

Vai al video dello spot:
http://www.lucacoscioni.it/spot_pro-eutanasia



Occorre, però, discernimento tra l'eutanasia "passiva" e "attiva"
 
Una valutazione molto generale del problema "eutanasia" può forse prendere le mosse dal principio secondo cui la vita di una persona si configura come un bene "indisponibile".

    La vita di una persona non ha un "prezzo", ma solo una sua incommensurabile "dignità".
    Una persona non "appartiene" a nessuno, neanche alla persona stessa. Una persona "è" (ma non "ha") la "sua" esistenza.

    Ci si domanderà: ma, allora, se la “mia” vita non mi appartiene fino in fondo, allora di chi è? Non ci si lasci trarre in inganno dal possessivo (si dice "mia moglie", "mio marito", "mia figlia", "mio figlio" ecc., ma senza intendere un rapporto proprietario).

    Bisogna semplicemente accettare che la vita umana si sottrae a categorie come quelle del possesso, della proprietà ecc.

    Tuttavia, quello che una persona effettivamente "ha", in rapporto alla propria vita, è la responsabilità. A ciascuno, responsabile della propria vita, va perciò stesso riconosciuta la facoltà di non accettare cibo, acqua, medicine, terapie.

    In tal senso ognuno, in condizioni normali, possiede già la legittima facoltà naturale di determinare la propria morte, se proprio la vuole. Questa naturale facoltà si manifesta secondo modalità passive e indirette, senza bisogno di mettere in atto gesti inconsulti e violenti.

    Se vogliamo partire di qui per definire l'eutanasia, cioè se vogliamo partire da una specie di sciopero della fame o della sete, delle medicine o delle terapie, quali potrebbero essere, di grazia, le contro-argomentazioni?

   E, inversamente, quale ratio possiamo rappresentarci come sufficiente a oltrepassare, invece, il limite naturale di cui sopra? Come giustificare atti capaci di effettivamente "dare la morte" a qualcuno?

    La questione si diparte in due direzioni. Da un lato ci si può domandare se sia lecito "staccare la spina" a un paziente in coma irreversibile, non più in grado d'intendere e di volere – come nel caso di Eluana Englaro. Dall'altro lato ci si pone la domanda se sia lecito "aiutare" un uomo a morire, mentre questi – come nel caso di Luca Coscioni – possiede intelletto e volontà, ma non più la capacità motoria di attuare la propria decisione di morire.

    Nel primo caso, quello di Eluana, sarebbe fuorviante parlare ancora di una vita "personale".
    Eluana cessò di vivere una "sua" vita quando il coma divenne irreversibile, quando cioè la morte cerebrale calò su di lei.

    Una volta appurata la morte cerebrale – con tutta l'accuratezza e la serietà di cui le conoscenze medico-scientifiche ci rendono capaci nell’appurare un caso così doloroso – noi riteniamo lecito cessare ogni accanimento terapeutico, esattamente come infine è avvenuto, nonostante l'inqualificabile gazzarra neo-clericale montata ad arte, e per scopi inconfessabili, da gente a cui di Eluana non importava nulla.

    In senso proprio si può parlare di "eutanasia" solo nel caso cioè in cui sia ancora realmente in gioco la vita di una persona: che si definisce come soggetto capace, quanto meno sul piano potenziale, d'intendere e di volere.

    Il problema si pone quando una "persona" abbia assunto la decisione di morire, senza poter realizzare questa decisione.

    Attenzione, però, la decisione di morire è assunta in questo caso sulla base di quella che, alla fine dei conti, non possiamo che definire un'opinione: l’opinione, segnatamente, secondo cui la propria vita non è degna di essere ulteriormente vissuta.

    Dobbiamo essere consapevoli di questo aspetto della questione, perché nessuna opinione, per quanto sofferta, può apparirci sufficiente a legittimare un omicidio.

    "Non uccidere", dice la Legge.
    Non significa che nessuno può rivendicare il "diritto" di uccidere nessuno, nemmeno se stesso?
    Certo, nella vita e nella storia umana, possono darsi infinite situazioni nelle quali il "Non uccidere", che vale in linea di diritto, entra poi, e talvolta ferocemente, in contraddizione con se stesso (ad esempio nel caso della legittima difesa).

    Ma non possiamo certo esaminare qui tutte le fattispecie; qui ci basta focalizzare un principio generale chiaro e comprensibile a tutti. E poiché il nostro punto di partenza è la dignità personale, non possiamo che mantenere fermo il criterio secondo cui nessun'opinione potrà mai bastare a togliere la vita a qualcuno, nemmeno nel caso in cui sia questo qualcuno a volerlo, in conseguenza di atroci dolori.

    Per sedare i dolori ci sono gli antidolorifici.
    Ora, se nessuno (e quindi neanche la persona stessa) pare avere diritto di causare direttamente la morte di un essere umano sulla base della propria opinione, non si vedono argomenti plausibili a favore dell'eutanasia "attiva".

    Restano invece buone ragioni a favore dell'eutanasia "passiva", cioè a favore dell'astensione da ogni terapia (eccettuata quella antidolorifica) una volta che il paziente abbia confermato una sua decisione in questo senso.

    In conclusione, l'impiego di agenti letali, anche conforme alla volontà del paziente, ci appare inaccettabile: la vita personale non è una grandezza disponibile.

    Ma, del pari, la somministrazione forzata di terapie sulla base di una qualsiasi imposizione autoritativa (sanitaria, statuale, morale o religiosa) la quale si opponga alla volontà del paziente sarebbe anch'essa del tutto inaccettabile: nemmeno la coscienza individuale è una grandezza disponibile. (A.E.)

filosofia morale

Riceviamo e volentieri segnaliamo

::: FAHRENHEIT :::

Settimana dal 15 al 19 novembre

È la filosofia morale a inaugurare la nuova settimana di Fahrenheit: ospite in apertura del programma, lunedì, è Eugenio Lecaldano, che ha da poco scritto, per l?appunto, Prima lezione di filosofia morale. Lo stesso giorno, nel consueto spazio di approfondimento (alle 17,00), racconteremo il convegno fiorentino organizzato dal Coordinamento delle riviste culturali, che avrà luogo martedì mattina col titolo ?Le riviste italiane di cultura e il loro ruolo nel XXI secolo?.

    Per il Libro del giorno, sempre lunedì, ospiteremo il critico Andrea Cortellessa, con cui parleremo di Si riparano bambole (Bompiani), una delle opere più rappresentative dello scrittore siciliano Antonio Pizzuto (scomparso il 23 novembre del 1976).

    Martedì incontreremo, in apertura, Michele Rak, critico letterario e storico della cultura, che a partire dal suo libro La letteratura di Mediopolis, cerca di captare i mutamenti nel sistema dei media. Nell?approfondimento delle 17,00 sarà nostro ospite il vignettista Francesco Tullio Altan, inventore di Cipputi e della Pimpa. Altan è in questi giorni a Roma per la mostra che gli dedica la galleria Tricromia.

    Per Libro del giorno, restando a martedì, sarà con noi il regista e attore Marco Baliani, che ha riadattato per il teatro il romanzo di Curzio Malaparte, La pelle.

    Mercoledì sarà dedicato a esponenti della cultura europea: in apertura, sarà con noi il giornalista e scrittore svedese Peter Froberg Idling, che nel suo libro Il sorriso di Pol Pot racconta la sua vita in Cambogia. Mentre per il Libro del giorno, parleremo con uno dei più controversi scrittori d?oggi, il francese Michel Houellebecq, reduce dalla recente vittoria del Prix Goncourt col suo La carta e il territorio (Bompiani).

    Giovedì, in apertura, parleremo con Giangiacomo Nardozzi del suo Il futuro dell'Italia, un viaggio tra le piccole aziende del Paese per analizzare le ragioni di una delle più gravi crisi economiche, che ha colpito molto duramente gli oltre 300 mila imprenditori di questo settore.

    In chiusura della settimana, venerdì, dedicheremo una puntata speciale alla Giornata per la prevenzione dell'abuso e della violenza sui bambini.

    Le parole del Vocabolario migrante sono affidate, questa volta, a Jasmine Taskin, giornalista turca, corrispondente da Roma del quotidiano Sabah.

www.fahre.rai.it
fahre@rai.it   

mercoledì 10 novembre 2010

Ricordiamo Angelo Vassallo

Riceviamo e volentieri segnaliamo


Questa sera maratona online in memoria del sindaco di Pollica assassinato dalla camorra due mesi fa. In diretta video dalle 19.30 a mezzanotte su un network di oltre cento siti: da grandi testate a micro web tv

Questa sera (5 novembre), a due mesi dall’assassinio del sindaco di Pollica Angelo Vassallo, dalle 19.30 alle 24 andrà in onda a "rete unificata" la maratona online "Cose nostre: per la legalità e la cultura, ricordando Angelo Vassallo". Una maratona “a rete unificata” per la legalità e la cultura in onda dalle 20 alle 24 (con un'anteprima dalle ore 19.30).

    Il progetto è promosso da Federazione FEMI, Ipazia Preveggenza Tecnologica e dal network delle micro web tv, Altratv.tv. Un'iniziativa importante per ricordare il sindaco assassinato dalla camorra. Rassegna.it trasmetterà in diretta l’iniziativa. Ad oggi irradieranno anche RadioArticolo1, Rainews24.it, Repubblica TV, Corriere della Sera.it, LaStampa.it, Current, l'Unità, L’Espresso.it, Il Fatto Quotidiano, YouDem, Wired, Sapere.it, Treccani. Per trasmettere la diretta sul proprio sito basta iscriversi su www.cosenostre.tv.

    Tra gli ospiti: Riccardo Iacona (Rai), Davide Scalenghe (Current), Carmen Lasorella (San Marino RTV), Giordano Sangiorgi (MEI), Giuseppe Bianco (Procura di Firenze), il documentarista Piero Cannizzaro, Corradino Mineo (RaiNews24), Laura De Merciari (Slow Food), Manuela Iatì (SkyTg24), Michele Dotti (Anticasta), Arianna Ciccone (Valigia Blu), Giancarlo Caselli (Procura di Torino), Alberto Cisterna (DNA), Antonio Polimene (Ipazia Promos), lo scrittore Nicolai Lilin.

    Tra gli ospiti in studio a Bologna, intervistati da Giampaolo Colletti (Nòva24 e Altratv.tv-FEMI) e Francesca Fornario (l'Unità): Davide Scalenghe (Current), Giordano Sangiorgi (MEI), Giuseppe Bianco (Procuratore di Firenze), Roberto Ippolito (autore de “Il bel Paese maltrattato”, Bompiani), Piero Cannizzaro (documentarista), Flavio Tranquillo (autore de “I dieci passi”), Laura De Merciari (Slow Food). Tra i contributi: Riccardo Iacona (Rai3), Massimo Fini (Movimento Zero), Giancarlo Caselli (Procuratore di Torino, già procuratore capo Antimafia a Palermo), Tommaso Tessarolo (Current), Corradino Mineo (RaiNews24), Sofia Bosco (FAI), Alberto Cisterna (Direzione Nazionale Antimafia), Michele Dotti (autore de “L'anticasta”, EMI), Nicola Gratteri (Procuratore Tribunale di Reggio Calabria), Manuela Iatì (SkyTg24 e autrice “Avvelenati”), Nicola Trifuoggi (Procuratore di Pescara).

    Collegamenti in diretta satellitare da Pollica grazie a Telecolore e da Salerno con Angelo Di Marino, direttore de “La città di Salerno”.

    Collegamenti in webcam via Skype con Torino: dagli studi di Libre ci saranno Pino Masciari (imprenditore e autore del libro “Organizzare il coraggio”, Add Editore), Nicolai Lilin (autore dell'Educazione Siberiana, Einaudi), Maurizio Pallante (Movimento per la decrescita felice), Carla Mattioli (sindaco di Avigliana). Collegamento in webcam via Skype da Roma con gli studi di Luiss TV dall'Università Luiss e con L'Aquila, insieme a Tommaso Tani di Valigia Blu per denunciare i rischi di infiltrazioni mafiose nella fase del post-terremoto.

    Collegamento anche con Polistena (RC): dalla micro web tv Punto e basta ci saranno Giovanni, Aldo Pecora e Rosanna Scopelliti (Ammazzateci tutti). Da Latina intervengono Antimo Lello e Antonio Turri (Associazione Libera). Collegamento in diretta con l'Università di Palermo: dalla web radio Libertà di Frequenza. Spazio anche agli interventi esteri: sempre in webcam via Skype da Toronto parteciperà Antonio Nicaso (giornalista, esperto di 'ndragheta internazionale), da Parigi Francesco Piccinini (Agoravox), da New York Andrea Masu (Alterazionivideo – Incompiuto Siciliano). In trasmissione le “incursioni” di Stefano Andreoli (Spinoza.it)  

martedì 26 ottobre 2010

Scuola, Il libro, IN BREVE

Scuola


Sospeso il corso

di armi nelle scuole


Ottimo risultato, ma la Regione Lombardia deve ancora chiarire


di Chiara Cremonesi


(Milano, 19 ottobre 2010) - Apprendiamo con soddisfazione che il corso di armi, tiro e cultura militare promosso per le scuole superiori della nostra regione dall'Ufficio scolastico regionale e dal Comando militare dell'esercito della Lombardia, con il benestare dei Ministeri della Difesa e dell'Istruzione, è stato sospeso, come annuncia il sito dell'Unuci.

La nostra opposizione in Consiglio e la mobilitazione degli studenti hanno ottenuto un risultato importante. Resta ora da capire quale ruolo abbia avuto in tutto ciò la Regione, visto che il suo logo campeggiava sull'opuscolo di presentazione e visto che né il presidente Formigoni né l'assessore La Russa si sono degnati di rispondere alle nostre sollecitazioni in merito.

Sulla questione del patrocinio abbiamo presentato proprio oggi un'interrogazione e confidiamo ora che sulla questione sia fatta la dovuta chiarezza.

Il libro


Vent'anni dopo . . .


Compagni, compagne, amici, amiche, come sapete noi Rosselliani siamo da sempre interessati a ragionare sulle sorti e le prospettive della Sinistra italiana. La prossima iniziativa che abbiamo in programma – e che è stata organizzata in collaborazione con i nostri amici della Casa della Cultura - si muove lungo questo stesso solco, che noi tenacemente perseguiamo.

Parleremo dunque di un libro, che, ricostruendo la vicenda decisiva della fine del vecchio PCI, ci pare possa portare interessanti argomenti di riflessione sulla disgraziata situazione della Sinistra di oggi e forse additare anche delle possibili vie d'uscita. Il libro di cui parleremo è il seguente:


Valdo Spini

Vent'anni dopo la Bolognina

(Rubbettino, 2010)


Ne parleremo GIOVEDì 28 OTTOBRE 2010, alle ore 21.00 presso la Casa della Cultura, in via Borgogna 3, a Milano (MM 1 – S. Babila).

Sarà presente l'autore, e con lui (e con il pubblico) si confronteranno:Luciano Belli Paci del Circolo Rosselli; Barbara Bracco, docente di Storia Contemporanea all'Università degli Studi di Milano-Bicocca (e rosselliana a sua volta); Salvatore Carrubba, editorialista del Sole 24 ore; e Maurizio Migliavacca della segreteria nazionale del PD. Il tutto sarà introdotto da Felice Besostri del Circolo La Riforma; e sarà coordinatoMarina Calloni, docente di Filosofia Politica e Sociale dell'Università degli Studi di Milano-Bicocca.

Ritengo possa trattarsi di un'occasione di dibattito interessante. Siete dunque tutti invitati. Un saluto.


Francesco Somaini, Circolo Carlo Rosselli (Milano)


IN BREVE

a cura di rassegna.it


Francia & pensioni:

appuntamento al 26 ottobre


Il voto definitivo sulla legge francese di riforma delle pensioni della Commissione mista Assemblea-Senato avrà luogo martedì, due giorni prima di quanto inizialmente previsto: lo ha reso noto il ministro per i rapporti con il Parlamento, Henri de Raincourt.

I sindacati francesi hanno proclamato due nuove giornate di sciopero, il 28 ottobre (data iniziale per la riunione della Commissione mista) e il 6 novembre, giorno in cui è previsto la firma della legge all'Eliseo


Alitalia, nuovo sciopero

il 26 novembre


Venerdì 26 novembre sarà sciopero di 4 ore per piloti ed assistenti di volo di Alitalia, proclamato dalla Filt Cgil e dalle associazioni professionali Ipa ed Avia.

"La nuova proclamazione - spiegano le tre sigle sindacali e professionali - è stata presa a seguito dell'impegno aziendale, esplicitato formalmente al Ministero dei Trasporti, a riprendere un confronto costruttivo per la risoluzione delle vertenze irrisolte che riguardano piloti ed assistenti di volo".

"Alla luce degli incontri in sede aziendale - sottolineano ancora Filt Cgil, Ipa e Avia - che riprenderanno la prossima settimana e che ci vedranno effettivamente coinvolti, si farà un effettivo bilancio delle soluzioni individuate e dell'atteggiamento aziendale".


Rifiuti a Terzigno

Berlusconi: "Sistemo tutto in 10 giorni"


Vertice straordinario a Palazzo Chigi., Il premier: "Non serve un piano d'emergenza". Situazione nelle mani della Protezione civile. Tensione alle stelle, trovate 10 molotov vicino alla discarica. Le scritte sugli striscioni "Berlusconi hai perso il Sud".

martedì 12 ottobre 2010

Nuovo libro di Valdo Spini, IN BREVE

Vent'anni

dopo la

Bolognina


Al centro-sinistra occorrono nuove idee e nuovo personale politico, cioè una vera e propria Costituente.


"Chiusosi (malamente) il ciclo della Prima Repubblica, appare in crisi anche quello della c.d. Seconda Repubblica": questa è la tesi illustrata da Valdo Spini nel suo ultimo libro "Vent'anni dopo la Bolognina", in uscita presso Rubbettino.

Il libro ricostruisce i motivi dell'attuale stato di grave crisi della sinistra italiana, denunciando gli errori, le impazienze e le irresponsabilità che hanno accompagnato le sue vicende nell'ultimo quindicennio e che hanno contribuito a permettere a Silvio Berlusconi di battere il record di durata di De Gasperi. Vengono così ricostruite le strategie di Achille Occhetto, Massimo D'Alema, Piero Fassino e Walter Veltroni nel loro mutuo intrecciarsi con le vicende del centro sinistra e del paese. La fine del governo Ciampi e la costruzione della "gioiosa macchina da guerra" nell'azione di Achille Occhetto; la prima caduta di Prodi e il breve periodo del governo D'Alema; la fine dei Ds con la segreteria Fassino; la seconda caduta di Prodi e la sconfitta di Veltroni, costituiscono tappe di un progressivo declino della sinistra italiana.

Una serie di capitoli settoriali (l'antifascismo, la laicità, l'ambiente, la questione sociale, la rivolta del Nord, le questioni eticamente sensibili) sono dedicati all'analisi di come questi argomenti, da tradizionali punti di forza della sinistra, siano diventati punti di difficoltà o di debolezza. Le vicende del congresso del Partito Democratico e l'elezione di Pierluigi Bersani alla segreteria sono trattate nei loro aspetti problematici e nelle possibili prospettive di ripresa.

La proposta di una costituente tra il Pd e le forze della sinistra disponibili, è la conclusione del libro.

VALDO SPINI, ininterrottamente deputato dal 1979 al 2008, è stato vicesegretario nazionale del PSI per la corrente lombardiana, ministro dell'Ambiente nel governo Ciampi, Presidente della Direzione Nazionale Ds. Nel 2009 si è candidato a Sindaco di Firenze alla testa di una coalizione di liste civiche e di sinistra. Tra le sue pubblicazioni: "Compagni siete riabilitati!" (Editori Riuniti, Roma 2006); "Naja? No grazie", con Fabio Isman (Baldini & Castoldi, Milano 1997). Ha curato il volume autobiografico del padre, Giorgio Spini, "La strada della liberazione", (Claudiana, Torino 2003). Dirige il trimestrale «Quaderni del Circolo Rosselli» per Alinea Editori.

IN BREVE


a cura di rassegna.it

Federalismo fiscale,

via libera dal governo


Il Cdm ha approvato il decreto attuativo su tributi delle Regioni e costi standard della sanità. Dal 2013 possibili aumenti progressivi dell'Irpef fino al 3%, ma non per le fasce a basso reddito. Calderoli spiega "l'invarianza fiscale".


Crisi, Napolitano chiede

confronto in Parlamento


"L'importante adesso è cogliere l'occasione della presentazione della legge di bilancio e della cosiddetta legge di stabilità per un confronto in Parlamento sulle misure da prendere e anche sul programma nazionale di riforme che tutti i Paesi europei devono prendere e a cui ha fatto riferimento il ministro Tremonti". Lo chiede il capo dello Stato Giorgio Napolitano.


Scuola, ai precari

anche lo stipendio estivo


Sentenza storica della Corte di appello di Brescia che accoglie il ricorso di una insegnante contro il Ministero della Pubblica Istruzione. E' illegittimo assumere con contratti a tempo se c'è "uno schema organizzativo che si ripete".


Università, cresce

la protesta dei ricercatori


In molte facoltà del paese i precari stanno attuando contro il disegno di legge della Gelmini il blocco della (propria) attività didattica. Insieme a loro, docenti, personale tecnico e studenti. All'ateneo di Bologna la funzione di traino.


Marcegaglia minacciata,

perquisito Il Giornale di Berlusconi


Nel mirino dei pm di Napoli ci sarebbero le presunte minacce e un dossier contro la presidente di Confindustria. L'operazione sarebbe scattata dopo le critiche al governo. Indagati il direttore del quotidiano milanese Sallusti e il suo vice Porro.


Fiom, atti inaccettabili contro sedi Cisl


La mobilitazione del prossimo 16 ottobre indetta dalla Fiom "si basa sulla condivisione e l'assunzione della pratica della democrazia". Anche a partire da tali argomentazioni, la segreteria nazionale della sigla dei metalmeccanici Cgil "esprime la più netta contrarietà agli episodi di intolleranza che hanno interessato le sedi della Cisl, considerandoli atti sbagliati e inaccettabili".


Incidenti lavoro: trattori

killer, 143 morti da gennaio


Settembre tragico per gli incidenti con i trattori agricoli. Lo comunica l'osservatorio dell'Asaps (Associazione sostenitori amici polizia stradale) che ha registrato un forte aumento degli eventi complessivi e delle vittime rispetto al mese di agosto. Dall'inizio dell'anno le vittime dei trattori sono 143 fra agricoltori e terzi coinvolti.


Grecia, paese fermo per

sciopero contro austerity


Migliaia di statali in piazza per l'ottava volta ad Atene e in altre città della Grecia contro il piano di austerità e i tagli del governo. Chiusi uffici, scuole, amministrazioni locali, poste e dogane, ospedali limitati al servizio di pronto soccorso, aerei fermi per quattro ore per l'adesione degli uomini radar. "Il piano di risanamento è quasi a metà del guado", ha detto il premier Papandreou davanti ai deputati del Pasok.

lunedì 4 ottobre 2010

Lutero a Roma

La Commissione toponomastica capitolina ha espresso parere favorevole all'intitolazione di una via a "Martin Lutero: teologo tedesco (1483-1546)". Quest'anno cade il Cinquecentenario del viaggio a Roma compiuto dal riformatore Martin Lutero nel 1510. Abbiamo chiesto al professor Paolo Ricca, docente emerito di storia del cristianesimo alla Facoltà valdese di teologia di Roma, di spiegarci le ragioni di quel viaggio, l'importanza che esso ebbe per il riformatore e quella che esso può ancora rivestire per noi oggi.


Intervista a cura di Gian Mario Gillio


Quali sono le ragioni che hanno spinto Martin Lutero a recarsi a Roma nel 1510?


Lutero è venuto a Roma perché doveva sistemare alcune questioni interne all'Ordine monastico degli eremiti agostiniani, al quale apparteneva. Si trattava di un ordine particolarmente severo, sia nella disciplina che nella volontà di vivere la regola monastica. Dunque Lutero fu inviato per risolvere questioni sia amministrative che teologiche, ma fu per lui anche l'occasione di visitare e conoscere il luogo più importante della cristianità.


Che cosa ha trovato Lutero a Roma e quale influenza ha avuto il soggiorno romano sul suo pensiero?


L'impressione che ne ebbe Lutero fu, nel complesso, negativa. Lutero la giudicò non dal fiorire delle bellezze artistiche, ma dalla spiritualità che essa esprimeva. Da questo punto di vista ebbe l'impressione di una città che viveva una religiosità mondana, superficiale, persino un po' blasfema. Il modo sbrigativo in cui venivano celebrate le messe, le modalità con cui i pellegrini venivano accolti nelle varie tappe del loro pellegrinaggio e seguiti nelle loro devozioni, diedero a Lutero l'impressione di una città che invece di essere fonte di luce per tutta la Chiesa, era al contrario percorsa da non poche ombre e ambiguità. Certamente, la visita a Roma non fu per Lutero l'elemento scatenante per determinare la Riforma. La Riforma nacque non tanto dallo scandalo per l'ambigua e scadente religiosità riscontrata a Roma, bensì dallo studio della Bibbia e dalla scoperta della giustizia di Dio, che non condanna ma giustifica gratuitamente e incondizionatamente il peccatore che si pente e si affida a lui. L'illuminazione di Lutero avvenne infatti circa cinque anni dopo la visita a Roma, quando nel 1515 iniziò a commentare il libro dei Salmi. Più probabile, invece, che nel 1517/18, a distanza di anni, il ricordo indelebile del viaggio a Roma contribuì a rafforzare l'affermazione teologica che il papato, in quanto istituzione, fosse una manifestazione dell'anticristo.


Se Lutero dovesse tornare oggi a Roma, cosa troverebbe?


Scoprirebbe una realtà certamente molto diversa, cambiata sostanzialmente da due eventi. Il primo, successivo a Lutero, ma comunque avvenuto nel XVI secolo, è il Concilio di Trento che ha modificato profondamente la chiesa cattolica sul piano della disciplina e del servizio episcopale. Prima del Concilio di Trento i vescovi erano in larga misura più principi che pastori. Erano, al loro meglio, dei mecenati, ma sicuramente non persone dedite alla cura delle anime. Con il Concilio di Trento tutto questo cambiò. Oggi la condotta della chiesa cattolica, nonostante i recenti scandali, non è nemmeno paragonabile all'immoralità riscontrata da Lutero. La seconda svolta che ha cambiato profondamente la realtà di Roma e della sua chiesa è il Concilio Vaticano II, a noi contemporaneo e nell'ambito del quale sono riscontrabili alcune delle istanze proprie della Riforma. Oltre a queste discontinuità, vi sono certamente anche delle continuità che rendono Roma non molto diversa da quella conosciuta da Lutero: l'esistenza di uno stato della chiesa, cioè la Città del Vaticano; l'ufficio papale i cui poteri, con il dogma dell'infallibilità del 1870, sono oggi molto più ampi che al tempo di Lutero. Tra le novità che oggi Lutero riscontrerebbe a Roma non va dimenticata la presenza delle chiese evangeliche: si stupirebbe certamente di trovarvi una chiesa luterana! E certamente si stupirebbe di trovare le molte chiese pentecostali, numerose soprattutto nelle periferie della città. Troverebbe, insomma, anche qualche sorpresa positiva!

Che senso può avere ricordare oggi, a cinquecento anni di distanza, la venuta di Lutero a Roma?


Ciò che è avvenuto nel passato, non è mai passato, finché lo si ricorda. Dal passato, dalle esperienze che altri hanno già vissuto c'è sempre qualche cosa da imparare. Lutero era un monaco cristiano, un uomo che ha cercato di essere cristiano e ha fatto tutto ciò che ha potuto per risollevare le sorti della chiesa. Ricordare Lutero a Roma è il segno che in quanto cristiani siamo comunque legati gli uni agli altri, sia pure nella diversità delle confessioni. Legati nel nome di Cristo che tutti confessiamo e al quale cerchiamo di essere fedeli. Diversi nel modo di ricercare questa fedeltà. Venire a Roma come Martin Lutero, o come seguaci o discendenti della Riforma del XVI secolo, significa appunto affermare che l'Europa cristiana è un'Europa plurale, e che ci sono vari modi di essere cristiani, di esprimere la fede e di organizzare la comunità cristiana.

martedì 28 settembre 2010

Epinay sbarcò a Torino - Ma poi venne la "governabilità". . .

Riceviamo dal Gruppo di Volpedo
(http://www.gruppodivolpedo.it/)
e volentieri pubblichiamo


Per certi versi un’operazione del tipo di Epinay fu compiuta dal Psi nel 1976-78 al congresso di Torino con l’alleanza tra Craxi ed  giovani lombardiani della sinistra interna. Successivamente, le rinnovate esigenze di governabilità ci fecero prendere una strada del tutto diversa. Eppure, nonostante tutto quel che ne è seguito, resta la necessità di un'iniziativa politica socialista.

INTERVENTO AL III CONVEGNO COORDINAMENTO DEI CIRCOLI SOCIALISTI "GRUPPO DI VOLPEDO" 11.9.2010

di  Valdo Spini

Non sono stato presente al congresso di Epinay, ma, grazie al cortese invito di Marc Osouf, potei  assistere a quello successivo di Grenoble, il primo dell’era Mitterrand. Ed è di qui che voglio prendere le mosse.

    Con un gruppo di giovani socialisti italiani, alloggiati al locale ostello della gioventù,  volevamo vedere con i nostri occhi un miracolo che speravamo potesse riprodursi anche in Italia: un partito socialista che cresceva e si rilanciava e che lo faceva a sinistra, costruendo un’alternativa di sinistra, che era quanto volevamo intensamente noi giovani lombardiani. Qualche anno dopo, la federazione fiorentina del Psi del cui gruppo dirigente facevo parte (segretario era Lorando Ferracci) organizzò  un grande comizio in Piazza Signoria con Mitterrand e con il segretario de Psi di allora Francesco de Martino. Ricordo lo cambio di cortesie tra i due leaders: De Martino disse che i socialisti francesi erano più bravi di noi e Mitterrand lo ricambiò chiamandolo “le sage camarade De Martino”, il saggio compagno De Martino, sottolineandone in questo modo la prudenza.

    “Fare come in Francia” era uno slogan che circolava nel Psi, anche se, a parte la differente storia, purtroppo il dato strutturale, e cioè il sistema istituzionale ed elettorale, era completamente diverso.  Noi la proporzionale più pura, loro il semipresidenzialismo e l’uninominale a doppio turno.

    A Grenoble ebbi la conferma visiva concreta, anche con la frequentazione delle riunioni di corrente della sinistra, il CERES, cui allora partecipava anche Gilles Martinet, il più “italiano” dei dirigenti francesi, di come il tentativo di Mitterrand fosse serio e ben fondato e quanto fosse forte l’entusiasmo che aveva ridestato. In ogni caso, voglio testimoniarlo, questo accrebbe il nostro entusiasmo, la nostra speranza, la nostra fiducia, anche in Italia.

    Ma da Epinay si possono trarre due lezioni. La prima è che in certe situazioni di emergenza la spinta al rinnovamento deve venire dal di fuori: Mitterrand non aveva fino ad allora appartenuto alla  tradizione socialista. Come amava dire, si può diventare socialisti a sessant’anni. Ma egli portò nel Ps un di più che i dirigenti socialisti tradizionali non erano in grado di assicurare.

    La seconda è che in certi casi bisogna anche rimescolare le carte: Mitterrand riuscì a conquistare il partito dando vita ad un’inedita alleanza  interna destra/sinistra. Ma questa  a sua volta fu possibile perché si basò non solo sull’unità della sinistra francese, e quindi con il Pcf. ma perché tale strategia era fondata sul confronto per elaborazione di un vero e proprio programma su cui costituire questa stessa unità. Come risultato si allargò l’unità socialista francese (che si doveva ulteriormente allargare successivamente anche al Psu di Rocard) e il partito potè crescere e rilanciarsi elettoralmente.

    Successivamente, dopo non pochi anni di battaglia, François Mitterrand diventò presidente della Repubblica francese eletto per due settennati di seguito con una maggioranza prima di sinistra e poi socialista  e poi in coabitazione con una maggioranza neogollista. Anni dopo sarà Lionel Jospin , successore di Mitterrand alla segretaria, a vincere le legislative e ad essere per cinque anni primo ministro.

   Per certi versi un’operazione del tipo di Epinay  fu compiuta nel Psi italiano del 1976-78 con l’alleanza tra Craxi ed  giovani lombardiani della sinistra interna e con l’elaborazione del Progetto Socialista approvato nel congresso di Torino. Ma successivamente questo tentativo doveva infrangersi con le rinnovate esigenze di governabilità e quindi di collaborazione con la democrazia cristiana e prendere una strada del tutto diversa da quella francese.

   Ma se vogliamo in qualche modo portare lo spirito di Epinay al confronto con l’Italia di oggi, dobbiamo prendere atto che il grande malato del centro-sinistra è attualmente il partito Democratico, dopo la sconfitta da questo subita nelle politiche del 2008 e le perdite sofferte nelle regionali del 2010.

    Oggi le carenze politiche strutturali che  hanno caratterizzato la nascita del Pd, fanno sì che di queste stesse carenze e dei  limiti che hanno generato, siano contemporaneamente e diversamente prigionieri sia chi del partito democratico ha deciso di fare parte, come Vincenzo Vita che parlerà subito dopo , sia chi, come me non si sentì di farne parte al momento della nascita.

    E’ possibile un’iniziativa politica coraggiosa che , superando questi limiti, liberi e sviluppi queste energie?
    L’altro giorno ho letto un sondaggio di Mannheimer. Il Pd , secondo questo sondaggio, rimaneva fermo al  26, 6 %. Ma per effetto della scissione di Fini, veniva a collocarsi a soli tre punti percentuali in meno del Pdl di Berlusconi.  Che vuol dire? Se il Pd si aprisse all’area socialista e di sinistra che ha in vario modo di fatto escluso dalla sua formazione, probabilmente potrebbe superare questo scarto e diventare il primo partito d’Italia. Questo di per sé non basta, ma il Pd potrebbe essere in questo modo il perno di una credibile, possibile alternativa al centro-destra di Berlusconi.

    Ce la fa il Pd dal suo interno a compiere un’apertura del genere o è necessaria , per una nuova Epinay,  una spinta esterna? Forse questa può essere  costituite dalle primarie di coalizione. Dico politicamente che sono favorevole alle primarie di coalizione, le ritengo necessarie. Lo dico  in modo del tutto astratto dalle varie personalità oggi in campo, perché dichiaro francamente di non avere maturato un orientamento  su di esse che, almeno nel mio caso, ha bisogno di verifiche attente ed approfondite.

    Dobbiamo allora operare intanto  un rassemblement di forze che si muovano nella direzione dell’abbattimento delle barriere tra chi sta dentro e fuori il Pd o altre forze politiche  ma la pensa in modo analogo. In tal senso ho accettato volentieri di partecipare a questa iniziativa di Volpedo. Vi porto un dato di esperienza personale che può essere di stimolo e di incoraggiamento.

    Ad un anno di distanza dal risultato del Psi che lo avevano visto alle elezioni politiche scendere a meno dell’1%, a Firenze, un  socialista, un ex vicesegretario nazionale del PSI, poteva totalizzare un 8,4% dei voti alla testa di una coalizione di liste civiche e di sinistra.

    Vuol dire che non c’è meccanicamente una sorta di maledizione o  di esclusione verso chi viene da quella tradizione quanto vi è invece necessità di iniziativa politica non confinata nell’ambito di una nostalgia o tantomeno di un  suo sfruttamento in termini residuali, quanto di battaglie politiche audaci e coraggiose. Nel ricordo di Epinay , siamo qui per questo.      

mercoledì 22 settembre 2010

Consulta Romana per la Laicità delle Istituzioni

Dal centro-sinistra

LA FESTA DEL'AVANTI

La presenza di Bersani alla festa dell'Avanti! segna una ripresa del rapporto tra socialisti e PD dopo la catastrofe veltroniana del 2008.

La festa nazionale dell'Avanti torna alla ribalta dopo 16 anni di interruzione. La storica manifestazione socialista ha riaperto i battenti presso la Casa del popolo di Ravalle, presso Ferrara.

    Tra gli ospiti della manifestazione: Pierluigi Bersani, Piero Fassino, Italo Bocchino, Lorenzo Cesa, Enrico Letta, Renata Polverini, Pasquale Viespoli e molti altri.

    Il dibattito di chiusura sarà dedicato al tema: «Dopo Berlusconi, voto o nuovo governo?».
    La presenza di Bersani a Ravalle segna una ripresa del rapporto tra socialisti e PD dopo la vera e propria catastrofe provocata da Veltroni nell'intero centro-sinistra italiano.  


Consulta Romana per la Laicità delle Istituzioni

XX SETTEMBRE A ROMA

20 settembre 2010 - ore 16.30 - 19.30
Sala di Liegro, Palazzo Valentini,
Via IV Novembre 119/a, Roma

Saluto del Coordinatore della Consulta Romana
Carlo Cosmelli
Dipartimento di Fisica, Sapienza Università di Roma

Saluto del Vicepresidente della Provincia di Roma
Cecilia d’Elia

Coordinamento degli interventi e del dibattito
Marcello Vigli
Consulta Romana per la Laicità delle Istituzioni

Il mito di Roma: dalla Repubblica Romana del 1849 al 1870
Giuseppe Monsagrati
Storia del Risorgimento, Sapienza Università di Roma

Il XX Settembre tra polemiche e celebrazioni
Anna Maria Isastia
Storia Contemporanea, Sapienza Università di Roma

Gli Ebrei di Roma dal Ghetto all’emancipazione
Anna Foa
Storia Moderna, Sapienza Università di Roma

Il significato del XX settembre oggi.
Nicola Tranfaglia
Storia dell’Europa e del giornalismo, Università di Torino

       

Estremismo religioso e leggi della comunicazione

Riceviamo e volentieri pubblichiamo
da  NEV-notizie evangeliche
 
Intorno alla provocazione razzista del predicatore americano

di Paolo Naso
docente di scienza politica all'Università La Sapienza (Roma)

La provocazione razzista del predicatore americano che l’11 settembre avrebbe voluto bruciare in pubblico un Corano sembra avere raggiunto il suo scopo. A poche ore dal nono anniversario dell’attentato di Al Qaeda contro le Torri gemelle, infatti, in India si sono contati oltre dieci morti – tutti cristiani – uccisi nel corso di un “pogrom” col quale gruppi di musulmani estremisti avrebbero inteso vendicare l’offesa al loro libro sacro.

    Nonostante l’esecrazione unanime della comunità internazionale e la netta condanna espressa dal presidente Obama nei confronti di questo “annuncio”, il fuoco della violenza nel nome di Dio ha fatto nuove vittime e rischia di incendiare altri territori in Medio Oriente, in Africa ed in Asia. Tristemente, in questo delirio dei fondamentalismi non sembra esserci nulla di nuovo: da tempo gli estremismi religiosi sembrano infatti costituire uno dei frutti avvelenati della società “postsecolare”. Entrati in crisi i grandi orizzonti di pensiero laico, le religioni sembrano prendersi un’ambigua “rivincita” che porta con sé anche fanatismi, settarismi ed intolleranza.

    Ma la vicenda di questi giorni è spia di un altro problema, che non rimanda alle religioni quanto al sistema della comunicazione: il fatto che un anonimo, isolato e screditato predicatore della Florida possa accendere la miccia di una bomba che esplode a grappolo nei punti più remoti del mondo, ci dice della forza dei simboli e del ruolo che in talune circostanze possono svolgere i mezzi di comunicazione di massa.

    Lo sconosciuto predicatore è riuscito a porsi per qualche ora al centro dell’attenzione mondiale, è il frutto di una logica del sistema mediatico alla disperata ricerca di personaggi e di eventi, tanto più rilevanti quanto più “straordinari”, distanti o contrari cioè all’ordine prevedibile delle cose. Se fa notizia un albero che brucia e non una foresta che cresce, è ovvio che sulle prime pagine dei giornali finirà un pastore che predica l’odio e non uno che invece parla di amore e di riconciliazione.

    In assenza di un’etica condivisa della comunicazione, casi di questo genere sono destinati a moltiplicarsi e a dare l’impressione all’opinione pubblica di una escalation degli estremismi religiosi. Etica della comunicazione significa che blasfeme provocazioni razziste come tali vanno presentate e ridimensionate; se invece le si assume come espressione dello scontro tra culture e religioni su scala globale, le si ammanta di una dignità che non possono meritare.

    In un sistema della comunicazione così condizionato dalle logiche commerciali e talvolta politiche, l’azione positiva di credenti musulmani e cristiani che dialogano, convivono pacificamente e lavorano insieme per la pace non troverà mai spazio.

    In un sistema così fragile ed incapace di proteggere la sua stessa credibilità, dovremo prepararci ad altri annunci deliranti e ad altri gesti provocatori facilmente vendibili al mercato dello scoop globale.

    Per chi crede che ben altro sia il ruolo delle religioni nel nostro tempo, il gioco è truccato, inutile sedersi al tavolo. La tragedia è che la posta di questa partita è la pace tra credenti e popoli di diverse tradizioni in intere aree del pianeta.  

sabato 11 settembre 2010

FESTA NAZIONALE AVANTI


Dal 14 al 19 settembre a Ferrara-Ravalle


Dal 14 al 19 settembre si svolgerà a Ferrara- Ravalle la Festa nazionale dell'Avanti! della domenica, organizzata dalla Direzione del PSI in collaborazione con il Comitato Regionale PSI dell'Emilia Romagna e con la Federazione PSI di Ferrara.

    Si tratta di un appuntamento importante per tutta la comunità socialista che riprende dopo un'interruzione protrattasi per lunghi anni.

    I dibattiti, che avranno cadenza quotidiana e che saranno gli eventi centrali della festa, affronteranno i temi di stretta attualità politica in una cornice, La Casa del popolo di Ravalle, situata a pochi Km dal centro della città estense, che invita i socialisti alla riscoperta e alla valorizzazione di un luogo, per l'appunto La Casa del popolo, legato alla storia e alle lotte ultracentenarie del PSI.

    Sabato 18 all'interno della festa avrà luogo la prima riunione del Consiglio nazionale del partito eletto al secondo congresso di Perugia.

venerdì 9 luglio 2010

Rina Gagliardi

RICEVIAMO E VOLENTIERI PUBBLICHIAMO

Rina Gagliardi (1947-2010)

Militante, grande giornalista, raffinata intellettuale. 
di Fausto Bertinotti 

La morte di Rina Gagliardi ci strappa un pezzo della nostra vita.
    Rina e' stata unica ed insieme una dei nostri.
    Abbiamo camminato insieme per la vita della politica, per la liberazione dell'umanità dal capitalismo.
    Il suo contributo come militante, come grande giornalista, come raffinata intellettuale ci ha arricchiti.
    E' una perdita grave non solo per noi ma per il paese, per la politica.
    Vorremmo tanto che una ragazza, in questi tempi grigi ed un po' disperati, ricevesse in dono lo spirito che ha animato la vita di Rina per scoprire quanto possano essere preziose la passione politica e l'impegno per l'umanità, perché il seme possa germogliare ancora.

    A noi Rina mancherà tantissimo.    

Prossima fermata Strasburgo

RICEVIAMO E VOLENTIERI PUBBLICHIAMO
 
La vicenda del crocifisso dal punto di vista di un esponente del protestantesimo italiano
di Gianni Long  *)
 
(notizie evangeliche, 26/10) - La Grande Chambre della Corte europea dei diritti dell’uomo ha iniziato l'esame della questione del crocifisso nelle aule scolastiche italiane.

    Riassumo brevemente la vicenda, che è di per sé lunghissima. Risale al 2001 il ricorso al TAR del Veneto della signora Soile Lautsi, cittadina italiana di origine finlandese, contro l’esposizione del crocifisso nella scuola frequentata dai figli. Il TAR del Veneto investì della vicenda la Corte Costituzionale, giudice della costituzionalità delle leggi. Ora, in Italia nessuna legge impone l’esposizione del crocifisso negli spazi pubblici. La Corte quindi se la cavò dichiarando la propria incompetenza, non trattandosi di una legge, e rinviò al TAR del Veneto.

    Nel frattempo, il Consiglio di Stato, richiesto di un parere in un contesto diverso, si dichiarava favorevole all’esposizione del crocifisso, non in quanto simbolo di una determinata religione, ma della tradizione italiana. Il TAR del Veneto si conformò a questa posizione, dichiarando che il crocifisso è un simbolo della laicità dello Stato! Pare evidente che il TAR, che in precedenza aveva ritenuto incostituzionale l’esposizione del crocifisso, abbia forzato in modo garbatamente polemico la posizione del Consiglio di Stato (che è anche giudice d’appello per le decisioni dei TAR).

    Per la giustizia italiana, la questione era finita lì. Ma la signora Lautsi ricorse alla Corte europea dei diritti dell’uomo, la quale il 3 novembre 2009 dichiarò l’esposizione del crocefisso lesiva dei diritti previsti dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo del 1950, sulla base della quale essa giudica. Secondo le proprie competenze, la Corte di Strasburgo non annullò alcuna norma (che, come si è visto, non c’è), ma stabilì un indennizzo che lo Stato italiano deve versare alla ricorrente.

    La Corte di Strasburgo è un organo del Consiglio d’Europa (l’Europa “larga”, che comprende ad esempio la Russia e la Turchia). In passato ha preso decisioni importanti sulla libertà religiosa, come nel caso dell’obbligo, previsto in Grecia, di indicare la religione sulla carta d’identità. La Corte condannò più volte a risarcire singoli ricorrenti la Grecia che, dopo avere a lungo rifiutato di adeguarsi, ha recentemente cancellato questo obbligo.

    L’Unione europea considera le norme della Convenzione del 1950 come “principi fondamentali” ed ha una propria Carta dei diritti, che riconosce, oltre alla libertà religiosa, anche il valore della “diversità”. Però da decenni afferma (ora art. 17 del Trattato sul funzionamento dell’UE, modificato dal Trattato di Lisbona) che “L'Unione rispetta e non pregiudica lo status di cui le chiese e le associazioni o comunità religiose godono negli Stati membri in virtù del diritto nazionale”, lasciando sostanzialmente ai singoli Stati la materia dei rapporti con le religioni.

    Il governo italiano, supportato dalla quasi totalità delle forze politiche, rivendica la propria competenza in materie come quella del crocifisso e afferma che si tratta di un simbolo della nazione italiana in quanto tale. Quella che sembrava una battuta polemica – il crocifisso come simbolo di laicità – è diventata la posizione ufficiale italiana.

    Il crocifisso nei locali pubblici è una tradizione recente per lo Stato italiano. Risale agli anni del fascismo e doveva essere esposto insieme ai ritratti del re e del duce (strano che questa parte sia stata dimenticata!). L’immagine del crocifisso con i capelli lunghi è più antica, ma non antichissima. Nei primi secoli del cristianesimo Gesù veniva raffigurato glabro e con i capelli corti, conformemente a quanto dice Paolo nella I Corinzi 11, 14: “Non è forse la natura stessa ad insegnarci che è indecoroso per l’uomo lasciarsi crescere i capelli”. Il Gesù barbuto e capelluto è un’immagine bizantina, ispirata agli eremiti del deserto, che consideravano ogni intervento sul proprio corpo (tagliarsi barba e capelli ma anche lavarsi) un cedimento alla mondanità. Nacque così una “immagine” di Cristo diventata dominante, ma falsa secondo il Nuovo Testamento. Sarebbe questo un buon argomento di meditazione per chi ritiene che le tradizioni dei popoli debbano prevalere sui diritti umani.

*) Giurista ed ex-presidente della Federazione delle chiese evangeliche in Italia      

martedì 6 luglio 2010

IN BREVE a cura di rassegna.it

Dati Istat
Giovani disoccupati: record dal 2004
Il quadro disegnato dall'Istituto sulla base della stima provvisoria e dei dati destagionalizzati. A maggio gli under 24 senza impiego sono il 29,2%. La disoccupazione si conferma stabile: 8,7% per il terzo mese consecutivo. Cresce, invece, quella femminile.




Fondi Ue
Tremonti contro Regioni sud
Il ministro dell'Economia: "Le regioni del Sud hanno posto in essere uno scandaloso percorso nella gestione dei fondi comunitari". Replica il rappresentante dei governatori, Vasco Errani: "No a attacchi indiscriminati, capire come e perché".




Manovra 
La maggioranza accelera sull'età pensionabile
Prima la retromarcia del ministro Sacconi sui 40 anni di contributi: "Un refuso". Poi un nuovo emendamento del relatore: due scatti nel 2015 nel 2016. Critici i sindacati. Cgil: "Innalzamento senza limiti, cancellati gli assegni sociali". 




Dati Istat 
I conti pubblici migliorano: Deficit/Pil all'8,7%
Nel primo trimestre dell'anno, l'indebitamento scende dello 0,5% rispetto al 2009, anche se resta su valori elevati. Entrate totali aumentate dello 0,3%, meno rispetto alllo scorso anno. In calo le uscite: -0,7%.




Fisco
Irap, aumento già a novembre per regioni con deficit sanità
Per Lazio, Calabria, Campania e Molise la maggiorazione avrà effetto già sull'acconto di novembre, l'aumento dell'addizionale Irpef avrà impatto nel 2011 Lo ha reso noto l'Agenzia delle Entrate. Confindustria: Regioni irresponsabili




No alla manovra 
Sciopero Cgil in Liguria, Piemonte e Toscana
lte adesioni allo stop. A Torino 35 mila persone in piazza. A Genova e Firenze due cortei. "La manovra economica del Governo colpisce soprattutto lavoratori e pensionati, non destinando un euro allo sviluppo di questo paese".




Legge bavaglio 
Ghedini: sulle intercettazioni
non decide Napolitano...
Il parlamentare del Pdl e avvocato di Silvio Berlusconi attacca il Quirinale. "La valutazione del capo dello Stato non è su problemi di natura tecnica. Altrimenti dovrebbe farsi eleggere".




Incidenti lavoro
Alto Adige e Padova, tre vittime in poche ore
A Merano un contadino di 51 anni travolto da una macchina per lavorare il fieno. A Bolzano un piccolo imprenditore travolto e ucciso da un carrello per il trasporto di materiali. Un giovane di 28 anni è morto nella zona artigianale di Bovolenta (Padova): lavorava come lattoniere e stava compiendo un sopralluogo sul tetto di una stireria quando il solaio ha ceduto sotto i suoi piedi, precipitando.



Stati Uniti
Persi 125.000 posti, ripresa molto lenta
L'economia americana ha perso posti di lavoro in giugno. E' la prima volta dall'inizio dell'anno. Il tasso di disoccupazione, però, cala al 9,5%, ai minimi da luglio 2009. I dati sul mercato del lavoro suggeriscono una ripresa economica e una crescita dell'occupazione molto lenta andando avanti.
 
 
 

lunedì 28 giugno 2010

Diario operaio

Il paese dei senza lavoro - Non è il lavoro che svanisce, sono i lavoratori che finiscono fuori gioco. Rinaldo Gianola ci racconta come nel suo reportage nell’Italia della crisi. Una narrazione costruita quasi in presa diretta

di Fabrizio Bonugli

Da molti anni ormai si parla della "fine del lavoro", quasi che il lavoro fosse un concetto astratto che prescinde dalle persone che lo svolgono. In realtà non è il "lavoro" che finisce: sono i lavoratori che vengono messi fuori gioco. In particolar modo in questi mesi, con la crisi mondiale che morde e che ha già cancellato e continua a cancellare – per restare soltanto al nostro paese -- centinaia di migliaia di posti di lavoro. E non soltanto dalle fabbriche, ma anche da aziende del terziario avanzato come l’informatica o le telecomunicazioni. Rinaldo Gianola, giornalista dell’Unità, ha voluto saperne di più sull’Italia della crisi. Si è messo in viaggio ed è andato a vedere coi suoi occhi cosa sta succedendo nel Belpaese. 

    È nato così Diario operaio, un’inchiesta sulle condizioni del lavoro in Italia che a ogni tappa gli ha permesso di disegnare la carta geografica di una crisi che colpisce il Sud, ma che non risparmia le ricche aree del Nord. "Un’inchiesta coraggiosa che rompe il silenzio sul dramma sociale del paese", la definisce il segretario generale della Cgil, Guglielmo Epifani. Dal Sulcis a Termini Imerese, da Pomigliano d’Arco a Porto Marghera, dal distretto del divano in Puglia alle acciaierie di Piombino, dall’Emilia Romagna al prospero Nord Est, passando per Arcore e la Brianza, non si fa distinzione: le prime vittime della crisi sono, come al solito, i lavoratori. Cambiano gli scenari e le ambientazioni ma il copione e i protagonisti sono sempre gli stessi: le aziende chiudono, scattano i licenziamenti, la cassa integrazione (per i più "fortunati"); i lavoratori si mobilitano, organizzano presìdi e proteste, salgono sui tetti delle fabbriche e fanno scioperi della fame. Resta saldo, per fortuna, il senso di solidarietà e di unità che permette di lottare insieme. Ma i numeri dei licenziati, dei cassintegrati, dei senza lavoro sono inesorabili: leggerli è come sgranare un drammatico rosario. 

    Ed è seguendo questo filo rosso che si dipana la narrazione di Gianola, costruita quasi in presa diretta con le storie di lavoratori, sindacalisti, imprenditori, amministratori locali. Antonio, 21 anni, è uno degli operai della Vynils -- azienda chimica di Porto Torres che ha deciso di chiudere i battenti – che hanno organizzato una singolare forma di protesta nell’ex carcere dell’Asinara: "Abbiamo paura -- dice --. Senza un lavoro non ce la possiamo fare. Qui la vita è difficile, se perdiamo il posto fuori non c’è nulla, dobbiamo pensare forse ad andarcene. Se la fabbrica non riparte sarà una catastrofe per tutto il territorio". Antonio fotografa la situazione dell’intera Sardegna, una regione in cui "seicento imprese sono in crisi -- dice Enzo Costa, segretario regionale Cgil --, 150mila sono i disoccupati e più di trecentomila persone vivono sotto la soglia della povertà". E da dove i giovani scappano. Scappare, sì, ma per andare dove? Una volta dal meridione si emigrava verso il ricco Nord, ma oggi? "Ho pensato di trasferirmi al Nord -- confessa Francesco, 43 anni, da venti operaio alla Fiat di Pomigliano d’Arco -- ma non è più il momento: ormai stanno tornando indietro anche quelli che se ne erano andati. I miei amici che erano saliti al Nord hanno perso il lavoro. Senza occupazione non ce la fanno a vivere e tornano a casa, sconfitti anche loro". 

    Già, perché anche al Nord le aziende hanno il fiato corto. E licenziano. A Parma, Faenza, Brescia, Bergamo, Belluno, Porto Marghera. E ad Arcore, a pochi passi dalla villa del premier. Che però pare non accorgersi di quanto sta accadendo. “Siamo in crisi, poche balle -- taglia corto Luca, delegato sindacale della Knorr Bremse --. La gente perde il lavoro anche qui ad Arcore. Berlusconi dovrebbe saperlo, anche se fa finta di niente”. Nella zona sono tante le aziende in crisi: Candy, Beta, Valli&Valli, Nokia, Rhodia, Morse Tec, Peg Perego, Dalmine Tenaris, Yamaha. Ma cavaliere è convinto che la crisi sia passata, o meglio non sia mai iniziata... Di fronte a questa situazione, che mina il tessuto sociale di un paese, la politica è in affanno. Distratta da questioni di pura autoreferenzialità, si dimostra incapace di mettere in campo un progetto organico per affrontare la questione perché mal disposta a porre il lavoro in cima alla lista delle sue priorità. E nelle crepe del sistema si infila l’illegalità. In questo marasma, sembra resistere soltanto il lavoro sommerso. Non soltanto al Sud. Massimo, quarant’anni, ha perso il posto alla Sif di Brindisi: "Fuori non c’è niente, nessuna azienda ti prende a lavorare. Le sole occasioni sono nel lavoro nero". Ma si può costruire un progetto di vita contando su un lavoro illegale e al nero? Intanto la crisi continua. I governi hanno salvato le banche e la grande finanza.Ma a pagare restano i lavoratori. Quanto potrà andare avanti? Il rischio è che questi vedano svanire pure l’ultima speranza: quella di ritrovare un posto di lavoro. È chiedere troppo, chiedere un lavoro per vivere in modo dignitoso? 

Rinaldo Gianola
Diario operaio,
Roma, Ediesse, 2010

pp. 168, euro 10,00    

martedì 22 giugno 2010

Il compagno Nenni e io redattore ragazzino de "La Squilla"

IL SOCIALISTA 

Avevamo lavorato l’intera notte 

Napoli, 2 settembre 1944: il compagno Nenni e io redattore ragazzino de "La Squilla"
di Giuseppe Ariola

Avevamo lavorato l’intera notte, nella Tipografia Barca, per tirare in rosso la testata dell’ “Avanti”. L’energia elettrica, come allora era normale, era mancata e per quattro ore avevamo a turno girato a mano, a lume di candela la grande ruota di ghisa che azionava la pesante stampatrice.

    La testata in rosso delle grandi occasioni: il giorno dopo, il 2 settembre nel salone delle adunanze della Società Operaia in via Egiziaca a Pizzofalcone, si sarebbe tenuto il primo Consiglio Nazionale del Partito Socialista di Unità Proletaria dopo la liberazione di Roma.

    Nel meridione presidiato dalle truppe alleate, le ferrovie erano di fatto inesistenti, le strade dissestate erano percorse dalle colonne militari anglo-americane. A Napoli regnava il colonnello Charlie Poletti.

    Uno alla volta giungevano nella nostra città, con mezzi di fortuna i leggendari capi delle lotte contadine e socialiste del meridione. I fondatori delle leghe, gli animatori delle battaglie contro Giolitti prima e della resistenza al fascismo poi.
Giunsero Pietro e Attilio Mancini da Cosenza, Fioritto da Foggia, Dino Napoli da Melfi, Luigi Cacciatore da Salerno. Da Bari giunsero Gino Barsanti (vecchio socialista marchigiano trasferitosi a Bari durante il fascismo) e Laricchiuta con un giovanissimo Rino Formica, da Campobasso Attilio Rossi, da Potenza Tommasino Pedio e tanti, tanti altri.

    A fare gli onori di casa erano impegnati il Segretario della Federazione Scipione Rossi e il patriarca del socialismo napoletano Giovanni Lombardi, ex deputato e cognato di Ettore Cicciotti.

    Da pochi giorni maggiorenne, ero l’unico redattore fisso, tuttofare e gratuito dell’ “Avanti” settimanale diretto da Nino Gaeta ed insieme alla turatiana Rossellina Balbi dirigevo “La Squilla” organo barricadiero e trotzkysteggiante della Federazione Giovanile Socialista.

    I due giornali si stampavano composti a mano nella tipografia dei compagni Mario, Elio ed Aldo Barca, che ancora si trovava in un seminterrato del grande cortile dell’ex Lanificio, a lato della chiesa di Santa Caterina a Formiello a Porta Capuana.
Avevo impaginato le otto pagine dell’ “Avanti” ed Aldo stava sistemando il piombo sul fondo della macchina, in apertura di prima in neretto bodoni corpo 9 un messaggio di Nenni, che Oreste Lizzadri  aveva portato la sera prima da Roma.
Elio e Mario chini sulle casse di caratteri mobili, aiutati da Saturnino, (un anziano tipografo con la mano sinistra deformata dall’avvelenamento da piombo) stavano componendo “La Squilla”, che la FGS voleva stampata per la sera.

    Seduto allo scrittoio nero d’inchiostro (sovrastato da un grande ritratto di Lorenzo Barca, defunto capo della Lega dei Tipografi socialisti e padre dei tre fratelli, correggevo le bozze di un mio infuocato articolo di fondo ferocemente polemico col Togliatti della svolta di Salerno, col Papa del Concordato, e nel quale, in nome della rivoluzione e della giustizia proletaria, si chiedevano le teste di Badoglio, Vittorio Emanuele ed Umberto di Savoia, complici di Mussolini.

    Un gruppo di persone discese i quattro gradini che portano dal cortile alla tipografia. Erano Oreste Lizzadri, Lelio Porzio, Luigi Renato Sansone, Nino Gaeta ed un uomo magro, insaccato in uno sgualcito vestito marrone che gli ricadeva sulle spalle, collo della camicia slacciato, rotonde e spesse lenti da miope, un basco nero a proteggere la calvizie dal cocente sole napoletano.

    Era Pietro Nenni, il leggendario leader socialista dell’Aventino, dell’esilio, della guerra di Spagna, del carcere, del confino di Ponza, della Resistenza a Roma dopo l’8 settembre 1943. Direttore dell’“Avanti” dal 1923, appena giunto a Napoli aveva voluto vedere dove si stampava, qui, quello che era comunque il suo giornale.

    Sansone ce lo presentò urlandone il nome, con le braccia allargate nel gesto che gli era abituale. Ci emozionammo tutti; Aldo Barca andò subito a chiamare mamma Barca, vecchia ed ardente compagna, professoressa alla quale la fede socialista aveva precluso l’accesso a scuola.
Mamma Barca arrivò ansimante in tipografia ed abbracciò e baciò a lungo, singhiozzando forte il compagno Pietro sorridente e commosso.
Nenni volle vedere le bozze dell’ “Avanti”, si complimentò con me per l’impaginatura, rafforzò un titolo, chiedendomi della Federazione Giovanile Socialista, di cui ero segretario per l’Italia liberata.
La sua cordialità mi fece ardito e gli chiesi di scrivermi subito un pezzo per “La Squilla”. Raggrinzì un attimo le rughe della fronte, fissando dal finestrone la ciminiera annerita ed in disuso del Lanificio, si tolse la giacca, rialzò con la mano destra, che già teneva la penna, gli occhiali sulla fronte mentre sedeva al vecchio scrittoio e su una striscia di carte di bozza, senza una correzione scrisse di Fernando De Rosa. Un giovane socialista, esule in Francia ed in Belgio, che aveva attentato a Bruxelles alla vita di Umberto di Savoia e aveva concluso la sua vita breve ed esaltante morendo da eroe in Spagna, combattendo con le Brigate contro il fascismo.

    Nenni, in brevi periodi essenziali lo indicava a noi, giovani socialisti, come esempio di militanza, di fede, di coerenza politica perseguita sino al sacrificio.

    Volle poi leggere il fondo che avevo scritto per “La Squilla”.
    Lo lesse attentamente, un po’ perplesso, mentre io attendevo ansioso e trepidante il giudizio di uno dei più grandi giornalisti politici del secolo.

    Depose le bozze umide, ricalò gli occhiali sul naso, indossò lentamente la giacca, mi guardò un attimo perplesso; poi, mollandomi una pacca sulla spalla ed illuminando il viso ad un ampio e divertito sorriso, allungando le vocali nel suo accento romagnolo, mi desse “Ma sì, compagno. Un buon articolo, va bene”.

    Poi, rivolto agl’altri “Perdìo! Se non si è giacobini a vent’anni, si finisce codini e clericali a quaranta”.
    Il titolo di questo articolo è “Il giorno in cui conobbi Pietro Nenni” fu scritto in suo onore all’indomani della suo morte, da un anziano giovane socialista che mi insegnò tantissimo.
Che il suo esempio resti sempre vivo nei nostri cuori, anche nei più giovani, e che la sua passione politica ci sia da monito e da stimolo.