giovedì 25 novembre 2010

Chiesa all'assalto

Da MicroMega riceviamo e volentieri pubblichiamo
di Cinzia Sciuto
Come se non bastassero le invettive di Maroni contro Saviano (gravissime, visto che provengono dal ministro dell’Interno), a puntare il dito contro la trasmissione Vieni via con me ci si è messa pure la Chiesa. Stamane il giornale dei vescovi, Avvenire, ha ritenuto opportuno rimediare alla «colpevole lacuna» della trasmissione, che lunedì ha avuto il grave torto di invitare Beppino Englaro e Mina Welby «senza contraddittorio».

    Ora, di grazia, ma in cosa sarebbe dovuto consistere questo contraddittorio? Mina Welby è la moglie di Piergiorgio, malato di distrofia muscolare, che a un certo punto della sua vita, ha ritenuto di non poter più sopportare una situazione che considerava disumana e ha chiesto alla moglie e a un medico di staccargli il respiratore, unica cosa che lo teneva in vita, nel modo più indolore possibile. Beppino Englaro è il padre di Eluana, in stato vegetativo permanente per 17 anni, che ha lottato affinché sua figlia non fosse tenuta in vita artificalmente e a oltranza per chissà quanti anni ancora.

    Il contraddittorio, a leggere Avvenire, doveva consistere nell’invitare qualcuno che, nella stessa situazione di Welby, avrebbe deciso di continuare a tenersi il respiratore e, nella stessa situazione di Beppino, avrebbe continuato la nutrizione artificiale della figlia. In questo contorto ragionamento c’è un piccolissimo particolare che i sedicenti difensori della vita omettono sistematicamente e che inficia irrimediabilmente le loro posizioni: NESSUNO IMPEDISCE A CHI VUOLE CONTINUARE A STARE ATTACCATO A UNA MACCHINA DI FARLO. Mentre, al contrario, a Welby, come a Eluana, era impedito di staccarsene. Tutto qui. Una piccola, grande differenza. Per questo il «contraddittorio» è una fantasma agitato perché sa di politicamente corretto ma è, in questo caso, totalmente fuori luogo.

    Ma tant’è, Avvenire rimedia, pubblicando due elenchi «pro-life» di Fulvio De Nigris (direttore del centro Studi per la ricerca sul coma) e di Mario Melazzini (presidente dell’Aisla). Leggiamoli allora questi elenchi. Scrive De Nigris: «... Essere liberi di vivere vuol dire permettere agli altri di vivere (c’è qualcuno che vuole forse impedirlo?); ... la vita non va giudicata, va condivisa (appunto, la vita, anche quella di Piergiorgio Welby, non va giudicata); ... riconoscere altri stili di vita (?);... diamo la libertà di scegliere, ma non lasciamo le persone in solitudine (se c’è un uomo che solo non è mai stato, questo era proprio Piergiorgio);... guardate questa moltitudine di famiglie che si sente offesa (ma chi può davvero sentirsi offeso dalle parole di Mina Welby) ...».

    Melazzini esordisce con una finta domanda assolutamente insensata: «Diritto di morire o libertà di vivere?» E dove sta l’opposizione? La mia libertà di vivere si spinge (se tale davvero è) fino all’estremo, ossia al riconoscimento del mio diritto di decidere se, quando e come morire. Poi Melazzini si lancia in un ragionamento pericolosissimo: «La dignità della vita, di ogni vita, è un carattere ontologico dell’essere umano e non dipende dalla qualità della sua vita». Come dire: la qualità della tua vita è un accidente passeggero di questa vita terrena, fattene una ragione, sopporta qualunque condizione ché tanto la tua dignità è «ontologica».

    Poi continua con affermazioni apparentemente condivisibili, ma che nascondono una trappola: «Oggi, una certa corrente di pensiero ritiene che la vita in certe condizioni si trasformi in un accanimento e in un calvario inutile, dimenticando che un’efficace presa in carico e il continuo sviluppo della tecnologia consentono anche a chi è stato colpito da patologie altamente invalidanti di continuare a guardare alla vita come a un dono ricco di opportunità e di percorsi inesplorati prima della malattia». Come se ci fosse qualcuno – forse Mina Welby? - che si oppone al progresso tecnologico che consente di migliorare la qualità della vita (ma non era questione secondaria?) dei malati.

    Il punto, continuamente inevaso, è sempre lo stesso: CHI DECIDE? Chi decide se la mia vita è un dono o una tortura per me che la vivo? E poi, se la vita è un dono, avrò io il diritto di rifiutarlo?      

martedì 16 novembre 2010

Feltri sanzionato

Riceviamo e volentieri pubblichiamo


La Società Pannunzio per la libertà d'informazione, che denunciò il direttore del "Giornale", si dichiara soddisfatta della sanzione inflitta dall'Ordine dei giornalisti a Feltri.

Enzo Marzo
Società Pannunzio per la libertà d'informazione

Se in un guizzo di dignità il Consiglio Nazionale dell'Ordine dei Giornalisti ha confermato la condanna a Vittorio Feltri per violazione del codice deontologico e ha deciso in via definitiva di sospenderlo dalla professione giornalistica, la Società Pannunzio per la libertà d'informazione, che denunciò il direttore del "Giornale", si dichiara soddisfatta dell'esito della vicenda. Certo, la riduzione quantitativa della sanzione, scaturita peraltro grazie a un tecnicismo formale, appare pilatesca.

    Tuttavia, la Società Pannunzio considera rilevante il riconoscimento conclusivo che nel caso Boffo vi è stata una grave violazione che disonora la professione giornalistica. Il commento a caldo di Feltri dimostra che purtroppo ci sono Direttori che non conoscono la legge sulla stampa del 1948. Infatti, siamo pronti a dimostrare che, in questa vicenda, mai è stata pubblicata una rettifica nei termini stabiliti dalla legge,  né mai Feltri ha comunicato ai suoi lettori di averli ingannati falsificando l'origine della fonte della notizia da lui data su Boffo.

    Come noi, in solitudine, denunciammo. Tuttora Feltri persevera nel vano tentativo di imbrogliare le carte, anziché di chiedere scusa ai suoi lettori.




Eutanasia, i vescovi controlo Spot "fuorilegge"

(rr) Una “attività di premeditato bullismo politico e culturale”: in questo senso, accusa Avvenire, va interpretato lo spot televisivo favore dell'eutanasia realizzato dall’associazione Exit International e proposto in Italia dall’associazione Luca Coscioni e dal Partito Radicale.

    Il video, vietato in Australia e trasmesso ieri in anteprima da Telelombardia, secondo il quotidiano della Cei, sarebbe soltanto l'ennesimo tentativo, da parte di quei “promotori del nuovo abbordaggio a quello che chiamano 'tabù' ma che è semplice senso comune presidiato dal diritto”, di delegittimare la nostra classe politica e “blandire l'opinione pubblica” facendo vedere il “volto 'libertario' e 'pietoso'” dell'eutanasia.

     “Va ricordato agli smemorati – continua Avvenire – che il Codice penale sanziona con chiarezza l''omicidio del consenziente', la fattispecie sotto la quale ricadono eutanasia e suicidio assistito'. Si spera dunque, prosegue il giornalista Ognibene nell'indignato editoriale, che “l'Autorità garante delle comunicazioni, alla quale i radicali si sono rivolti per chiedere il via libera allo spot della morte, faccia il proprio dovere fino in fondo fermando questa inutile provocazione”.

    Provocazione che, invece, secondo il professor Umberto Veronesi, non può più non essere colta. L'argomento eutanasia, sostiene l'oncologo, “non si può più ignorare, è un problema che va dibattuto anche se è difficile avere una posizione definitiva. Ma non si può ignorare quello che hanno già fatto Olanda, Belgio e Lussemburgo, o Germania e Scandinavia dove è stata depenalizzata, cosa che sta per accadere anche in Spagna".

    Sarebbe dunque forse il caso di ricordare proprio a chi si erge a difensore della (sempre più) fragile “cristalleria di valori condivisi da un intero popolo” che la questione-tabù dell'eutanasia non deve essere affrontata come una qualsivoglia competizione sportiva in cui gareggiano i giocatori pro-vita e quelli pro-morte.

    Suicidio assistito, dolce morte, eutanasia sono tutti termini con cui si vuole e si deve descrivere semplicemente il diritto ad una scelta: quella di abbandonare nella maniera più 'opportuna' una (non) vita fatta di dolore e sofferenza. Non esiste una morte 'buona', l'Oscura Signora è ancora un mistero per gli uomini che, però, probabilmente, potrebbero prenderla per mano e accompagnarsi a lei in maniera più dignitosa. Se solo fossero davvero liberi. (F.U.)

Vai al video dello spot:
http://www.lucacoscioni.it/spot_pro-eutanasia



Occorre, però, discernimento tra l'eutanasia "passiva" e "attiva"
 
Una valutazione molto generale del problema "eutanasia" può forse prendere le mosse dal principio secondo cui la vita di una persona si configura come un bene "indisponibile".

    La vita di una persona non ha un "prezzo", ma solo una sua incommensurabile "dignità".
    Una persona non "appartiene" a nessuno, neanche alla persona stessa. Una persona "è" (ma non "ha") la "sua" esistenza.

    Ci si domanderà: ma, allora, se la “mia” vita non mi appartiene fino in fondo, allora di chi è? Non ci si lasci trarre in inganno dal possessivo (si dice "mia moglie", "mio marito", "mia figlia", "mio figlio" ecc., ma senza intendere un rapporto proprietario).

    Bisogna semplicemente accettare che la vita umana si sottrae a categorie come quelle del possesso, della proprietà ecc.

    Tuttavia, quello che una persona effettivamente "ha", in rapporto alla propria vita, è la responsabilità. A ciascuno, responsabile della propria vita, va perciò stesso riconosciuta la facoltà di non accettare cibo, acqua, medicine, terapie.

    In tal senso ognuno, in condizioni normali, possiede già la legittima facoltà naturale di determinare la propria morte, se proprio la vuole. Questa naturale facoltà si manifesta secondo modalità passive e indirette, senza bisogno di mettere in atto gesti inconsulti e violenti.

    Se vogliamo partire di qui per definire l'eutanasia, cioè se vogliamo partire da una specie di sciopero della fame o della sete, delle medicine o delle terapie, quali potrebbero essere, di grazia, le contro-argomentazioni?

   E, inversamente, quale ratio possiamo rappresentarci come sufficiente a oltrepassare, invece, il limite naturale di cui sopra? Come giustificare atti capaci di effettivamente "dare la morte" a qualcuno?

    La questione si diparte in due direzioni. Da un lato ci si può domandare se sia lecito "staccare la spina" a un paziente in coma irreversibile, non più in grado d'intendere e di volere – come nel caso di Eluana Englaro. Dall'altro lato ci si pone la domanda se sia lecito "aiutare" un uomo a morire, mentre questi – come nel caso di Luca Coscioni – possiede intelletto e volontà, ma non più la capacità motoria di attuare la propria decisione di morire.

    Nel primo caso, quello di Eluana, sarebbe fuorviante parlare ancora di una vita "personale".
    Eluana cessò di vivere una "sua" vita quando il coma divenne irreversibile, quando cioè la morte cerebrale calò su di lei.

    Una volta appurata la morte cerebrale – con tutta l'accuratezza e la serietà di cui le conoscenze medico-scientifiche ci rendono capaci nell’appurare un caso così doloroso – noi riteniamo lecito cessare ogni accanimento terapeutico, esattamente come infine è avvenuto, nonostante l'inqualificabile gazzarra neo-clericale montata ad arte, e per scopi inconfessabili, da gente a cui di Eluana non importava nulla.

    In senso proprio si può parlare di "eutanasia" solo nel caso cioè in cui sia ancora realmente in gioco la vita di una persona: che si definisce come soggetto capace, quanto meno sul piano potenziale, d'intendere e di volere.

    Il problema si pone quando una "persona" abbia assunto la decisione di morire, senza poter realizzare questa decisione.

    Attenzione, però, la decisione di morire è assunta in questo caso sulla base di quella che, alla fine dei conti, non possiamo che definire un'opinione: l’opinione, segnatamente, secondo cui la propria vita non è degna di essere ulteriormente vissuta.

    Dobbiamo essere consapevoli di questo aspetto della questione, perché nessuna opinione, per quanto sofferta, può apparirci sufficiente a legittimare un omicidio.

    "Non uccidere", dice la Legge.
    Non significa che nessuno può rivendicare il "diritto" di uccidere nessuno, nemmeno se stesso?
    Certo, nella vita e nella storia umana, possono darsi infinite situazioni nelle quali il "Non uccidere", che vale in linea di diritto, entra poi, e talvolta ferocemente, in contraddizione con se stesso (ad esempio nel caso della legittima difesa).

    Ma non possiamo certo esaminare qui tutte le fattispecie; qui ci basta focalizzare un principio generale chiaro e comprensibile a tutti. E poiché il nostro punto di partenza è la dignità personale, non possiamo che mantenere fermo il criterio secondo cui nessun'opinione potrà mai bastare a togliere la vita a qualcuno, nemmeno nel caso in cui sia questo qualcuno a volerlo, in conseguenza di atroci dolori.

    Per sedare i dolori ci sono gli antidolorifici.
    Ora, se nessuno (e quindi neanche la persona stessa) pare avere diritto di causare direttamente la morte di un essere umano sulla base della propria opinione, non si vedono argomenti plausibili a favore dell'eutanasia "attiva".

    Restano invece buone ragioni a favore dell'eutanasia "passiva", cioè a favore dell'astensione da ogni terapia (eccettuata quella antidolorifica) una volta che il paziente abbia confermato una sua decisione in questo senso.

    In conclusione, l'impiego di agenti letali, anche conforme alla volontà del paziente, ci appare inaccettabile: la vita personale non è una grandezza disponibile.

    Ma, del pari, la somministrazione forzata di terapie sulla base di una qualsiasi imposizione autoritativa (sanitaria, statuale, morale o religiosa) la quale si opponga alla volontà del paziente sarebbe anch'essa del tutto inaccettabile: nemmeno la coscienza individuale è una grandezza disponibile. (A.E.)

filosofia morale

Riceviamo e volentieri segnaliamo

::: FAHRENHEIT :::

Settimana dal 15 al 19 novembre

È la filosofia morale a inaugurare la nuova settimana di Fahrenheit: ospite in apertura del programma, lunedì, è Eugenio Lecaldano, che ha da poco scritto, per l?appunto, Prima lezione di filosofia morale. Lo stesso giorno, nel consueto spazio di approfondimento (alle 17,00), racconteremo il convegno fiorentino organizzato dal Coordinamento delle riviste culturali, che avrà luogo martedì mattina col titolo ?Le riviste italiane di cultura e il loro ruolo nel XXI secolo?.

    Per il Libro del giorno, sempre lunedì, ospiteremo il critico Andrea Cortellessa, con cui parleremo di Si riparano bambole (Bompiani), una delle opere più rappresentative dello scrittore siciliano Antonio Pizzuto (scomparso il 23 novembre del 1976).

    Martedì incontreremo, in apertura, Michele Rak, critico letterario e storico della cultura, che a partire dal suo libro La letteratura di Mediopolis, cerca di captare i mutamenti nel sistema dei media. Nell?approfondimento delle 17,00 sarà nostro ospite il vignettista Francesco Tullio Altan, inventore di Cipputi e della Pimpa. Altan è in questi giorni a Roma per la mostra che gli dedica la galleria Tricromia.

    Per Libro del giorno, restando a martedì, sarà con noi il regista e attore Marco Baliani, che ha riadattato per il teatro il romanzo di Curzio Malaparte, La pelle.

    Mercoledì sarà dedicato a esponenti della cultura europea: in apertura, sarà con noi il giornalista e scrittore svedese Peter Froberg Idling, che nel suo libro Il sorriso di Pol Pot racconta la sua vita in Cambogia. Mentre per il Libro del giorno, parleremo con uno dei più controversi scrittori d?oggi, il francese Michel Houellebecq, reduce dalla recente vittoria del Prix Goncourt col suo La carta e il territorio (Bompiani).

    Giovedì, in apertura, parleremo con Giangiacomo Nardozzi del suo Il futuro dell'Italia, un viaggio tra le piccole aziende del Paese per analizzare le ragioni di una delle più gravi crisi economiche, che ha colpito molto duramente gli oltre 300 mila imprenditori di questo settore.

    In chiusura della settimana, venerdì, dedicheremo una puntata speciale alla Giornata per la prevenzione dell'abuso e della violenza sui bambini.

    Le parole del Vocabolario migrante sono affidate, questa volta, a Jasmine Taskin, giornalista turca, corrispondente da Roma del quotidiano Sabah.

www.fahre.rai.it
fahre@rai.it   

mercoledì 10 novembre 2010

Ricordiamo Angelo Vassallo

Riceviamo e volentieri segnaliamo


Questa sera maratona online in memoria del sindaco di Pollica assassinato dalla camorra due mesi fa. In diretta video dalle 19.30 a mezzanotte su un network di oltre cento siti: da grandi testate a micro web tv

Questa sera (5 novembre), a due mesi dall’assassinio del sindaco di Pollica Angelo Vassallo, dalle 19.30 alle 24 andrà in onda a "rete unificata" la maratona online "Cose nostre: per la legalità e la cultura, ricordando Angelo Vassallo". Una maratona “a rete unificata” per la legalità e la cultura in onda dalle 20 alle 24 (con un'anteprima dalle ore 19.30).

    Il progetto è promosso da Federazione FEMI, Ipazia Preveggenza Tecnologica e dal network delle micro web tv, Altratv.tv. Un'iniziativa importante per ricordare il sindaco assassinato dalla camorra. Rassegna.it trasmetterà in diretta l’iniziativa. Ad oggi irradieranno anche RadioArticolo1, Rainews24.it, Repubblica TV, Corriere della Sera.it, LaStampa.it, Current, l'Unità, L’Espresso.it, Il Fatto Quotidiano, YouDem, Wired, Sapere.it, Treccani. Per trasmettere la diretta sul proprio sito basta iscriversi su www.cosenostre.tv.

    Tra gli ospiti: Riccardo Iacona (Rai), Davide Scalenghe (Current), Carmen Lasorella (San Marino RTV), Giordano Sangiorgi (MEI), Giuseppe Bianco (Procura di Firenze), il documentarista Piero Cannizzaro, Corradino Mineo (RaiNews24), Laura De Merciari (Slow Food), Manuela Iatì (SkyTg24), Michele Dotti (Anticasta), Arianna Ciccone (Valigia Blu), Giancarlo Caselli (Procura di Torino), Alberto Cisterna (DNA), Antonio Polimene (Ipazia Promos), lo scrittore Nicolai Lilin.

    Tra gli ospiti in studio a Bologna, intervistati da Giampaolo Colletti (Nòva24 e Altratv.tv-FEMI) e Francesca Fornario (l'Unità): Davide Scalenghe (Current), Giordano Sangiorgi (MEI), Giuseppe Bianco (Procuratore di Firenze), Roberto Ippolito (autore de “Il bel Paese maltrattato”, Bompiani), Piero Cannizzaro (documentarista), Flavio Tranquillo (autore de “I dieci passi”), Laura De Merciari (Slow Food). Tra i contributi: Riccardo Iacona (Rai3), Massimo Fini (Movimento Zero), Giancarlo Caselli (Procuratore di Torino, già procuratore capo Antimafia a Palermo), Tommaso Tessarolo (Current), Corradino Mineo (RaiNews24), Sofia Bosco (FAI), Alberto Cisterna (Direzione Nazionale Antimafia), Michele Dotti (autore de “L'anticasta”, EMI), Nicola Gratteri (Procuratore Tribunale di Reggio Calabria), Manuela Iatì (SkyTg24 e autrice “Avvelenati”), Nicola Trifuoggi (Procuratore di Pescara).

    Collegamenti in diretta satellitare da Pollica grazie a Telecolore e da Salerno con Angelo Di Marino, direttore de “La città di Salerno”.

    Collegamenti in webcam via Skype con Torino: dagli studi di Libre ci saranno Pino Masciari (imprenditore e autore del libro “Organizzare il coraggio”, Add Editore), Nicolai Lilin (autore dell'Educazione Siberiana, Einaudi), Maurizio Pallante (Movimento per la decrescita felice), Carla Mattioli (sindaco di Avigliana). Collegamento in webcam via Skype da Roma con gli studi di Luiss TV dall'Università Luiss e con L'Aquila, insieme a Tommaso Tani di Valigia Blu per denunciare i rischi di infiltrazioni mafiose nella fase del post-terremoto.

    Collegamento anche con Polistena (RC): dalla micro web tv Punto e basta ci saranno Giovanni, Aldo Pecora e Rosanna Scopelliti (Ammazzateci tutti). Da Latina intervengono Antimo Lello e Antonio Turri (Associazione Libera). Collegamento in diretta con l'Università di Palermo: dalla web radio Libertà di Frequenza. Spazio anche agli interventi esteri: sempre in webcam via Skype da Toronto parteciperà Antonio Nicaso (giornalista, esperto di 'ndragheta internazionale), da Parigi Francesco Piccinini (Agoravox), da New York Andrea Masu (Alterazionivideo – Incompiuto Siciliano). In trasmissione le “incursioni” di Stefano Andreoli (Spinoza.it)