lunedì 17 febbraio 2014

Due appuntamenti a Bruxelles

Riceviamo e volentieri segnaliamo
EMIGRAZIONE ITALIANA - 1
  
Giovedì 13 febbraio alle ore 18:30 iniziativa pubblica "Rifiuti, da problema a opportunità-Soluzioni per la crisi dei rifiuti in Italia e nuove sfide europee". Intervengono: Pia Bucella, Direttore, DG Ambiente, Commissione Europea e Daniele Fortini, Presidente Federambiente.
 
Venerdì 14 febbraio, sempre alle 18:30, si terrà l'incontro "Eurocrisi, come ci siamo entrati e come se ne esce?". Intervengono: Fabio Colasanti, ex dirigente della DG ECFIN durante i negoziati per la creazione dell'unione monetaria e Paolo Pasimeni, economista.
 
Entrambi gli appuntamenti si terranno alla sede di Rue Major Dubreucq 40 – Bruxelles - www.pdbruxelles.eu

Due appuntamenti a Bruxelles

Riceviamo e volentieri segnaliamo
EMIGRAZIONE ITALIANA - 1
  
Giovedì 13 febbraio alle ore 18:30 iniziativa pubblica "Rifiuti, da problema a opportunità-Soluzioni per la crisi dei rifiuti in Italia e nuove sfide europee". Intervengono: Pia Bucella, Direttore, DG Ambiente, Commissione Europea e Daniele Fortini, Presidente Federambiente.
 
Venerdì 14 febbraio, sempre alle 18:30, si terrà l'incontro "Eurocrisi, come ci siamo entrati e come se ne esce?". Intervengono: Fabio Colasanti, ex dirigente della DG ECFIN durante i negoziati per la creazione dell'unione monetaria e Paolo Pasimeni, economista.
 
Entrambi gli appuntamenti si terranno alla sede di Rue Major Dubreucq 40 – Bruxelles - www.pdbruxelles.eu

Destra svizzera

Riceviamo e volentieri segnaliamo
EMIGRAZIONE ITALIANA - 2
 
Il risultato della votazione popolare sull'iniziativa della destra xenofoba contro l'immigrazione di massa è rivelatore di umori, paure e sentimenti antistranieri che credevamo alle nostre spalle, mentre continuano invece ad agitare componenti importanti della società elvetica. Al di là delle problematiche sociali che si sono acuite in alcune aree della Confederazione, il voto ripropone di fatto una questione identitaria non risolta che si esprime a scadenze regolari sui temi dell'immigrazione. E tuttavia il voto ci dà un quadro frammentato, su cui chi si batte per una Svizzera aperta e solidale deve riflettere: si ripropone in primo luogo il famoso Roestigraben, ossia la differenza di prospettiva tra Svizzera tedesca, dove ha prevalso il si all'iniziativa xenofoba, e Svizzera francese, dove invece essa è stata respinta con un no compatto ed omogeneo. Un caso a sé è la posizione del Canton Ticino, una regione in cui alcune difficoltà effettive nel mercato del lavoro hanno dato la stura ad un forte riflesso anti italiano, che si è espresso in un voto plebiscitario a favore dell'iniziativa xenofoba. Altrettanto interessante è la differenza nel voto delle grandi aree urbane, in cui ha prevalso il no, rispetto al voto dei cantoni interni e periferici che hanno accolto l'iniziativa. Peraltro il no all'iniziativa antistranieri è stato netto proprio nelle città in cui più alta è la presenza di immigrati e più radicate sono le relazioni sociali e culturali con essi, mentre il sì ha avuto ampi consensi in aree della Svizzera meno interessate dai fenomeni migratori.
    Con questa iniziativa, che liquida l'accordo sulla libera circolazione e reintroduce il sistema dei contingenti, la Svizzera torna ad una politica di immigrazione legata esclusivamente ai fattori congiunturali dell'economia locale. Di fatto i migranti tornano ad essere "braccia e non uomini". Le conseguenze le pagheranno i tanti cittadini dell'Unione Europea che nei prossimi anni si vedranno precluso l'accesso al mercato del lavoro svizzero, i lavoratori frontalieri lombardi, colpevolizzati come la causa del dumping salariale nel Canton Ticino, ma potrebbero pagarle anche le nostre comunità di vecchia data non più garantite da alcune protezioni della legislazione europea. Non per niente, tra gli scenari prefigurati dalla destra vi è la riedizione del famigerato statuto dello stagionale a cui si legano le pagine più tristi dell'emigrazione italiana in Svizzera.
    Tutto questo ci appare come un atto di ingratitudine, soprattutto se si pensa che la Svizzera vive una fase di alta congiuntura e di grandi successi economici, realizzati soprattutto grazie soprattutto all'apporto qualificato di centinaia di migliaia di lavoratrici e lavoratori provenienti dall'Unione Europea e dai cosiddetti Paesi terzi. E tuttavia nella propaganda xenofoba, rozza e poco attenta a tutte le implicazioni problematiche della loro sciagurata iniziativa, non è stato messo in conto che liquidando la libera circolazione si aprono per la Svizzera una serie di interrogativi di difficile soluzione in tema di rapporti con l'Unione Europea. Di fatto si mette in discussione l'intero assetto degli accordi bilaterali Svizzera-UE da cui la Svizzera trae non pochi vantaggi e che spaziano dalla libera circolazione alla ricerca, dall'accesso al mercato energetico ai rapporti commerciali ed economici. Dal nostro punto di vista di italiani residenti in Svizzera si aprono anche interrogativi inquietanti sulla regolazione non solo dei nuovi immigrati, ma anche delle comunità tradizionali qui residenti, compresa la nostra.
    Come dimostrano le reazioni a caldo dell'intera Europa il risultato della votazione svizzera non riguarda solo il destino di questo paese. Esso costituisce un grave segnale di incoraggiamento per quanti nell'Unione Europea predicano il ritorno a logiche protezionistiche e nazionalistiche. Significativo a questo proposito che uno dei primi messaggi di felicitazioni per il voto elvetico sia giunto da Marine Le Pen! Ed è interessante notare l'imbarazzo evidente dei nostri leghisti, posti di fronte alla constatazione che c'è sempre qualcuno più a nord di te!
    Il voto svizzero è il risultato di una campagna martellante della destra a cui una parte della sinistra ha risposto con voce troppo flebile e anche con qualche messaggio contraddittorio. Ci sembra a questo proposito importante ricordare la posizione scandalosa dei verdi ticinesi che, in contrasto con il movimento ecologista svizzero, hanno sostenuto l' iniziativa antistranieri. Non v'è dubbio che in questo risultato paghiamo la grave ed evidente sottovalutazione che vi è stata da parte della nostra emigrazione organizzata, del sindacato e della sinistra svizzera nel suo complesso. L'alta affluenza al voto dimostra invece che si è trattato di un appuntamento storico, che rischia di avere conseguenze pesanti e di lungo periodo. Un maggior impegno nella campagna avrebbe ribaltato il risultato! Da questa constatazione critica ed autocritica, anche noi, circolo di SEL impegnati nella realtà dell'emigrazione italiana in Svizzera, dobbiamo ripartire per contribuire a ricostruire un progetto di Paese aperto e solidale e per promuovere, anche in un contesto difficile come quello emerso dal voto del 9 febbraio, l'idea di una Europa più democratica e sociale.
 
SEL Svizzera, Basilea

Una vittoria di Pirro?

Riceviamo e volentieri segnaliamo
EMIGRAZIONE ITALIANA - 3
  
Le ACLI della Svizzera esprimono rammarico per il SÌ del popolo svizzero all'iniziativa contro l'immigrazione di massa.
 
L'esultanza degli iniziativisti per l'esito delle urne può rivelarsi una vittoria di Pirro.  Non è però ora il caso di scaricare le colpe sugli uni o sugli altri, ma una cosa è certa: ampi settori della politica e dell'economia devono chiedersi come potranno rispondere concretamente a questo mandato popolare senza ledere gli interessi della Svizzera e senza infrangere impegni già assunti in particolare con l'Unione Europea (UE). Non si tratta di un voto contro gli stranieri ma contro l'immobilismo generale che non ha saputo interpretare i segnali provenienti dalla società civile, dalle lavoratrici e dai lavoratori, dai sindacati per l'introduzione di misure correttive e di accompagnamento che potessero compensare gli squilibri del mercato del lavoro, arginare il dumping salariale e alleggerire la pressione sul territorio.
    L'adozione su larga scala di contratti collettivi di lavoro o di salari minimi avrebbe evitato di premiare timori e paure su una presenza eccessiva di stranieri pur rispettando gli accordi bilaterali con l'UE. La speculazione fatta da ambienti politici ed economici sulla pelle dei lavoratori ha portato a questa situazione di incertezza. È giunto il momento di individuare le soluzioni senza se e senza ma. Non sarà facile per il Consiglio Federale. L'UE ha già fatto sapere che giudica la libera circolazione delle persone una libertà essenziale data per acquisita in tutti gli Stati dell'Unione. Il prezzo da pagare per la Svizzera potrebbe essere talmente alto da comprometterne in prospettiva la crescita economica, avvenuta grazie anche al lavoro degli stranieri, e ridurre il benessere acquisito.
    Le Acli intendono comunque continuare ad impegnarsi per un'integrazione del mercato europeo senza calpestare i diritti di tutti i cittadini e il principio di solidarietà.
 
ACLI - Svizzera, Lugano

L’utilità dell’inutile

Da vivalascuola riceviamo
e volentieri pubblichiamo
  
Il sapere non specificamente aziendalistico
sta sparendo dalle nostre scuole?
 
di Giorgio Morale
 
Si succedono gli appelli in difesa della cultura umanistica, dell'insegnamento della Filosofia, della Geografia, della Storia dell'Arte, dell'Educazione Musicale. Appelli in difesa del liceo classico. Il sapere non specificamente aziendalistico sta sparendo dalle nostre scuole?
Su vivalascuola si pone il problema a partire dal libro di Nuccio Ordine L'utilità dell'inutile su cui riflette Donato Salzarulo:
 
 
Con qualche domanda anche per la ministra Carrozza. Nei suoi programmi troviamo infatti digitalizzazione, potenziamento dell'istruzione tecnico-professionale, un anno in meno di scuola, una scuola per imparare a lavorare, una scuola fatta di stage e tirocini! La scuola della "alternanza scuola-lavoro" che piace a Confindustria!
A chi giova la diffusione di un'idea di sapere rivolto esclusivamente al profitto? A chi il potenziamento dell'analfabetismo?

mercoledì 5 febbraio 2014

Convegno - VIVA IL SOCIALISMO

VIVA IL SOCIALISMO

Nel centoventesimo di attività della Federazione Socialista Italiana in Svizzera

Cooperativo / St. Jakobstr. 6 / CH 8004 Zurigo

Zurigo, domenica 23 febbraio 2014, ore 10.15

 

Relatori:

Valdo Spini, La buona politica e l’impegno di un socialista

presidente dell’Associazione Istituzioni di Cultura Italiane,

già Ministro dell'Ambiente e Ministro per le Politiche Comunitarie

 

Laura Garavini, La buona politica e la lotta alla criminalità

parlamentare (PD), componente della Commissione Antimafia

e della Commissione Esteri della Camera

 

Interventi di:

Paolo Bagnoli (Firenze), Per un reinsediamento socialista in Italia

Felice Besostri (Milano), Leggi elettorali, Costituzione, Democrazia

Anna Biondi (Ginevra), Un mondo di lavoro

Mauro Del Bue (Bologna), Socialismo italiano

Mattia Lento (Zurigo/Milano), Un grand old man di nome Ettore

Francesco Papagni (Lucerna), Religiöser Sozialismus in Zürich

Fabio Vander (Roma), Leopardi, la politica e la "social catena"

Conradin Wolf (Zurigo), Würde und Menschenrechte

 

Presiedono:

Vreni Hubmann (Zurigo), presiede la sessione antimeridiana

Andrea Ermano (Zurigo), presiede la sessione pomeridiana

 

Ø  Sui prossimi numeri dell’ADL il programma del convegno

 

 

IPSE DIXIT

Seguite gli esempi migliori - «Quelli di coloro che abbandonano tutto per costruire un futuro migliore.» – Salvador Allende

 

Parliamo di socialismo - Che cosa possiamo fare?

FONDAZIONE NENNI

http://fondazionenenni.wordpress.com/

 

di Giuseppe Tamburrano

 

Vi ricordate quando ci chiamavamo “compagni”? Eravamo socialisti perché credevamo che gli esseri umani sono tutti liberi e uguali. E a chi ci accusava di essere “totalitari” noi rispondevamo con le parole di Marx che definiva la società socialista una comunità di liberi ed eguali aggiungendo che noi lottavamo per una società in cui la libertà di ciascuno è la condizione per la libertà di tutti.

Questo era, fu, il socialismo. Inventato da Marx? No, aggiornato da Marx. Perché il socialismo è antico. Nasce il giorno in cui qualcuno recintò un pezzo di terra e dichiarò bellicosamente: “Questo è mio”.

E ricordo quella vignetta di Scalarini nella quale si vede Cristo che esce da una sezione di “Popolari”, tutti proprietari, e si dirige verso la sezione socialista.

E chi non si è commosso nel leggere la “Predica di Natale” di Prampolini? E chi non è stato toccato dal sentimento di quella compagna che ha definito Matteotti “Cristo laico”?

Poi è venuto Lenin che ha dettato: “Qui bisogna sbaraccare tutto e sulle macerie del capitalismo costruire la nuova società”. Hanno sbaraccato tutto, ma hanno costruito una nuova società fondata sul rovesciamento della frase di Marx: “Una società in cui il tuo asservimento è la condizione per il mio potere”.

E quegli altri, i socialisti? Senza la sanguinaria brutalità dei comunisti, ma con congressi ed elezioni hanno dissanguato il socialismo, ridotto ad un ectoplasma.

Forse io non capisco che un’epoca storica, che un evo storico è compiuto.

Ma se leggo sui giornali quanto guadagna un manager rispetto a un operaio, se noto che quell’operaio è fortunato perché comunque guadagna un salario, se noto che il numero di chi non ha un salario, specie tra i giovani, perché senza lavoro, se leggo le cifre crescenti dei poveri, degli abbandonati, degli esclusi, dei senza casa, se comparo gli scandalosi privilegi alle disumane miserie, mi dico: ma andrà sempre così? Che cosa possiamo fare?

 

Annarella Schiavetti Rotter

Ciao, Annarella

Annarella Schiavetti Rotter

(8.9.1921 - 8.1.2014)

Si è spenta, dopo una vita lunga e appagata, Annarella Schiavetti Rotter, pittrice, esponente storica dell’emigrazione antifascista, dirigente socialista, figlia di Fernando Schiavetti (padre costituente) e Giulia Bondanini (co-fondatrice dell’Unione Donne Italiane).

La cerimonia di commiato ha avuto luogo il 20 gennaio scorso alla presenza dei familiari, di un ristretto gruppo di amici e di una delegazione del Centro estero socialista di Zurigo.

Durante la cerimonia i figli di Annarella hanno illustrato, con l’ausilio di una toccante sequenza fotografica, il percorso umano e artistico della madre.

A conclusione della cerimonia di commiato, la prof.ssa Elettra Curetti Schaerrer ha letto un messaggio di cordoglio inviato da Enzio Volli, che riparò in Svizzera nei primi anni Quaranta a causa delle leggi razziali.

L’avv. Volli ha ricordato come la famiglia Schiavetti seppe allora offrire vero conforto e vero esempio morale a una nuova generazione di giovani antifascisti, riuniti a Zurigo nel “Gruppo italiano di cultura Piero Gobetti”, cui aderirono tra gli altri l’eroe della resistenza Luciano Bolis e il grande poeta Franco Fortini Lattes.

 

domenica 2 febbraio 2014

La meglio integrazione

Da vivalascuola riceviamo
e volentieri pubblichiamo
  
di Giorgio Morale
 
Carissimi, vivalascuola dedica questa settimana una puntata alleclassi-ghetto:

http://lapoesiaelospirito.wordpress.com/2014/01/13/vivalascuola-159/

Infatti si predica l'inclusione e si pratica la separazione. Nell'anno in cui si parla di BES (Bisogni Educativi Speciali), si allestiscono classi separate per studenti stranieri: classi-ghetto a Bologna, come prima ad Alte Ceccato (Vicenza), a Costa Volpino (Bergamo), a Landiona (Novara)... 
    La Lega Nord ne approfitta per riproporre le "classi separate per i bambini stranieri che non sanno l'Italiano", ignorando quanto dicono linguisti ed esperienze: che la migliore integrazione si realizza sui banchi di scuola
    In questa puntata di vivalascuola Marina Boscaino fa un quadro della problematica dell'inclusione degli studenti stranieri nella scuola italiana, Carmelo Cassalia avanza alcune proposte, Beatrice Damiani esprime il disagio dell'insegnante quando la scuola diventa un ghetto.
    Completano la puntata materiali sull'argomento e le notizie della settimana scolastica.

C’è un futuro per la nazione italiana?

Da MondOperaio
  
di Gianfranco Sabattini
 
Dopo una prima edizione alla vigilia della celebrazione dell'Unità d'Italia, Emilio Gentile ha ridato alle stampe un suo vecchio saggio, con un capitolo aggiuntivo nel quale azzarda qualche previsione sul futuro della nazione e dello Stato. "Né Stato né nazione. Italiani senza meta", è il titolo del saggio, nel quale Gentile riespone la considerazione che la nazione è tuttora il principio che legittima il "vivere insieme" di un popolo, organizzato nel territorio di "uno Stato sovrano e indipendente"; e rievocando una riflessione di Ernest Renan afferma che la nazione, cioè la persistenza del "vivere insieme", è un plebiscito di quasi tutti i giorni, nel senso che nei paesi in cui sono frequenti le consultazioni elettorali, com'è avvenuto in Italia nell'ultimo mezzo secolo, tale plebiscito viene rinnovato quasi senza soluzione di continuità nel tempo.
    Ma a differenza delle altre nazioni organizzate all'interno del loro Stato, i continui plebisciti elettorali sono valsi in Italia a fomentare divisioni, in presenza di contrapposizioni ideologiche, culturali e territoriali; ed anche con il crollo delle ideologie e la fine della divisione del mondo in "blocchi" irriducibili che ne erano un'importante causa, le divisioni sono cresciute, grazie alla frammentazione dei partiti, alla municipalizzazione della politica, alla personalizzazione del potere e alla contrapposizione tra principi "non negoziabili". Ricordando Renan, Gentile ammonisce che la nazione si regge su rapporti di solidarietà tra tutti i suoi componenti, che trovano la loro origine nel sentimento dei sacrifici compiuti e di quelli che si è ancora disposti a compiere insieme per il bene comune; ciò significa che la nazione presuppone un passato, ma si ripropone nel presente attraverso il consenso generale sulla volontà di continuare a vivere insieme.
    Senonché i componenti della nazione italiana non hanno mai condiviso il sentimento comune dei sacrifici compiuti insieme, e il ricordo del passato ha sempre diviso gli italiani; pertanto solo l'oblio potrebbe unire gli italiani in una solidarietà condivisa. La ricerca storica, precisa Gentile ricordando ancora Renan, può essere un pericolo, perché riporta alla memoria le violenze che accompagnano di solito la nascita delle nazioni, anche di quelle largamente condivise. Per evitare un tale pericolo gli italiani potrebbero fare a meno delle propria storia, e – se lo Stato dovesse sopravvivere alle divisioni – condurre un'esistenza simile a quella degli animali, gli unici esseri organici che tendono a dimenticare, vagando perciò in un presente senza storia.
    La denuncia del malessere della nazione italiana è sempre stata il leit motive dei ricorrenti giubilei dell'Unità, nel 1911, nel 1961 e nel 2011. Sistematicamente, in occasione di ogni giubileo, si è assistito al prevalere delle riflessioni critiche, e sempre è stata condivisa l'opinione che l'Italia non fosse uno Stato moderno, efficiente ed equo, perché erano molti i mali residui della raggiunta unità, che impedivano agli italiani di diventare una nazione di cittadini "liberi ed uguali". In occasione dei giubilei, quindi, si è celebrata un'Italia che in qualche modo progrediva, ma sempre in presenza di profonde divisioni: non solo tra le diverse parti del paese, ma anche riguardo alla mentalità, al modo di concepire la nazione e all'accettazione dello Stato nazionale realizzato con il Risorgimento. In queste condizioni, giunta alla soglia dei suoi centocinquanta anni, l'Italia unita continuava a non stare bene; ed oggi, a distanza di qualche anno, sta ancora peggio.
    L'economia nazionale è in crisi, e scarse sono le possibilità di una fuoriuscita dal tunnel del disastro in cui è stata cacciata dalle scelte improvvide della politica della prima Repubblica. Tali scelte hanno compromesso la capacità di tenuta della base produttiva nazionale, inabissatasi nel vuoto dell'inefficienza non appena ha perso la "pratica" della svalutazione monetaria per reggere la concorrenza delle economie estere. Ma le scelte della seconda Repubblica non sono state meno negative, in quanto, oltre ad aver dato credito e voce ad un partito, la Lega Nord, nata col solo proposito di disunire lo Stato con continue minacce di secessione e di ricorso alla lotta armata, hanno anche in parte minato gravemente l'efficacia della sua organizzazione. Ciò è accaduto perché i partiti creati nel corso della seconda Repubblica hanno accondisceso, per soli scopi di potere, alle pretese della Lega di attuare un malinteso federalismo che ha avuto solo l'effetto di mettere lo Stato allo stesso livello istituzionale delle sue articolazioni territoriali (regioni, province e comuni).
    Come se non fosse bastato, la seconda Repubblica ha contribuito all'esasperazione delle divisioni, favorendo, con la scusa di voler assicurare una maggiore efficienza al sistema-paese, la totale distruzione dell'economia mista che in passato, pur con tutti i suoi limiti, aveva concorso ad assicurare una equità distributiva.
    La distruzione dell'economia mista ha infatti dato la stura all'approfondimento delle disuguaglianze sociali, che nella fase attuale, oltre ad impedire l'attuazione di una politica diretta a tentare di porre rimedio alle scelte errate del passato, è anche motivo dell'aggravarsi della disaffezione verso lo Stato di una crescente parte della popolazione che sta "slittando" verso una condizione di povertà relativa, quando non di povertà assoluta.
 In conclusione, come afferma Gentile, "non si può escludere che gli italiani e le italiane, vergognandosi delle condizioni malsane del loro Stato degradato, possano essere nuovamente capaci di rinnovare la simbiosi fra italianità, unità e libertà e costruire finalmente uno Stato nazionale di cittadini liberi ed uguali, del quale essere fieri: non per orgoglio, ma per dignità". Resta però l'amara constatazione che è estremamente improbabile che ciò possa accadere, considerando che le generazioni attuali, e forse molte altre a venire, dovranno vivere nell'incertezza e nella precarietà perchè l'attuale società politica si è appiattita parassitariamente sul presente, senza riuscire a governare con successo neppure esso.

       

Labour: i conservatori si scusino per come Thatcher trattò minatori

LAVORO E DIRITTI - 2
a cura di www.rassegna.it
  
Nella sua "lotta di classe dall'alto" contro i minatori inglesi la
Lady di Ferro negli anni '80 puntò scientemente all'escalation?
 
Dopo la pubblicazione di documenti d'archivio, secondo cui la Lady di Ferro avrebbe puntato sull'escalation della tensione coi sindacati  e valutato anche l'intervento dell'esercito contro i picchetti, i Laburisti britannici chiedono ora scuse ufficiali.
    Il governo britannico a guida conservatrice ha respinto la richiesta. Nel suo intervento, l'attuale premier David Cameron ha affermato che dovrebbe essere al contrario l'ex leader sindacalista Arthur Scargill, acerrimo oppositore della Thatcher al tempo degli scioperi, a chiedere scusa per il modo in cui guidò la sua organizzazione.
    Ma il partito laburista è intenzionato ad insistere chiedendo anche un'inchiesta adeguata sullo scontro più eclatante di quegli anni di lotta, lo scontro tra 10mila minatori in sciopero e 5mila agenti di polizia, passato alla storia come "Battle of Orgreave".