lunedì 21 dicembre 2009

DARIO ROBBIANI

DARIO ROBBIANI

NOVAZZANO 1939 - LUGANO 2009
La redazione dell'Avvenire dei lavoratori e la Società Cooperativa Italiana Zurigo nella scomparsa di Dario Robbiani esprimono il proprio profondo cordoglio alla moglie Sonya, ai figli Lara e Vito, ai nipoti Febe, Ada e Filippo.


Ciao, Dario!
 
È scomparso lunedì mattina all'Ospedale Civico di Lugano Dario Robbiani, giornalista e uomo politico ticinese famoso ben oltre i confini del suo Cantone e della Confederazione.

    Era popolarissimo presso la comunità emigrata per la trasmissione "Un'ora per voi", condotta insieme a Corrado e Mascia Cantoni.

    Si era formato alla scuola politico-giornalistica di Guglielmo Canevascini ed  Ezio Canonica, storici esponenti del socialismo di lingua italiana.

    Aveva svolto un ruolo di grande rilievo nella battaglia contro la xenofobia anti-italiana.
   Dario Robbiani aveva fondato e diretto il telegiornale svizzero "Telegiornale-Téléjournal-Tagesschau" durante tutta la sua prima fase a Zurigo. In seguito aveva fondato e diretto "Eurovisione-News" a Ginevra, "Euronews" a Lione e infine "Svizzera 4" a Berna. 

    Negli ultimi anni era notista politico e di costume presso il settimanale "Il Caffè".
    La sua carriera politico-parlamentare l'aveva condoto alla vice-presidenza del Partito Socialista Svizzero e alla presidenza della delegazione parlamentare socialista presso le Camere federali.

    Autore di diversi saggi, tra cui: "1918: il resto seguirà. Socialisti italiani in Svizzera" e "Ciao Ezio!" (biografia di Ezio Canonica scritta a quattro mani insieme a Karl Aeschbach).

    Negli ultimi anni Dario Robbiani si era molto dedicato alla memorialistica. Ta le sue pubblicazioni in quest'ambito: "Caffelatte, storie familiari e paesane di quando non c'era la televisione", "Rosso Antico, in politica è permesso sorridere" e "Cìnkali. Ci chiamavano Gastarbeiter, lavoratori ospiti, ma eravamo stranieri, anzi cìnkali".

    Di Cìnkali, che uscì presso le Edizioni ADL ed ebbe grande successo, ripubblichiamo qui il decimo capitolo "La targa della bontà".



La targa della bontà

DARIO ROBBIANI

NOVAZZANO 1939 - LUGANO 2009
Un gruppo di emigrati italiani mi ha attribuito un premio: la targa della bontà. Era il 1971. Ho riflettuto un poco prima di accettare. Sono contrario ai premi, alle medaglie, alle onorificenze e ai titoli. Non per snobismo (e chi sono? Jean-Paul Sartre, che rifiuta sdegnosamente il Nobel?) o per falsa modestia (ah, i mattacchioni che si dicono onorati e confusi, che non se l'aspettavano!) ma per principio.

    Non sono neppure uomo di principi. Della così detta morale faccio volentieri a meno, confortato da Bertrand Russell: «La moralità è una strana mescolanza di utilitarismo e di superstizione».

    Però a qualche principio mi attengo. Credo, per esempio, all'amore, alla giustizia, al coraggio, alla libertà e all'intelligenza. Combatto, prima di tutto in me stesso, l'intolleranza, la prepotenza e la supponenza. E anche la vanagloria, che di premi si nutre. Poi, l'attuale è un'epoca di patacche. Se le appuntano al petto, al collo e alla cintura anche i giovani pittorescamente rivoluzionari, e non sempre per ironica contestazione. Per restare al nostro mondo, quello dell'emigrazione: quanti premi! Associazioni e premi: la vita collettiva della comunità italiana in Svizzera soffre d'associazionismo e di premismo. Brutte malattie che spesso trasformano l'onorificenza in una citazione degli organizzatori attraverso i media.

    Ho accettato il premio perché conoscevo chi mi premiava (la Serenissima), e so che la targa è soltanto un aspetto, neppure il più importante, dell'attività di questo gruppo che riunisce italiani e svizzeri, perseguendo una maggior comprensione fra le due comunità.

    Quale cronista, presenziai al battesimo della Serenissima. Di James Schwarzenbach non si parlava ancora, ma di Albert Stocker, il profumiere che per primo inquinò la vita svizzera col mefitico spray dell'odio razziale e della presunzione nazionalista. La televisione, fedele alla sua consegna d'informare completamente e obiettivamente, diffuse un'intervista con Albert Stocker. Il presidente della Serenissima, Alberto Carrara, scrisse alla televisione: «Gli italiani sono rimasti sconcertati ascoltando lo sproloquio dell'Antistranieri. Con questo signore, però, non abbiamo nessun rancore, anzi gli siamo riconoscenti, poiché abbiamo capito che la buona volontà non basta, dobbiamo cercare i motivi degli attriti fra svizzeri e italiani, eliminarne nel limite del possibile le cause, stabilire un contatto amichevole: noi emigrati italiani dobbiamo dimostrare agli svizzeri che non apprezziamo soltanto i loro franchi, ma desideriamo la loro stima, la loro amicizia, perseguiamo un miglior concetto di fraternità e di comprensione che superi le frontiere fisiche e mentali, create da preconcetti e da carattere e concezione della vita diversi».

    La Serenissima, quale risposta agli xenofobi, fondò un gruppo di donatori di sangue: «Per dimostrare concretamente che l'ammalato non ha passaporto e il gruppo sanguigno non è determinato dalla nazionalità, che gli emigrati hanno un cuore e non sono soltanto macchine operose». Sono parole di Alberto Carrara.

    Cinquanta "avisini" (membri dell'Avis, l'associazione italiana dei volontari del sangue), membri della Serenissima, offrirono il proprio sangue all'ospedale di Baden.

    «Un gesto» disse Carrara al tiggì «che nella sua sensibilità e profondo significato richiederebbe discrezione e silenzio, ma che vogliamo segnalare all'opinione pubblica svizzera per dimostrare che gli italiani non sono soltanto accoltellatori, stupratori, chiassosi e maleducati».

    Ritrovai la Serenissima e il gruppo donatori di sangue di Baden in una notizia: Salvatore Monaco, ospedalizzato per una grave malattia, verrà rimpatriato per desiderio dei genitori. Ma ha bisogno di continue trasfusioni. Un disperato appello dall'Italia: manca il suo gruppo sanguigno. Gli avisini di Baden offrono il loro sangue, trasportato d'urgenza da una staffetta della polizia.

    L'emigrazione è piena di lacrimevoli storie. Il povero emigrato commuove. La signora per bene e i signori dal cuore d'oro si emozionano. I giornali ne ricavano titoli e notizie struggenti. Questi, però, sono episodi che vanno oltre il gusto delle lacrime e il piacere della commozione. Sono qualcosa di più di un atto di carità cristiana. Sono la testimonianza concreta della solidarietà umana.

    E per questo che ritengo la Serenissima e il gruppo Avis che le è associato autorizzati a distribuire un premio della bontà. Ma io sono abilitato a riceverlo?

    La bontà è svalutata. Essere ricchi, essere furbi, saper vivere, arrangiarsi, ecco ciò che conta. Ma essere buono? Quasi una patente di stupidità!

    Ho cercato nel dizionario la definizione di bontà. Trovo che è gentilezza, cortesia, accondiscendenza, indulgenza, mitezza e mansuetudine. E allora, siccome certi colleghi mi chiamano l'orso, talaltri il padrino, mia moglie può testimoniare gli scatti d'ira, metto i piedi sulla scrivania, ho un caratterino, per arrivare a certi scopi non mi piego e non scodinzolo: forse, merito la targa della cattiveria!

    Ma di bontà trovo due sinonimi: umanità e generosità. E il vocabolario precisa: «Qualità di chi si adopera per il bene altrui».

    Noi tutti nella vita cerchiamo d'essere felici. E un modo d'esserlo è quello di chinarsi sulle sofferenze degli altri. Io sono nato in un paese fortunato che non conosce guerre e miseria. È triste perché appunto ha disimparato a soffrire e fatica a essere felice.

    Non è vero che in Svizzera solo gli stranieri sono malinconici e disperati. La solitudine colpisce prima di tutto il popolo di signori, in tutte le sue forme, dall'alienazione all'isolazionismo, dai disturbi neurovegetativi alle manie suicide, dalla frustrazione all'alcoolismo, alla droga.

    Gli emigrati hanno portato le miserie di una società contadina, i problemi della paga incerta e non soltanto dell'auto a rate, le angosce di chi deve sbarcare il lunario e non di chi si ribella all'oppressione del benessere. Gli emigrati sanno essere felici adoperandosi per chi sta peggio.

    Adoperarsi, ma in che modo? Sono giornalista e il mio compito è semplice, anche se non sempre facile o comodo. Registro dei fatti e delle situazioni. Lascio ad altri, ai politici, sindacalisti, sociologi ed economisti, di proporre le soluzioni e di dare una risposta alle denunce.

    Dobbiamo imparare, svizzeri e italiani, a giudicare in modo nuovo l'emigrazione, evitando il pietismo e il vittimismo. Si tratta di accettare le leggi economiche e sociali che rendono irreversibili i fenomeni migratori. La società contadina scompare o è dislocata. La società industriale abbisogna di manodopera. Le frontiere non possono opporsi a questo processo socio-economico che è diventato libera circolazione dei cittadini europei e emigrazione clandestina di extracomunitari disperati.      

DARIO ROBBIANI
NOVAZZANO 1939 - LUGANO 2009

IL MIO AMICO DARIO, UN  "ROSSO ANTICO" 

"Il rosso è nella radice del mio nome", amava ripetere Dario Robbiani. E lui stesso si considerava un "rosso antico", come il titolo intriso di ironica bonomia di un suo libro che recava come sottotitolo "Socialista, ma 'na brava persona". E questo è proprio ciò che di lui più ci mancherà. di Renzo Balmelli 

Il compagno Dario Robbiani, non è piu' tra noi. Ci ha lasciati all'alba del 14 dicembre, stroncato da un male inesorabile contro il quale ha combattuto fino a quando il fisico, debilitato dalla malattia, ha avuto la forza di resistere e di lottare.

    Com'era suo costume in vita, mai invadente, sempre rispettoso delle altrui difficoltà, ha scelto di andarsene in punta di piedi, quasi scusandosi per il disturbo.

    Lo sapevamo in condizioni difficili, ma la sua scomparsa ha lasciato percossi e attoniti tutti coloro che lo conoscevano, gli amici, i colleghi, i compagni di cordata di tante inziative al servizio del prossimo.

    Al Cooperativo di Zurigo, lo storico locale della sinistra al quale Dario Robbiani era legato da un forte sentimento di adesione ideale, ora un suo ritratto, dipinto da Mario Comensoli, uno dei maggiori esponenti del realismo elvetico, di cui fu grande amico, ne tiene vivo il ricordo.

    Il binomio Robbiani-Comensoli è d'altronde emblematico del suo modo generoso di affrontare i problemi, con un occhio costantemente rivolto al bisogno di migliorare le cose.

    Nato settant'anni fa, giornalista e politico di razza, Robbiani è stato anche scrittore di vaglia. Alcuni suoi scritti di successo, storie di varia umanità attraversate a volte da un sottile filo di malinconia, vennero stampati dalla casa editrice dell'Avvenire dei Lavoratori.

    All'AdL diede un notevole impulso, favorendone il rilancio a cavallo tra gli anni sessanta e settanta, quando la prestigiosa testata dell'antifascismo, che usciva ancora in edizione cartacea, si schiero' a fianco dell'emigrazione e di Ezio Canonica.

    Con Canonica condivise molte battaglie politiche e sindacali, nel guidare la campagna contro le orrende iniziative xenofobe di Schwarzenbcah.

    Fu direttore fino al 1979 del Telegiornale svizzero a reti unificate (nelle edizioni in tedesco, francese e italiano), poi alla testa di Euronews, il primo TG europeo trasmesso da Lione in sei lingue.

    Bruciò le tappe anche in politica, conquistando alla prima elezione un seggio di deputato nel Parlamento di Berna e subito dopo la carica di capogruppo socialista alle Camere. Grazie alla sua capacità innata di mediare tra le parti seppe evitare l'uscita del PS dal governo federale. Il PS era deciso ad aprire la crisi dopo l'affronto subito ad opera della destra che aveva bocciato la candidata ufficiale del partito per il seggio nell'esecutivo.

    A quei tempi i rapporti tra i due schieramenti erano tesi al punto da mettere fortemente in discussione l'alleanza quadripartita fondata sul principio della collegialità e della concordanza. Robbiani avvertì il pericolo, ne soppesò le conseguenze per gli equilibri del Paese, e riuscì con molta lungimiranza a evitare una frattura dai rischi incalcolabili.

    Il suo essere politico, fondato sul senso di un leale pragmatismo, gli valse la fama di costruttore di ponti. In un avversario politico Robbiani non vedeva il nemico da abbattere, ma una persona da rispettare e da sfidare sul piano delle idee.

    Il lavoro della sua vita ha avuto come baricentro la comunicazione non intesa però come passerella per facili consensi, bensì come impegno continuo, fondato su valori veri, sulla filosofia morale di Bertrand Russell di cui era grande ammiratore e che amava citare.

    Dovendo riassumere la sua lezione, potremmo dire che Dario Robbiani è stato tante cose, ma soprattutto un socialista vero, genuino, un socialista riformista vicino a Pietro Nenni e a Willy Brandt, un socialista dotato di profonda umanità. È stato un " rosso antico", come il titolo intriso di ironica bonomia (l'ironia era la sua cifra) di una sua pubblicazione che recava come sottotitolo "socialista, ma una brava persona". E questo è proprio ciò che di lui più ci mancherà.

domenica 13 dicembre 2009

Strage piazza Fontana, Enel/Greenpeace, beni confiscati

 
Ipse dixit
 
C'era papà 
- «Era metà pomeriggio, stavo tornando a casa e mi sono fermato a far benzina. In effetti l'ho saputo da lui, dal benzinaio: "Ha sentito? Hanno messo una bomba alla Bna di Piazza Fontana". E come un lampo mi è venuto in mente che mio padre era là. Trattava lubrificanti per macchine agrico­le, quel giorno c'era il mercato. Ho girato la macchina e sono corso. Al cordone di po­lizia ho spiegato, mi hanno fatto passare. E così ho visto i primi morti. Ma lui non c'era. Neanche tra i vivi lì attorno però. A casa neppure. Ho pensato: disperso in gi­ro? In ospedale? Ma quale? Allora sono an­dato in questura, per chiedere. E ci ho tro­vato mio fratello Giorgio, arrivato lì per lo stesso motivo. Ci hanno mostrato un elen­co di nomi: niente. Stavo quasi per tirare il fiato. Finché invece un funzionario ci ha detto che "in realtà abbiamo un morto non ancora identificato". Ci ha accompa­gnato in obitorio. Hanno sollevato un len­zuolo. Sotto c'era papà».
 
- Paolo Silva, figlio di Carlo Silva, vittima della Strage di Piazza Fontana
 
 
 

VISTI DAGLI ALTRI

 

A cura di Internazionale - Prima Pagina

 

Enel chiede

risarcimento

a Greenpeace

 

La società energetica italiana Enel ha chiesto più di 1,6 milioni di euro di danni a Greenpeace per le presunte perdite dovute alle proteste organizzate dal gruppo ambientalista nel lugli scorso contro quattro centrali elettriche a carbone sparse sul territorio italiano. Giuseppe Onufrio, direttore esecutivo di Greenpeace Italy, ha annunciato che la sua organizzazione contesterà la richiesta di risarcimento.

Financial Times, Gran Bretagna
 
 
 

 

 

 

BENI CONFISCATI: AGENZIA E VENDITA 

NON POSSONO ANDARE INSIEME

 

"L'istituzione dell'Agenzia nazionale e la vendita dei beni confiscati non possono andare insieme". Lo dichiara il senatore del PD Giuseppe Lumia, componente della Commissione parlamentare antimafia.

    "La proposta di Maroni riprende quanto già condiviso in maniera trasversale in Commissione antimafia, con una semplice differenza: l'Agenzia deve servire a ridurre i tempi burocratici per il riuso sociale dei beni confiscati. Venderli sarebbe un regalo alle organizzazioni criminali, che potrebbero acquistarle attraverso dei prestanome. Così, infatti, oltre a favorire le mafie si indebolisce il movimento antimafia: il riuso sociale coinvolge e responsabilizza la società civile, che si organizza e costruisce nei territori legalità e sviluppo al servizio del bene comune". 

    "Se si vuole veramente sconfiggere definitivamente la mafia - continua il senatore del PD - il governo ritiri la norma sulla vendita dei beni, introduca la denuncia obbligatoria per i soggetti economici soggetti al racket delle estorsioni, preveda l'istituzione del conto dedicato per le aziende che si aggiudicano gli appalti, rafforzi il 41 bis riaprendo le carceri di Pianosa e l'Asinara e soprattutto ritiri le leggi vergogna sulla giustizia".

    "Il governo - conclude Lumia - non può prendersi i meriti degli eccellenti risultati ottenuti dalla magistratura e dalle forze dell'ordine e allo stesso tempo tagliare loro le risorse e proporre provvedimenti come quelli sul processo breve, sulle intercettazioni e sullo scudo fiscale".

lunedì 7 dicembre 2009

Terra di Frontiera. Una stagione politica in Sicilia 1944-1960

Riceviamo e volentieri segnaliamo

Girolamo Li Causi, "Terra di Frontiera. Una stagione politica in Sicilia 1944-1960". Questa opera inedita di Girolamo Li Causi, terminata nel 1974, e non più rivista dall’Autore, è una lunga riflessione critica, ed autocritica, sull’attività svolta dal PCI e dalle classi dirigenti siciliane, negli anni della ricostruzione post-bellica, dai mesi immediatamente successivi allo sbarco delle truppe anglo-americane sino alla formazione dei governi Milazzo. Un arco di tempo lungo un quindicennio, durante il quale Li Causi assolse anche l’incarico di segretario regionale del partito. Da questo suo osservatorio privilegiato emerge il ritratto vivo e spesso pungente di uomini e vicende che hanno segnato la storia passata e presente dell’Isola.  Di seguito pubblichiamo la prefazione di Oliviero Diliberto.

La Prefazione di Oliviero Diliberto

Gli anni raccontati da Girolamo Li Causi in questo straordinario libro sono quelli decisivi della Repubblica italiana, quelli che l’hanno indelebilmente segnata, ne hanno condizionato il futuro sviluppo: anni che pesano ancor oggi. Dal 1944 al 1960, accade infatti praticamente tutto. La fine della guerra e la vittoria sul nazi-fascismo; la formazione dei primi governi democratici di unità nazionale e la successiva esclusione delle sinistre da essi; l’Assemblea Costituente e la nascita della Costituzione; l’attentato a Togliatti; la sconfitta delle sinistre nel ’48 e il centrismo; l’avanzata del Pci e delle sinistre a prezzo di lotte, politiche e sociali, grandi e terribili; le conseguenti repressioni di Scelba; la legge-truffa, e poi ancora la crisi del centrismo, le prime avvisaglie del nascente centro-sinistra, e infine la formazione dei governi Milazzo alla Assemblea regionale siciliana, resa possibile da una spaccatura all’interno della Democrazia cristiana, e la conseguente estromissione temporanea di questo partito dalle leve del potere.

    In questi primi anni si coglie soprattutto la fine di una stagione di speranze aperta dalla Resistenza, la constatazione che la classe dirigente sceglie allora di non rompere decisamente con il passato, di non voltare pagina – anche e soprattutto per via del contesto internazionale, il mondo diviso in due blocchi, la guerra fredda degli anni più cupi –, in un continuiamo deteriore tra passato e presente, tra apparati dello Stato gravemente collusi con il regime fascista e riciclati, a vario titolo, in quelli della nuova Repubblica. I nemici di ieri diventano "utili" in quel momento per contrastare i nuovi nemici, i comunisti: e certo non solo in Italia. Le conseguenze di quelle scelte sciagurate, in Sicilia come nel resto del Paese, le paghiamo ancor oggi.

    Li Causi racconta tutto ciò da un’ottica particolare, ma decisiva: la Sicilia del dopoguerra. L’autore narra, da protagonista, la battaglia contro la mafia, la connessione tra Stato, malavita organizzata, economia forte, le incursioni dei servizi americani. Oggi, tutto ciò ci appare più evidente. Sono emersi documenti, testimonianze, i fatti si delineano nella loro gravità e complessità: ma in Li Causi – attore protagonista tra i più importanti del periodo, a livello siciliano e nazionale – l’analisi è sin da quegli anni di una lucidità che oggi appare straordinariamente lungimirante. Aveva già chiaro tutto. E lo diceva.

    L’autore – è quasi superfluo dirlo, ma forse non è inutile sottolinearlo in questi tempi di perdita colpevole di memoria – è stato personaggio leggendario. Incarcerato nel 1928 dopo la condanna a 20 anni di reclusione comminata dal tribunale speciale del fascismo, liberato nel ’43, è subito tra i capi della Resistenza nel Nord Italia, poi dirige il partito e le lotte per l’occupazione delle terre (e non solo) in Sicilia, è autorevole parlamentare e membro della direzione nazionale del Pci.

    Popolarissimo e amatissimo tra le masse, Li Causi è l’alfiere della lotta contro la mafia, quando in certi ambienti politici (e giornalistici) essa non si poteva neppure nominare, negandosi addirittura la sua esistenza. Li Causi accusava apertamente di connivenza con la mafia i vertici dei partiti di governo in Sicilia, ad iniziare ovviamente dalla Dc, parlava delle collusioni con Cosa Nostra: lo faceva quando pochissimi, isolatamente, osavano farlo. Le prove giudiziarie sono venute a galla solo nei processi più recenti. Ma quelle politiche erano già allora di fronte agli occhi di chi voleva vederle. Li Causi univa dunque la capacità, straordinaria, di conoscenza e di analisi, ad un eccezionale coraggio.

    Emerge a tutto tondo la figura di Li Causi comunista. Ma anche di Li Causi siciliano. Di quella Sicilia che ha dato straordinarie figure di dirigenti, nel corso dei decenni, al Pci nazionale, ma che ha visto protagonisti anche migliaia di donne e uomini meno noti o sconosciuti, militanti e dirigenti locali, politici e sindacalisti, che hanno dedicato al riscatto della propria Isola tutta la loro vita, non di rado mettendola concretamente a repentaglio e talvolta perdendola, proprio in nome e per via delle battaglie antimafia. Un nome per tutti: Pio La Torre.

    Guttuso – altro siciliano illustre – amava ripetere, con la civetteria dei siciliani colti e cosmopoliti, che anche quando dipingeva una mela, c’era dentro la Sicilia. Se la portava dietro ovunque fosse e qualunque cosa facesse. Saudade isolana, ma anche coscienza della propria identità forte, delle radici che non si recidono, di valori che urlano dentro di sé. Ed è proprio in Sicilia che Li Causi matura alcune delle sue convinzioni più profonde, ad iniziare dall’adesione senza tentennamenti, e da subito, alla svolta togliattiana del ’44, la nascita del partito nuovo, capace di unire sempre la protesta alla proposta, l’identità e le alleanze. Li Causi è sempre attento all’unità delle masse, mai velleitario, nemico giurato del massimalismo. Egli crede e si batte per un partito che aderisse pienamente ai valori e ai principi della nuova Costituzione, scegliendo di tenere uniti democrazia e socialismo.

    Li Causi fu dirigente comunista di prima grandezza. Pieno di umanità e partecipazione personale ai drammi del sottosviluppo, della povertà, dell’emarginazione sociale. In lui, nelle sue pagine, si avverte come prioritaria gli appaia la lotta contro le ingiustizie, i soprusi, le prepotenze dei potenti contro gli umili: Manzoni avrebbe detto le soperchierie. Passione politica, dunque, unita sempre alla tensione morale. Ma dal libro si chiarisce anche che nei comunisti siciliani la battaglia per la legalità e quella per il riscatto sociale non siano mai astrattamente scisse, anzi esse appaiono indissolubili tra loro: pena la sconfitta su entrambi i terreni.

    Un esempio, dunque, ancora oggi vivissimo. Queste riflessioni politiche inedite, che commentano e si incrociano con alcuni passi significativi della sua vicenda autobiografica postbellica, sono quindi utili, feconde, istruttive. Ne dobbiamo essere grati ai brillanti curatori, che allegano anche pagine particolarmente struggenti, come le lettere di Li Causi dal carcere e le testimonianze dei compagni e dei dirigenti del Pci, seguite alla sua scomparsa.

    Concludendo la lettura, mi viene spontaneo pensare (ripensare, ancora una volta) allo scioglimento di quel partito – il Pci – al quale Li Causi e intere generazioni di comunisti in Italia hanno dedicato l’intera propria vita. Anche questo straordinario libro, infatti, testimonia la grandezza e i meriti storici di quella comunità di donne e uomini che lo costituivano. Vi ho riflettuto con amarezza.

    Ma è motivo di ottimismo e di speranza pensare anche che questo libro possa esser letto, e meditato, da una generazione ancor più giovane: quella che viene dopo la mia e non ha conosciuto il Pci, per un ovvio fatto anagrafico. A questi giovani, che oggi hanno vent’anni, e nascevano quando crollava il Muro di Berlino, questo libro insegna che ciò che è stato fatto era giusto farlo e che i comunisti italiani sono stati i protagonisti della lotta per la democrazia, la legalità, l’emancipazione del popolo: in definitiva, per un’Italia migliore.

    In definitiva, questo libro ci insegna, ancora una volta, quanto sia straordinariamente vitale il vecchio principio che i filosofi ci ripetono da un migliaio di anni. Noi, oggi, riusciamo a vedere più lontano di chi ci ha preceduto non perché siamo più bravi, ma semplicemente perché siamo nani issati sulle spalle di giganti.

Girolamo Li Causi, "Terra di Frontiera. Una stagione politica in Sicilia 1944-1960". A cura di Davide Romano. Presentazione di Italo Tripi. Prefazione di Oliviero Diliberto, ed. La Zisa, pagg. 224, euro 9,90 (ISBN 978-88-95709-28-4)       

venerdì 20 novembre 2009

Pordenone rende omaggio a Dreyer

Elsker Hverandre (Amatevi) è il titolo del romanzo di Aage Madelung edito nel 1912 da cui il regista Carl Theodor Dreyer trasse dieci anni più tardi il film Die Gezeichneten (Gli Stigmatizzati). Restaurata di recente, la pellicola è stata proiettata al 28th Pordenone Silent Film Festival di Pordenone, che rende così omaggio a un regista danese di cent'anni fa dal quale viene però un incoraggiante messaggio morale destinato ai contemporanei.

di Giuseppe Muscardini 

Si è concluso a Pordenone il 28th Pordenone Silent Film Festival, rassegna di filmografia storica internazionale con un nutrito programma di proiezioni e dibattiti. Dal 3 al 10 ottobre diverse manifestazioni hanno stimolato legittime curiosità fra gli storici del Cinema e gli appassionati in genere.

    Oltre agli Eventi speciali – così è stata denominata la prima parte del Festival che prevedeva, fra le altre, proiezioni come La vedova allegra di Erich von Stroheim del 1925 - è stata particolarmente seguita la Sezione intitolata Il canone rivisitato, dove un selezionato corpus di pellicole restaurate o “riscoperte” è stato proposto ad un pubblico particolarmente motivato a farsi un’idea delle tecniche adottate dai registi degli anni Venti per rendere verosimili le loro situazioni sceniche.

    Fra le molte proposte rileviamo con piacere la presenza di un film diretto nel 1922 dal regista danese Carl Theodor Dreyer, con didascalie in danese nella versione restaurata di recente da Casper Tybjerg and Thomas Christensen della Digital Filmlab di Copenhagen, a cura del Danish Film Institute. Interpretato all’epoca da Adele Reuter-Eichberg, Vladimir Gajdarov, Polina Piekowskaja, Sylvia Torf, Hugo Döblin, Johannes Meyer, Thorleif Reiss, J.N. Douvan-Tarzow, Richard Boleslawski ed  Emmy Wyda, il film fu reso nella versione originale tedesca con il titolo di Die Gezeichneten, poi presentato in traduzione italiana come Gli stigmatizzati.

    Il genere drammatico e l’argomento, che per istintiva associazione richiamano alla mente analoghe tragedie della nostra stessa contemporaneità, imponevano un opportuno restauro della pellicola, ritrovata nel 1961 in Russia presso gli archivi della Gosfilmofond dallo storico Vladimir Matusevich, il quale seppe riconoscere il film di Carl Theodor Dreyer, pur celato sotto il titolo russo di Pogrom.

    E nella Russia dei pogrom, dei crudeli massacri degli ebrei, si svolge giustappunto la vicenda: protagonista la giovane Hanne che nel 1905 raggiunge a San Pietroburgo il fratello Jacob, diventato uomo di legge. Gli eventi si fanno incalzanti dal momento in cui Hanne ritrova l’amico Alexander Sascha, che al contrario di Jacob non si è avvicinato al cristianesimo, ma ha aderito con fervore alla prospettiva di cambiare radicalmente la società attraverso una rivoluzione epocale.

   Carl Theodor Dreyer aveva tratto nel 1922 il suo film dal romanzo Elsker Hverandre ("Amatevi gli uni con gli altri") , del connazionale Aage Madelung (1872-1949), di cui ricorre quest’anno il sessantesimo della scomparsa. Contestualizzando le ragioni della ricorrenza, non va dimenticato come il celebre regista danese condividesse con Aage Madelung lo stesso spirito di denuncia per l’antisemitismo, un tema che caratterizzò la vita intellettuale di entrambi.

    Sia il regista che lo scrittore posarono pertanto la loro rispettiva lente su un losco figuro, il falso monaco Rylovitch, spia della polizia zarista con il compito di seminare l’antisemitismo per distrarre il popolo dal pericolo dell’imminente rivoluzione. Rylovitch, interpretato dall’attore Johannes Meyer, incarna dunque il male, la perfidia, il tradimento, l’abiezione, l’asservimento ad un potere che senza alcuno scrupolo affama il popolo, decimandolo brutalmente con sanguinosi pogrom.

    Che Rylovitch sia personaggio determinante nella storia trasposta su pellicola da Dreyer, lo si intuisce facilmente dal poster originale danese stampato per reclamizzare il film. Compiaciuto, il falso monaco è in primo piano, appoggiato ad un bastone, il copricapo di pelo calcato sulla fronte. Alle sue spalle un villaggio incendiato, con fiamme lunghe che si alzano verso il cielo. Singolare la rispondenza tra l’immagine del poster e certi fotogrammi del film, dove Rylovitch appare come rispecchiamento delle medesime sembianze, in piena aderenza con la descrizione che ne fece Aage Madelung nel romanzo.

   Un sapido aneddoto, posto qui in conclusione, può aiutare a comprendere il ruolo esercitato da Aage Madelung in qualità di scrittore realista popolare, capace di influenzare con le sue pagine la cinematografia del periodo in cui visse. Se nel 1922 Dreyer mutuò daElsker Hverandre un film in sette quadri, fu perché il suo autore riconosceva alla narrativa una conduzione filmica, secondo le regole dell’osservazione attenta della realtà.

    Nel 1916, sei anni prima dell’inizio delle riprese da parte di Dreyer, lo scrittore di origini ebraiche Elias Canetti, all’epoca undicenne, ebbe occasione di “incrociare” Aage Madelung a Zurigo, che poco prima aveva abitato nello stesso appartamento della Scheuchzerstrasse dove il ragazzo era andato ad abitare.

    Ecco la fedele testimonianza della padrona di casa, tale Helene Vogler, raccolta da Canetti ne La lingua salvata: "Raccontava con compiacimento che prima di noi, in quelle stesse stanze, aveva alloggiato uno scrittore danese con la moglie e il figlio. Ne pronunciava il nome, Aage Madelung, con la stessa enfasi con cui diceva il suo. Pare che egli usasse scrivere sul balcone che dava sulla Scheuchzerstrasse, osservando dall’alto il viavai nella strada; notava tutti quelli che passavano e gliene chiedeva informazioni. Nel giro di una settimana, sulla gente del quartiere sapeva più cose lui di quante ne avesse apprese lei in tanti anni che abitava lì".

   Nelle memorie di Elias Canetti, Premio Nobel per la Letteratura nel 1981, c’è la riprova delle consonanze fra Aage Madelung e Carl Theodor Dreyer, inclini ad una rappresentazione scenica del reale in cui l’osservazione puntuale gioca un ruolo non accessorio. Questo si è percepito una sera dello scorso ottobre nella cittadina friulana, fissando su uno schermo lo scorrere concitato dei fotogrammi de Gli stigmatizzati. 

giovedì 12 novembre 2009

Manifestazione nazionale contro la violenza maschile sulle donne

Riceviamo e volentieri segnaliamo

Roma, 28 novembre 2009

Contro la violenza maschile sulle donne, per la libertà di scelta sessuale e di identità di genere. Per la civiltà della relazione tra i sessi. Per una informazione libera e non sessista. Contro lo sfruttamento del corpo delle donne a fini politici ed economici. Per una responsabilità condivisa di uomini e donne verso bambine/i, anziane/i e malate/i, nel privato come nel pubblico. Contro ogni forma di discriminazione e razzismo per una scuola che educhi alla convivenza civile tra i sessi e le culture diverse.

Info: http://www.torniamoinpiazza.it/index.php

sabato 7 novembre 2009

Spostarsi in città con la bici a idrogeno

 
 
 
È in mostra a Roma una bicicletta a pedalata assistita alimentata a idrogeno. Il veicolo è in grado di percorrere 150 km con un "pieno".

La bicicletta elettrica si evolve: l'Itae-Cnr di Messina ha ideato e relizzato un prototipo di bici elettrica a pedalata assistita alimentata a idrogeno, dotata di un sistema di accumulo a stato solido.
    I vantaggi rispetto ai mezzi dotati di batterie tradizionali (a parità di peso) stanno nell'autonomia e nei costi: con soli 18 euro è possibile fare il pieno e muoversi per circa 150 Km (12 centesimi al chilometro), provando l'ebbrezza di spostarsi in città con una bici a idrogeno tra le gambe.
    La bici a idrogeno è solo parte del progetto complessivo, che prevede un sistema di rifornimento composto "da una fonte di energia rinnovabile (solare fotovoltaico) e un elettrolizzatore per la produzione di idrogeno da acqua. Questo abbasserà di molto il costo del combustibile e chiuderà il cerchio in termini di emissione zero", spiega Vincenzo Antonucci, dell'Itae-Cnr.
    Il progresso tecnico sta anche nei tempi necessari per la ricarica: mentre una batteria convenzionale richiede dalle sei alle otto ore, il prototipo si accontenta di circa 15 minuti per tornare alla piena efficienza. Il che si traduce in un aspetto particolarmente vantaggioso nella gestione di flotte - illustra il responsabile della ricerca, Giorgio Dispenza - "poiché consente di ridurre il numero di mezzi per garantire la continuità del servizio".
    La presentazione del prototipo è avvenuta in occasione dell'evento H2Roma Energy e Mobility Show, in calendario nella capitale fino al 5 novembre. [ZEUS News]

venerdì 30 ottobre 2009

IPAZIA, un film che l'Italia non vedrà?

Riceviamo e volentieri segnaliamo

Pende una minaccia di censura soft sul film "Agorà " di Amenabar dedicato alla pensatrice alessandrina Ipazia, inventrice del planisfero e dell’astrolabio, martire dell'intolleranza religiosa. Il film è già uscito nelle sale spagnole, il 26 novembre sarà proiettato in quelle israeliane, il 18 dicembre dovrebbe arrivare anche negli Stati Uniti e a gennaio sbarcherà, probabilmente, in Francia. Ma in Italia nessuno sembra interessato ad acquistarne i diritti. 

Vai al trailer del film Agorà, il kolossal del regista spagnolo Amenabar incentrato sulla figura di Ipazia: http://www.youtube.com/watch?v=u50zEun07b4&feature=player_embedded 

Ernesto Rossi

Lettera / segnalazione 

Ernesto Rossi
Un democratico europeo
Amici, amiche, compagni, compagne, Vi scrivo per segnalare una nuova iniziativa del Circolo Rosselli (in collaborazione con la Casa della Cultura). Si tratta della presentazione di un volume:

Ernesto Rossi. Un democratico europeo,
a cura di Antonella Braga e Simonetta Michelotti
(Soveria Mannelli, Rubettino, 2009).
L'incontro si svolgerà martedì 3 novembre 2009, alle ore 18.00
alla Casa della Cultura, in via Borgogna 3, a Milano (MM 1 - S. Babila).
I lavori saranno introdotti da Arturo Colombo (docente di Storia contemporanea all'Università di Pavia) e dal nostro Giovanni Scirocco (docente di storia contemporanea all'Università di Bergamo); dopodiché interverranno Mauro Begozzi (dell'Istituto storico della Resistenza di Novara "P. Fornara"), e Andrea Ricciardi (dell'Università Statale di Milano).

    Inoltre saranno presenti una delle due curatrici del volume, ovvero Antonella Braga (dell'Istituto storico della Resistenza di Novara "P. Fornara"); e alcuni degli autori dei saggi che compongono il volume stesso: in particolare Tito Boeri (dell'Università "Bocconi" di Milano); Mimmo Franzinelli (libero ricercatore); Luigi Vittorio Majocchi (dell'Università di Pavia); Lorenzo Strik Lievers (dell'Università di Milano "Bicocca") e Rodolfo Vittori (libero ricercatore).

    Il tutto sarà coordinato da Ferruccio Capelli, direttore della Casa dell Cultura.
    Penso possa essere un'occasione assai utile non soltanto per conoscere e scoprire un bel libro, ma anche per avvicinare l'affascinante figura di Rossi, integerrimo antifascista (fu con Rosselli tra i fondatori del "Non Mollare" e poi di Giustizia e Libertà), quindi azionista e radicale, e soprattutto democratico intransigente, luminoso europeista, e limpido laicista ed anticlericale.

    Ci sarà modo infatti di scoprirne e conoscerne meglio il pensiero e l'opera (ad un tempo di economista, politico, giornalista, e polemista), e soprattutto di assaporarne appieno l'alto retaggio intellettuale, morale e politico. Siete tutti invitati.

Francesco Somaini
Circolo Carlo Rosselli - Milano

       

martedì 6 ottobre 2009

Quando il gelo penetra in profondità

 
 
Riflessioni sulla storia di Natalia Berla, giovane di belle speranze che fu vittima della droga nel 1989. La madre, Vittoria Berla, sopravvissuta al dolore per poco, si diede la morte l'anno successivo. Negli anni Cinquanta e Sessanta era stata un'attivissima intellettuale di sinistra, in costante contatto con Federico Chabod, Enzo Paci, Ferruccio Parri e Gaetano Salvemini.
di Giuseppe Muscardini

Sono trascorsi venti anni da un fatto di cronaca ancora irrisolto su cui è calato un fitto velo di mistero e di silenzio. La vita di una donna appena trentenne veniva stroncata nell'inquietante sfondo di una comunità per tossicodipendenti che ha dato fiducia a migliaia di persone favorendo la loro uscita dal proverbiale tunnel della droga. La giovane donna, di nome Natalia Berla, dopo una sofferta decisione presa in famiglia era entrata nel 1987 nella comunità di San Patrignano retta e fondata da Vincenzo Muccioli. Per quanto accadde all'epoca, parlano le pagine di un libro denso di fatti ed emozioni dal titolo Il gelo dentro, dove sono raccolte le lettere inviate da Natalia a familiari, parenti ed amici.

    Un'illusoria felicità sembrava invadere la sua mente quando vergava quelle pagine cariche di speranza, rendendo inoltre descrizioni puntuali sulla vita quotidiana al SanPa, con minuzie che risultano importanti per quanti devono farsi un'idea, specie a distanza di venti anni, dell'evolversi funesto dei fatti in cui successivamente incorse. Alla fine e inaspettatamente, come spesso avviene quando il male prevale sul bene, la giovane tossicodipendente in lenta risalita verso un'esistenza vera e dignitosa, frana per qualche fatto inspiegabile e la sua volontà di fare un miglior uso della vita lasciar il posto alla rinuncia, alla disperazione, al suicidio.

    L'accanimento del male sul bene quasi sempre è furioso e ai lutti si sommano altri lutti: la madre Vittoria Berla, intellettuale e autrice negli anni Cinquanta e Sessanta di due importanti saggi sul controllo demografico dello nascite, usciti rispettivamente con le Edizioni Avanti! e con gli Editori Riuniti, si toglie a sua volta la vita. Ma non prima di aver raccolto e collazionato le lettere della figlia per inviarle all'Archivio Diaristico Nazionale, ottenendo nel 1990 il Premio Pieve Santo Stefano. Molti anni prima, occupandosi della condizione femminile, aveva pubblicato "Il controllo delle nascite" (Edizioni dell'Avanti!, 1957) e "Demografia e controllo delle nascite" (Editori Riuniti, 1963, con una prefazione di Cesare Musatti).

   La duplice tragedia lascia dunque una traccia d'indagine nel bel libro Il gelo dentro, edito nel 1991 dalla casa editrice milanese di Rosellina Archinto, conseguenza dell'esito ottenuto l'anno precedente al Premio. Ombre e dubbi ristagnano ancora sulla morte di Natalia, facendo pensare al suicidio. Dopo una seconda e più attenta lettura, ne Il gelo dentro non si rilevano indizi se non un cenno dell'ottimo prefatore Corrado Stajano: La biografia di Natalia è scarna, priva di notizie. È nata a Mendrisio, in Svizzera, nel Canton Ticino, poco più in là della frontiera italiana, il 5 dicembre 1958.

   Per non forzare troppo la fantasia e abbandonarci ad accuse e giudizi avventati, con l'evidente rischio di immaginare ciò che di fatto non accadde, è a un disegno che dobbiamo fare riferimento quando pensiamo alla storia personale dell'infelice ragazza. Il disegno a corredo del libro è uno schizzo ad inchiostro di china realizzato dalla stessa Natalia, e dotato di una dedica: A un pittore di talento da una giovane di belle speranze.

    Presenta situazioni figurative surreali ma ben circostanziate: due sirene appaiate immerse fino al busto nell'acqua come in una "figura" del nuoto sincronizzato, si pavoneggiano in un'improbabile cornice dove il paesaggio si fa curiosamente ibrido, con piante acquatiche e spuntoni di canyons riemersi da una vegetazione rigogliosa. Ma nonostante il groviglio figurativo, Natalia non era in preda agli effetti della "roba" quando si dedicò allo schizzo. Né gli esami condotti sul corpo della ragazza esanime, dimostrarono la presenza di tracce di droga nel suo organismo.

    Restano ancora infinite domande sui motivi della morte di Natalia. Negli anni Novanta ne è scaturita un'intricata vicenda giudiziaria. Accuse di prepotenze, di punizioni severe inflitte da parte del personale di custodia ai ragazzi di San Patrignano, sono state portate nelle aule dei tribunali per denunciare metodi discutibili messi in atto nel recupero dei tossicodipendenti. Anche quando ammettessimo la presenza di qualche isolato irresponsabile che indegnamente occupava il delicato ruolo di vigilanza, sarebbe ingeneroso nei confronti di quanti hanno dedicato una vita al prossimo, colpire in modo indiscriminato le strutture, le comunità e gli istituti di rieducazione deputate al recupero dei tossicodipendenti.

    Giudizi definitivi su quei fatti, anche dopo venti anni, sono difficili da trarre. Ma se fantasticare non è reato, nella parte destra del disegno, poco prima del margine, pare di scorgere un monte, che nelle intenzioni espressive della giovane di belle speranze fanno pensare ad un limite, arduo da valicare ma non impossibile. Il monte è sormontato da una bandiera, quasi a marcare un confine territoriale, una soglia. Geografica o dell'anima. Varcando quella soglia, in un sentiero tortuoso e pieno di inside, il 13 marzo di venti anni fa Natalia concluse il suo percorso. Venti mesi più tardi fu la volta della madre Vittoria.

 
 

giovedì 1 ottobre 2009

Gaetano Arfé / Marc Lazar

Riceviamo e volentieri segnaliamo

Giornata di Studi su Gaetano Arfé

Renato Campinoti, Presidente Ancpl Toscana
Ugo Marani, Presidente Ires Campania
Ciro Raia, Presidente Istituto di Studi Socialisti Gaetano Arfé
Vanda Spoto, Presidente Legacoop Campania

con l'adesione del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano

La giornata di Studi su Gaetano Arfé si terrà mercoledì 30 settembre 2009 dalle ore 9,30 alle ore 19,00 presso l'Istituto Italiano per gli studi filosofici, Palazzo Serra di Cassano, Via Monte di Dio 14, Napoli.
In mattinata sono previste le relazioni di:

    ·           Andrea Ricciardi, Il Ponte di Gaetano Arfé. 1954-2007;
    ·           Gennaro Acquaviva, Gaetano Arfé e la Questione cattolica;
    ·           Gianni Cerchia, Gaetano Arfé e il pensiero meridionale;
    ·           Guido D’Agostino, Gaetano Arfé e il riformismo socialista.

Dopo la pausa pranzo, alla ripresa dei lavori ci sarà un "Ricordo di Gaetano Arfé" dell'Avv. Gerardo Marotta, Presidente dell'Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, a cui seguirà la

 
tavola rotonda su:
 
    Il pensiero di Arfé tra Mezzogiorno ed Europa
 
con:

    ·           Giorgio Benvenuto, presidente Fondazione Bruno Buozzi;
    ·           Vittorio Di Vuolo, Legacoop Campania;
    ·           Vincenzo Esposito, ricercatore Ires Campania;
    ·           Paolo Franchi, condirettore de “Le Nuove ragioni del Socialismo”;
    ·           Umberto Ranieri, direzione nazionale Partito Democratico;
    ·           Marcello Rossi, direttore de “Il Ponte”

 
    modererà:     Sonia Oranges, giornalista de “Il Riformista”.

Informazioni - Vincenzo Esposito - TM 3299019412 - esposito@vincenzoesposito.com - http://vincenzoesposito.com 


Riceviamo e volentieri segnaliamo 

L'Italia sul filo del rasoio

Incontro a Frascati con il politologo francese Marc Lazar
FRASCATI - GIOVEDI 8 OTTOBRE, ore 18:30
SALA degli "SPECCHI" del COMUNE

presentazione-dibattito del libro:
"L'Italia sul filo del rasoio" incontro-dibattito con l'autore:
MARC LAZAR
docente presso "l'Institut d'études politiques " di Parigi
a cura di Enrico Del Vescovo
ingresso libero
Associazione Culturale Alternativ@Mente, www.alternativamente.info, tel 3331135131     




lunedì 21 settembre 2009

Scomparsa di un filosofo - Fulvio Cassinari

Un dirupo di alta montagna ci ha rapito Flavio Cassinari nel fiore dell'età. Era un filosofo di prim'ordine, un animo buono, gentile, affettuoso, sempre disponibile. Gli amici hanno perso moltissimo, il vuoto peserà nel tempo.

di Fulvio Papi 

Io non mi do' e non desidero darmi pace: non potrò più discorrere di filosofia e di socialismo (avevamo in comune questa nostalgia politica) con un amico che univa sempre alla sottigliezza e alla pertinenza delle argomentazioni, un sorriso dolcissimo e quasi esitante che voleva significare la levità del discorso, la mancanza nella dialettica di ogni eccesso affermativo e, al contrario, la presenza di un possibile spazio ulteriore.

    Flavio era un filosofo vero nell'epoca del "tradimento dei filosofi" che diventano opinionisti, editori, politici, giornalisti alla ricerca dell'oppio del tempo, il pubblico successo. Al contrario per ogni tema poneva il suo orizzonte teorico, la sua "condizione di possibilità". Era lì, da kantiano che rimproverava ad Heidegger di essere stato eccessivo nella sua critica al filosofo di Konigsberg, era lì- dicevo- che attendeva la tua argomentazione.

    Aveva scritto un libro interminabile sulle strutture formali che conchiudono la dimensione della storia e del mito. Un libro che sarebbe piaciuto molto a Rickert e, suppongo, anche a Banfi. La bibliografia mostrava un continente di letture delle quali solo un terzo avrebbe costituito un patrimonio prezioso per chiunque: non era un esibire, ma un servizio per i lettori.

    Flavio era un filosofo anche nello stile di vita di una ammirevole parsimonia, una sorridente austerità, anche qui controcorrente rispetto agli intellettuali che cercano lo stile (che non hanno) nella eleganza sociale, in una estetica mafiosa. Pensava per conto proprio come deve essere per un filosofo che costruisce se stesso in una dimensione simbolica, nella quale, tuttavia, se non è presente un "se stesso" si può riconoscere solo una raffinata mondanità in attesa di scambio. Aveva un effetto empatico l'intensità affettiva per i figli, sempre presente nella sua vita come una fondamentale dimensione di senso.

    Quanto a me, non aspetterò più Flavio alle 19 di ritorno dall'Università di Pavia, dov'era professore di grande donatività per gli studenti, di ascolto amichevole e di certo aiuto. Mi portava dalla biblioteca qualche libro che, purtroppo, non ero in grado di andare a reperire. Un poco affannato con l'immancabile sorriso, ma sempre puntuale. Il suo zainetto pieno di volumi abbandonato sulla poltrona prossima alla mia scrivania, e cominciava il nostro discorrere... Se scrivo queste cose molto private e personali è perché, oltre alla mancanza del filosofo e dello studioso, una parte della rete della mia affettività si è spezzata senza rimedio.

Documento video su Flavio Cassinari - Pensiero rappresentativo e configurazione d’identità - http://www.filosofiateoretica.it/index.php?option=com_content&view=article&id=89:cassinari&catid=42:2007&Itemid=94

Fernando Santi a 40 anni dalla morte

Fernando Santi a 40 anni dalla morte

Fernando Santi, sindacalista socialista  è stato fra i più importanti esponenti del sindacalismo italiano, Nato nel 1902 è morto nel 1969. 

    Segretario aggiunto della CGIL dal 1947 al 1965 ha dato un contributo fondamentale nella delineazione e costruzione del profilo riformatore della sua organizzazione e del movimento sindacale. In un'epoca di forti collateralismi Santi  ha operato con determinazione perché il valore dell'autonomia  e dell'unità sindacale fosse assunta come determinante del modo di essere delle organizzazioni sindacali combattendo e sconfiggendo  anche l'idea di far nascere un sindacato socialista.

    Santi giovanissimo segretario della Federazione giovanile socialista  dopo la scissione del '21 che porto alla fondazione del PCI era stato anche  per quattro legislature parlamentare socialista, particolarmente impegnandosi sui temi del lavoro.

    Permane di grande attualità il suo pensiero sopratutto oggi in cui appare evidente  quanto sarebbe importante al perseguimento degli interessi dei lavoratori l'apertura di una stagione nuova di costruzione di una vera e partecipata unità dei sindacati e dei lavoratori.

    A 40 anni dalla morte, il Comune di Bedona, la Provincia di Parma e la Cgil Valli Taro e Ceno promuovono per il 19 settembre una serie di iniziative per commemorarlo.
Parteciperà all'iniziativa la Presidenza nazionale e quella regionale dell'Emilia Romagna dell'Istituto Fernando Santi .




Eventi

Riceviamo e volentieri segnaliamo

A.N.P.I. – ASSOCIAZIONE NAZIONALE PARTIGIANI D’ITALIA
Comitato provinciale di Milano
Incontro pubblico sul tema
LEGALITA’ ETICA
PUBBLICA COSTITUZIONE

Introduce
Prof. Carlo SMURAGLIA, vicepresidente vicario A.N.P.I. Milano

Interviene
Prof. Valerio ONIDA – presidente emerito Corte Costituzionale Domenica 20 settembre – ore 18
Spazio Coop della Festa del Partito Democratico (g.c.)
Area PalaSharp – MM1 Lampugnano
XX SETTEMBRE 
A MILANO
20 settembre 1870, breccia di Porta Pia i bersaglieri del Regno d’Italia entrano a Roma. Cade il potere temporale dei Papi. L’Italia è unita. Nasce lo Stato laico. 20 settembre 2009, festa di unità e di libertà



MANIFESTAZIONE DELLA CONSULTA MILANESE PER LA LAICITA’ DELLE ISTITUZIONI
DOMENICA 20 SETTEMBRE , ALLE ORE 17
Largo Cairoli (davanti alla Fontana)
Il 20 settembre, data fondante della nostra storia, deve tornare ad essere Festa Nazionale. Il 20 settembre ha costituito un passo fondamentale per la costruzione di uno Stato laico, e la possibilità di un suo corretto rapporto con le fedi religiose e le diverse posizioni filosofiche.

    Per i cattolici ha aperto la possibilità di contare solo sul vangelo e non più sulla forza del potere politico, per le altre religioni e tendenze ideali ha aperto la possibilità di concorrere al libero gioco democratico con parità di diritti e di ruoli nella società e nelle istituzioni.

    Il 20 settembre deve essere fatto conoscere nelle scuole e deve essere rivalutato. Lo ricordiamo oggi, nel momento in cui i principi dello Stato laico, contenuti nella Costituzione repubblicana, faticano ancora ad essere pienamente riconosciuti e praticati, e mentre viene riproposto un continuo contenzioso perché le posizioni della gerarchia cattolica si traducano in leggi per tutti.

    La Consulta invita le forze della società e delle istituzioni della nostra città e regione a riaprire la riflessione sul Risorgimento e sul ricordo di questa data, in preparazione alle celebrazioni del 2011, 150° anniversario dell’Unità d’Italia e 140° di Roma capitale. Le celebrazioni devono essere una grande occasione su cui fondare lo sviluppo della nostra identità nazionale e il consolidamento della vita democratica dell'Italia.

    Occorre rivendicare con fermezza il principio costituzionale di cittadinanza e con esso la vera laicità delle istituzioni pubbliche, la libertà della Repubblica nelle sue scelte legislative e civili, e uno Stato pienamente laico nel rispetto della dialettica pluralista e democratica e del concetto di separazione fra Stato e confessioni religiose.

    La Consulta Milanese per la Laicità delle Istituzioni deporrà nella stessa giornata una corona di alloro al Monumento ai Bersaglieri al Verziere.

Durante la Manifestazione pomeridiana l’attrice CARMEN CHIMENTI darà lettura di testi di argomento storico.
La Consulta per la Laicità delle Istituzioni di Milano è una associazione di associazioni (attualmente 24), di molti e diversi orientamenti che si propone di diventare il luogo di scambio e di confronto per coloro che operano in difesa della laicità delle istituzioni. La Consulta intende operare per uno spazio pubblico neutro, comune a tutta la Cittadinanza indipendentemente dalle convinzioni etiche o religiose, come dettano la Costituzione Italiana e la Carta dei Diritti dell'Uomo. La Consulta ha effettuato la sua presentazione ufficiale alla cittadinanza in data 17 febbraio 2009 nella Sala Alessi di Palazzo Marino.

La Consulta è regolarmente registrata quale Associazioni di Promozione Sociale presso l' Ufficio del Registro di Milano. www.milanolaica.it


È operativo in Italia il
Coordinamento Nazionale
Consulte per la Laicità delle Istituzioni
Il Coordinamento delle Consulte si rivolge a tutto il Paese per trasmettere e comunicare i propri principi e le proprie iniziative culturali; inoltre, intende porsi come interlocutore laico delle Istituzioni Pubbliche, confrontandosi in maniera dialettica con esse, ai fini di garantire il rispetto della laicità istituzionale.

    Le tematiche della laicità costituiscono il vero terreno di confronto per il governo delle società contemporanee. Tale affermazione è ampiamente suffragata dal continuo e per alcuni aspetti sorprendente numero di richieste di costituzione di nuove Consulte che ci giungono. Dopo Torino, è stata la volta della Consulta di Roma e poi di quella di Trieste. Al più presto vedranno la luce le Consulte di Bologna, Milano, Pescara.

    Il Coordinamento Nazionale delle Consulte costituisce una rete nazionale di Consulte locali, ciascuna dotata di una propria autonomia, ma legate fra di loro dalla comune Carta dei Principi, dal comune logo e dalla comune denominazione.

Tullio Monti è il Portavoce del Coordinamento Nazionale delle Consulte per la Laicità delle Isituzioni. (e-mail: info@torinolaica.it)

Parma, Festa delle Barricate antifasciste - Agosto 1922
X edizione
Domenica 20 settembre – dalle ore 15:00
Piazzale Picelli – Parma
Mostre fotografiche sulle barricate del 1922
Banchetti con libri e materiali di collettivi e associazioni del movimento antagonista
15:30 Laboratorio per bambini
16:30 Visita ai luoghi dell’antifascismo in Oltretorrente
17:30 Lettura animata, illustrazione e laboratorio finale per bambini
18:00 Per contrastare il nuovo "rispettabile" fascismo - Assemblea pubblica
19:30 Festa popolare
21:30 Bicchierata antifascista
Info: www.parmantifascista.org
In caso di pioggia la festa si terrà domenica 27 settembre.


Circolo di via De Amicis - Federazione Italiana Associazioni Partigiane - Circolo Carlo Rosselli
Serata in onore di Agostino Viviani,
a sette mesi dalla Sua scomparsa
Circolo di via De Amicis, via De Amicis n. 17, Milano
con inizio dalle ore 20 di lunedì 21 settembre 2009.
All’iniziativa prendono parte alcuni eminenti amici di Agostino: Roberto Barzanti: la battaglia per la libertà e per la democrazia negli anni del fascismo, della resistenza e della liberazione; Giuseppe Di Federico: la battaglia per la riforma del processo penale, dell’ordinamento giudiziario e per una giustizia giusta; Mauro Mellini: le battaglie parlamentari per il rispetto della persona e dei suoi diritti, nella famiglia, nella società e davanti alla pubblica autorità; Carlo Tognoli: le battaglie politiche per la democrazia e per i diritti civili. Mario Artali introduce e coordina.

Sarà così dato concreto inizio al lavoro per ricordare come merita Agostino Viviani, irriducibile combattente per la libertà e per la democrazia, per il rispetto della persona e dei suoi diritti, per una giustizia giusta; un lavoro che s’intende portare a compimento entro il dicembre 2011, a cento anni dalla sua nascita. Chiunque intenda rendere testimonianza o consegnare documenti o comunicare semplici conoscenze utili a ricostruire la figura e le battaglie di Agostino Viviani potrà farlo nel corso od a conclusione della riunione o darne il preannuncio.       
       
       

       
       
       

Musica e filosofia 
ALESSANDRO ZANNIER & OTTODIX
Vi invitano alla Conferenza Stampa d' Inaugurazione del Festival della Filosofia di Modena - Carpi - Sassuolo
VENERDI 18 SETTEMBRE :: ORE 18.00
GALLERIA SAN GIORGIO
Via San Giorgio 8 :: Sassuolo (MO)
Durante l'incontro verrà presentato in anteprima il nuovo video di OTTODIX

STRANANOTTE regia di Marco Marchesi - in uscita ad Ottobre.
A seguire live-show di Ottodix
http://www.festivalfilosofia.it/?mod=eventi&id=810     

martedì 7 luglio 2009

Piero Boni

Lutto

È morto Piero Boni

Eroe della Resistenza e autorevole dirigente sindacale

Si è spento nella notte del 28 giugno, all’età di 89 anni, Piero Boni, ex segretario generale aggiunto della CGIL e presidente per molti anni della Fondazione Brodolini. Le esequie saranno celebrate martedì 30 presso la sede della CGIL Nazionale, a Roma in Corso d’Italia 25, dove alle 10 sarà allestita la camera ardente. Nel pomeriggio alle 16 si svolgeranno le esequie nel piazzale antistante la sede della confederazione.

    Piero Boni è stata una delle figure centrali del mondo del lavoro e del sindacato per molti decenni. Col nome di battaglia "Piero Coletti", Boni è stato un eroe della Resistenza, capo partigiano e Medaglia d'argento al Valor militare: partecipò alla liberazione di Parma dopo aver passato dieci mesi nelle Brigate Matteotti. Membro dell'Ufficio sindacale del PSI, nel primo dopoguerra entra a far parte dell'Ufficio Segreteria della CGIL. Nel 1957 diventa segretario nazionale della FIOM. Nominato membro del CNEL come rappresentante CGIL nel 1958, verrà confermato in quel ruolo fino al 1995.

    Nella primavera del 1960 viene eletto Segretario generale aggiunto della FIOM, a fianco di Luciano Lama, e membro dell'esecutivo della CGIL; carica che gli verrà confermata nel 1962 e nel 1964, a fianco di Bruno Trentin. Nel 1973 viene eletto segretario generale aggiunto del sindacato, carica che manterrà fino al 1977, anno in cui si dimetterà dalla segreteria. Nello stesso anno assume la Presidenza della Fondazione Giacomo Brodolini, un incarico mantenuto per moltissimi anni. Piero Boni è stato anche Presidente della Commissione Lavoro del CNEL tra il 1977 e il 1988 e, per alcuni anni, membro del Comitato Economico della Ue.

Alle compagne e ai compagni della CGIL, e per loro tramite ai familiari, esprimiamo il nostro dolore per la scomparsa di Piero Boni. - La red dell'ADL 

mercoledì 17 giugno 2009

State lasciando il settore americano

Mostra fotografica

Varese, da giovedì 18 giugno 2009
h. 18.00 Libreria Feltrinelli
corso Aldo Moro, 3 Varese

State lasciando il settore americano

h. 21.00 presso lo spazio scopriCoop
Coop di via Daverio, Varese

presentazione del libro di Luigi Lusenti

Parteciperà agli incontri con l'autore
JOLE GARUTI (saggista Milano)

Gli eventi saranno presentati da
GIUSEPPE MUSOLINO (ARCI Varese) In concomitanza presso lo Spazio scopriCoop sarà allestita una MOSTRA FOTOGRAFICA dedicata a Berlino durante la caduta del Muro

"Eravamo in piena guerra fredda, quando il nemico era chiaro e si poteva indicare a dito, ben lontani dai tempi di Gorbaciov e Raissa, dalla glasnost e dalla perestrojka. Sul ponte delle spie andava di moda il baratto fra dissidenti e agenti segreti, sui tetti delle ambasciate grappoli di paraboliche codificavano il mondo, orrore e sangue senza imbarazzo e tacita consegna di non aprir bocca, in palio per tutti la sopravvivenza."

Luigi Lusenti (Milano, 1953) ha curato il libro Carovana per la Pace (Edizioni Arci, 1992), Balcani '95 (Edizioni Est/Ovest, 1996), "Eravamo in tanti" (Edizioni ComEdit 2000, 2001),"Un proletario nella storia" (Edizioni ComEdit 2000, 2004).È coautore con Laura Miani di "Profughi - Testimonianze dalla ex Jugoslavia" (Edizioni ComEdit 2000, 1993). Ha scritto "La Soglia di Gorizia" (Edizioni ComEdit 2000, 1998)," Vite da cantiere" (Edizioni ComEdit 2000, 2005), "Una storia silenziosa" (Edizioni Comedit 2000).        

RUMORS - BOATOS

Riceviamo e volentieri pubblichiamo

RUMORS
BOATOS

Lasciamo andare, per un momento, l'analisi puntuale del voto Europeo, basato sulle percentuali e sui flussi.    Occupiamoci invece degli effetti politici, una volta tanto,  all'interno del Centro-Destra.

di Angelo Salvatori
(Communitas Roma)

Al di là delle dichiarazioni roboanti di solidarietà nei confronti del Premier, un sottile venticello di preoccupazione comuncia a soffiare nei piani alti della coalizione.

    Le dichiarazioni minacciose, le battute da comico da avanspettacolo cominciano a preoccupare anche il centro-destra, in quanto sono la misura dell’incapacità di un Primo Ministro di capire e di governare una paese cosi’ complesso come l'Italia, in un momemto così difficile per l'economia.

    Insomma,con una maggioranza così forte in entrambi i rami Parlamento, sentire fare ipotesi di Governo tencnico, di Governo istituzionale, le formule possone essere tante, ma l'effetto è lo stesso:ingenera insicurezza in Berlusconi.

    Probabilmente fino a che il patto tra il Premier e la Lega reggerà non succederà nulla, ma il semplice accenno a queste ipotesi (si fanno i nomi di Tremonti, Letta, Draghi), spiega molto più dei numeri, il nervosismo che il risutato elettorale ha indotto nel Presidente del Consiglio.

    Non ci sono solo i problemi interni, nei i prossimi giorni durante la visita ad Obama, il nostro dovrà spiegare molte cose, in termini di politica estera, che probabilmente non sono gradite all'attuale Amministrazione Americana.

    Il triangolo Europeo, Gran Bretagna, Francia, Germania ha praticamente escluso l'Italia dai grandi paesi europei.
    La politica di amicizia, se non di complicità con Putin ci rende sospetti, l'eccessivo entusiamo per la visita di Gheddafi ci rende ridicoli.

    Non sararanno certo al centro dei colloqui, le battute infelici, come quelle sull'abbronzatura, o la sguaiata dichiarazione che la vittoria di Obama favorirà il terrorismo Islamico, ma certo non aiuteranno l’ Italia e il suo rappresentante, al quale comunque è stata riservata un'accoglienza di secondo livello.

    Quindi il risultato del voto Europeo, aiutato anche dal vento di destra, che spira in tutt'Europa, sembrava aver premiato la stabilità di governo, ma i RUMORS, che Berlusconi spera non diventino BOATOS, stanno sicuramente innervosendo ed inacidendo il bravo premier.


Riceviamo e volentieri pubblichiamo

Nasce la Fondazione Maurizio Valenzi

La fondazione nasce con l’obiettivo di creare a Napoli un’istituzione internazionale, non schierata politicamente, attiva nella cultura e nel sociale

A Napoli 12 giugno scorso è stata presentata al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano la Fondazione Valenzi, dedicata a Maurizio Valenzi, l’ex parlamentare italiano ed europeo sindaco delle prime giunte di sinistra a Napoli dal 1975 al 1983 che il 16 novembre compirà cento anni.

    La Fondazione è stata creata nel maggio 2009 dai figli Lucia e Marco che ne sono anche rispettivamente il presidente e vicepresidente. Ha l’obiettivo di tutelare e consolidare il patrimonio culturale e politico di Maurizio Valenzi e della moglie Litza e di creare a Napoli un’istituzione internazionale, non schierata politicamente, attiva nella cultura e nel sociale.

    Sono coinvolte negli organi della Fondazione, che vede come segretario generale il giornalista Roberto Race e come tesoriere il commercialista Luigi Caputo, personalità italiane e straniere della politica, della cultura e dell’imprenditoria, attraverso il Comitato d’Onore, il Comitato di Indirizzo, ed i Comitati Tecnico-Scientifici (i cui componenti saranno comunicati nei prossimi mesi).

    In occasione del 16 novembre, data del centenario della nascita di Maurizio Valenzi, la Fondazione organizzerà, in collaborazione con la Fondazione Premio Napoli, un grande evento pubblico al quale saranno invitate personalità italiane e straniere.

    Nel corso dell'evento il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano consegnerà il Premio Speciale che la Fondazione Premio Napoli ha conferito quest'anno a Maurizio Valenzi e saranno presentati una mostra fotografica ed un libro nel quale sarà racchiuso, in maniera non esaustiva, un ricordo dei tanti amici ed anche di avversari leali di Valenzi, come capi di Stato e di Governo, politici, intellettuali, imprenditori, scienziati e artisti nazionali ed internazionali.

    "Con la nascita della Fondazione- dichiara Lucia Valenzi- abbiamo voluto fare uno sforzo per continuare un percorso e prolungare, sia pure in forme diverse, l’impegno che ha guidato la maggior parte dei cento anni di vita di mio padre. Da quando giovane in Tunisia ha rinunciato ai suoi privilegi per condividere con i suoi amici i pericoli della lotta al fascismo, a quando ha frequentato sia gli ambienti intellettuali che gli operai e i diseredati napoletani. Mio padre ha amato e "scelto" Napoli, pur avendola conosciuta nel momento più disastroso dell’immediato dopoguerra, e questo amore è nato dopo esperienze di vita in realtà internazionali come la Parigi del Fronte popolare del 1936. Una Napoli pur sofferente non provinciale, una Napoli porto di mare e accogliente verso gli stranieri. Così la Fondazione Valenzi nasce per Napoli ma con una vocazione internazionale e con una grande attenzione ai progetti per il sociale, a partire da quelli per l’infanzia."

Hanno già aderito al Comitato d’Onore i Presidenti Emeriti della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi e Francesco Cossiga, l’ex Presidente del Parlamento Europeo e Presidente Onorario della Fondation pour la Mémoire de la Shoah Simone Veil, il Vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura Nicola Mancino, il Sottosegretario al Ministero degli Esteri Vincenzo Scotti, il presidente della Commissione Vigilanza Rai Sergio Zavoli ed il Principe Amedeo di Savoia.

    Mentre fanno parte del Comitato d’Indirizzo: Orazio Boccia, Ferdinando Bologna, Francesco Paolo Casavola, Guido D’Agostino, Vezio De Lucia, Domenico De Masi, Roberto De Simone, Gianfranco Dioguardi, Giuseppe Galasso, Pietro Gargano, Andrea Geremicca, Ezio Ghidini Citro, Roberto Ciuni, Lidia Croce Herling, Antonio Ghirelli, Ugo Gregoretti, Denis Krief, Franco Iacono, Antonello Leone, Luigi Lombardi Satriani, Emanuele Macaluso, Gerardo Marotta, Gilberto Marselli, Aldo Masullo, Gustavo Minervini, Eleonora Puntillo, Francesco Rosi, Eirene Sbriziolo, Maurizio Scaparro, Lucien Sfez, Vincenzo Siniscalchi, Sandro Temin e Luciana Viviani.

- La presentazione completa della Fondazione è scaricabile dal sito www.fondazionevalenzi.it Per ulteriori informazioni: Roberto Race, Segretario Generale della Fondazione Valenzi (3470885233 -3339064533).