lunedì 23 febbraio 2015

Intervento di Pia Locatelli alla Camera dopo la relazione del ministro degli Esteri Paolo Gentiloni sulla crisi libica

Da Avanti! online

www.avantionline.it/

 

di Pia Locatelli, deputata del Psi

Presidente emerita dell’Internazionale Socialista Donne

 

Ringrazio il ministro Gentiloni per essere tempestivamente venuto in Aula a fare chiarezza, affermazioni raccolte fuori dal contesto possono essere facilmente travisate e ingenerare confusione. Bene quindi che la questione Libia sia stata riportata nell’unico ambito che le compete: quello istituzionale, sia a livello nazionale sia a livello internazionale.

    Tre brevi considerazioni: la prima riguarda l’atteggiamento delle forze parlamentari, quasi sempre assunto nelle democrazie mature:  in politica estera si deve fare tutto il possibile per non dividersi. Di fronte a una minaccia esterna, la posizione del nostro Paese deve essere univoca. La strumentalità per raccogliere consensi non è accettabile.

    La seconda considerazione riguarda l’enorme capacità comunicativa dell’Is e di contro la nostra inadeguatezza: loro sono riusciti a far credere che il “Califfato” ha conquistato il  territorio libico, si tratta invece di realtà locali che hanno dichiarato di “sposare” la causa dell’Isis, nulla di più; noi siamo riusciti a farci qualificare come il Paese delle crociate, essendo un Paese laico che non vuole crociate, né le loro, né le nostre. Quindi maggiore cura nella comunicazione.

    L’ultima considerazione riguarda il da farsi. Con convinzione noi socialisti affermiamo che l’escalation militare in Libia è opzione estrema e di ultima istanza;  prima  va sostenuta la capacità del popolo libico di autodifendersi e autosostenersi, e quella dei Paesi arabi vicini di intervenire, nelle declinazioni da lei elencate.

    Questa linea di condotta ci “mette al riparo” da due possibili problemi: che sia rievocata la spinosa questione del colonialismo italiano e che sia fomentata la retorica islamista che invoca la guerra agli stranieri crociati per raccogliere consensi. Soprattutto, evita di creare le condizioni di una “guerra asimmetrica”, che sono proprio quelle ricercate dai gruppi insorgenti per massimizzare il loro potenziale offensivo.

    Infine, come già detto dal collega Marazzitti con riferimento a Romano Prodi, ricordiamo che l’Italia ha personalità con grande esperienza internazionale,  autorevolezza, riconoscimento da parte delle numerose parti in causa libiche, che possono svolgere un grande ruolo di mediazione/raccordo dei diversi fronti libici non Daesh. Utilizziamo queste risorse, non sbagliamo ancora una volta.

 

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lunedì 9 febbraio 2015

"Con Pertini al Quirinale"

LA RECENSIONE

  

Simboli e poteri - I diari di Antonio Maccanico

 

di Stefano Rolando

 

L’edizione postuma dei diari di Antonio Maccanico relativi al settennato di Sandro Pertini al Quirinale riguardano il tratto 1978-1985. Sono stati curati e dettagliatamente annotati da Paolo Soddu (contemporaneista a Torino, autore di una biografia dedicata a Ugo La Malfa) e prefati da Eugenio Scalfari, di cui il Mulino (che li edita) sceglie un breve brano come cifra interpretativa complessiva che appare nel retro di copertina: “Non era facile guidare un uomo come Pertini, specie da quando aveva assunto la più alta carica dello Stato, e non era facile proteggerlo dal suo carattere, dalle decisioni che prendeva più col cuore che con la sua testa e che attuava immediatamente. Ma Tonino ci riuscì dedicandogli tutto se stesso”.

    Seicento pagine ripropongono anni crucialissimi della storia dell’Italia repubblicana. Anni con le radici affondate in tutto il secolo, con il disvelamento – ovvio per gli addetti ai lavori, meno per l’opinione pubblica – dei pochi e riservati luoghi in cui tutta la classe dirigente italiana, ancora nel pieno della sua prioritaria articolazione nel pluralismo dei partiti, converge nella quotidianità, converge nelle verità, converge nelle fragilità, converge nelle vanità. Ma è ancora dedita ad un progetto complessivo di evoluzione della incompiuta democrazia italiana, confrontandosi con la chance ­ (che la presidenza Pertini offre) di ricucire lo strappo ormai grave tra istituzioni e cittadini e di trasformare l’abisso degli anni segnati dal terrorismo in una opportunità di riscatto e di orgoglio nazionale. Dunque gli anni che vanno dal caso Moro al caso Craxi, cioè dall’esplosione del progetto di unità nazionale causata dall’assassinio del leader della DC (e probabile prossimo presidente della Repubblica) al rilancio della competizione politica e ideologica della regola democratica. Un rilancio gestito – dopo e solo per alcuni versi anche in continuità rispetto al governo Spadolini – soprattutto dai socialisti (…)

 

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SEGNALAZIONE

 

Je suis laïque!

 

Nel nome di Giordano Bruno 

 

Roma Piazza Campo de’ Fiori 

martedì 17 febbraio 2015 ore 17.00

 

C e r i m o n i a

deposizione corone e saluti istituzionali

Interventi musicali: Lucia Ianniello  tromba,  Maria Giuditta Santori  percussioni

 

C o n v e g n o

Maria Mantello – Giordano Bruno, né dogmi, né padroni

Franco Ferrarotti - Giordano Bruno, la poesia della libertà

Carlo Bernardini – Laicità – Scienza - Libertà

 

Partecipazione artistica del Centro Studi Enrico Maria Salerno

 

Presenta Antonella Cristofaro

 

Anche quest’anno l’Associazione Nazionale del Libero Pensiero “Giordano Bruno”, in collaborazione con Roma Capitale, ricorderà il 17 febbraio a Roma in piazza Campo dei Fiori (ore 17.00), il grande filosofo Giordano Bruno, mandato al rogo dalla lucida follia della Santa Inquisizione il 17 febbraio del 1600.

    Il convegno, al titolo ormai tradizionale “Nel nome di Giordano Bruno” aggiunge quest’anno il sottotitolo  "je suis laïque”, come omaggio anche ai liberi pensatori del Charie Hebdo che hanno pagato con la vita il coraggio della loro satira dissacratoria: proclama di non sottomissione a chi pretende che la religione sia al di fuori di ogni possibilità di analisi e critica. 

    Dopo l’attentato di Parigi al Charlie Hebdo, per l’Europa e il mondo democratico, per chi lotta per la democrazia e i diritti, la questione della laicità assume ancor di più valore di baluardo sia in "casa nostra", che contro la furia di dominio teocratico dei cecchini e tagliatori di teste jiadisti che sognano un unico popolo di sottomessi a un unico libro in nome di un unico dio.

    Je suis laïque, è allora il grido di resistenza attiva nella rivendicazione orgogliosa delle radici occidentali della democrazia, nella volontà di difenderla da chi sta cercando d’imporre la massificazione integralista della sua guerra santa, e nella desertificazione della individualità cannibalizza ogni sentimento di amore e solidarietà elevando odio e rapina a sistema di potere.

    Je suis laïque è la forza della ragione nell’intransigenza della tutela del primario diritto umano alla libertà di pensiero, valore fondante della civiltà occidentale, dell’Europa dei diritti e della democrazia che nella scelta e nel dubbio ha le proprie radici laiche.

    Radici che continuano a sbocciare anche se il fideismo cerca di reciderle, come scriveva Giordano Bruno: «Sono amputate radici che germogliano, son cose antique che rivegnono, son veritadi occolte che si scuoprono: è un nuovo lume che dopo lunga notte spunta all’orizonte et emisfero della nostra cognizione, et a poco a poco s’avicina al meridiano della nostra intelligenza».

    Di Giordano Bruno e della sua filosofia libertaria e attualissima, baluardo di laicità, parleremo martedì 17 febbraio a partire dalle ore 17.00 sotto il monumento a Giordano Bruno in Piazza Campo de’ Fiori a Roma.

    Un convegno a cielo aperto, che col patrocinio di Roma Capitale e del Centro Internazionale di Studi Telesiani, Bruniani Campenelliani “Alain Segonds - Giovanni Aquilecchia”, dopo la cerimonia di deposizione delle corone e i saluti istituzionali del Comune di Roma e di Nola continuerà con le relazioni di Maria Mantello (Giordano Bruno, né dogmi – né padroni); Franco Ferrarotti (Giordano Bruno, la poesia della libertà); Carlo Bernardini (laicità, libertà e scienza). Partecipazione artistica del Centro studi Enrico Maria Salerno e delle musiciste Lucia Ianniello e Maria Giuditta Santori. Presenta la scrittrice Antonella Cristofaro.

 

Maria Mantello,

Associazione Nazionale del Libero Pensiero “Giordano Bruno”

        

 

Per liberare il Mezzogiorno dall'economia criminale

LAVORO E DIRITTI

a cura di www.rassegna.it

 

Il Viaggio della legalità fa tappa a Napoli e in Campania. Una settimana di incontri, dibattiti, assemblee nei territori e nei luoghi di lavoro. Far ripartire il Paese dalla lotta alla corruzione

 

di Gianluca Torelli

 

Il “Viaggio della legalità” in questi giorni fa tappa in Campania. Una settimana di incontri, dibattiti, assemblee nei territori e nei luoghi di lavoro. La cinque giorni campana è stata aperta dall'iniziativa che si è svolta lunedì scorso a Napoli, nella centralissima Villa Pignatelli, cui ha partecipato il segretario generale della Cgil Susanna Camusso. La mattinata di riflessione è stata coordinata dal Segretario della Cgil Campania Franco Tavella e introdotta dal Segretario della Cgil dell'area metropolitana Federico Libertino.

    Al centro del dibattito una domanda: come si liberano il Mezzogiorno e il Paese dall'economia criminale? Gli interventi dei relatori hanno provato ad affrontare questo nodo e a fornire delle risposte. Nella sua relazione introduttiva, Libertino si è concentrato in particolare sul contrasto alla corruzione, sul recupero delle aziende sequestrate e confiscate - su cui, ha spiegato Libertino, la Cgil di Napoli sta portando avanti una sperimentazione sindacale che sta dando grandi risultati -, sulla lotta alle ecomafie e sull'emersione del lavoro nero. In particolare, secondo Libertino, è necessario un cambio di passo da parte del Governo, che deve affrontare con determinazione i nodi cruciali della lotta alla criminalità economica e investire uomini e risorse nel settore della sicurezza e della giustizia, così come sono necessari investimenti, in particolare nel meridione, per creare posti lavoro e sviluppo. Fra le proposte di Libertino, quella di un profondo intervento di rigenerazione urbana che interessi in particolare le periferie di Napoli, un'iniziativa che secondo il segretario della Cgil di Napoli potrebbe “da un lato dare impulso all'occupazione, per dare risposte e una prospettiva di futuro ai giovani, creando posti di lavoro che vorrebbero dire libertà e progresso, dall'altro rimuovere quei fattori di degrado urbano e ambientale che sono poi anche la radice del degrado sociale e culturale, e ne rappresentano un presupposto spesso determinante.”

    All'iniziativa di Villa Pignatelli hanno partecipato Maria Cristina Amoroso, sostituta procuratrice della Repubblica presso il Tribunale di Nola, esperta in reati connessi alla criminalità e in reati ambientali, Donato Cafagna, vice prefetto incaricato dal Ministero degli Interni per la vicenda di Terra dei fuochi, e Fabio Giuliani, referente regionale di Libera in Campania, oltre a Raffaele Cantone, presidente dell'autorità nazionale anticorruzione, impegnato proprio in questi giorni a fare luce sulla vicenda degli appalti truccati all'ospedale di Caserta, dove i clan di camorra sono riusciti per anno a inquinare la regolarità nell'aggiudicazione delle gare. Il presidente Cantone ha rivolto, tra le altre cose, un appello alla Cgil a combattere insieme la battaglia contro la corruzione. Secondo Cantone la lotta alla corruzione è prioritaria per far ripartire l'economia del Paese e ridare competitività alle nostre imprese, che spesso a causa della corruzione non fanno innovazione e non investono per accrescere il proprio know how.

    Ha concluso i lavori Susana Camusso, che ha evidenziato come la legalità debba diventare “la quotidianità dell'osservazione”, una pratica quotidiana. Dopo la settimana campana, il "Viaggio della legalità" ripartirà alla volta di Roma, dove si concluderà il 19 febbraio.

 

martedì 3 febbraio 2015

Craxi - A quindici anni dalla morte

Il 19 gennaio del 2000 si spegneva in Tunisia Bettino Craxi. Sostiene Intini che mettevo a dura prova la sua pazienza. Io lo criticavo quando ritenevo che sbagliasse. Questa è la vera amicizia! Ma stimavo Craxi un grande leader e così voglio ricordarlo.

 

di Giuseppe Tamburrano

 

Lo ricordo con la pietas commossa per la sua morte in terra straniera e con l’affetto di chi non è stato suo scudiero ed ha cercato solo di aiutarlo ad usare al meglio le sue grandi doti: perciò lo criticavo quando ritenevo che sbagliasse (questa è la vera amicizia!).

    Sostiene Intini che mettevo a dura prova la sua pazienza: un giorno in direzione chiesi la parola ma me la negò con un sopruso. Ho avuto da parte sua un altro atto di inimicizia, quando chiese a Giuliana Nenni di togliermi la presidenza della Fondazione Nenni. Giuliana lo ha raccontato a Enzo Biagi: “Craxi non ama i suoi contestatori e Tamburrano è stato un coerente oppositore e una persona intellettualmente onesta. Craxi avrebbe desiderato un altro, ma senza fare nomi”. (La Disfatta, Rizzoli, p. 43)

    Anche se non sapevo né volevo tenere le lingua a freno stimavo Craxi un grande leader. E così voglio ricordarlo, soprattutto dopo la caduta del muro di Berlino quando la miopia di Occhetto impedì ai due partiti, ormai non più divisi dal muro, di unirsi e dare vita all’alternativa alla DC.

    Ricordiamolo, compagni: lo merita. E’ stato perseguitato dalla Procura milanese. Non avevano prove di reato e usarono la logica aberrante:”non poteva non sapere”. Arrivarono al punto, nella loro persecuzione, di affermare che aveva “confessato” in un discorso il 29 aprile 1993, un grande discorso alla Camera nel quale egli, rivolto agli altri partiti, dichiarò che il finanziamento ai partiti era largamente irregolare e illegale e che occorreva riformarlo e aggiunse: se qualcuno in questa Aula ritiene che il finanziamento del suo partito è regolare si alzi. Non si alzò nessuno: nemmeno Cossutta che forse aveva in tasca i rubli ricevuti freschi freschi dai sovietici.

   Craxi voleva sollevare un caso di coscienza collettivo delle forze politiche per affrontare in modo nuovo il problema del finanziamento e in generale del sistema partitocratico: ma lui era uno statista, gli altri dei conigli o delle volpi.

    Del suo discorso si interessò la Procura di Milano e quei Torquemada dissero: ma questo discorso è una “chiamata di correo”, è dunque una confessione. E Craxi, assaltato da tanti sciacalli, andò a morire straziato fuori del suo Paese. Ricordiamolo, compagni!

 

Borrelli - "Chiedo scusa per il disastro seguito a "Mani Pulite". Non valeva la pena di buttare il mondo precedente per cadere in quello attuale." - Francesco Saverio Borrelli

 

Di Pietro - «Bettino Craxi si assunse le sue responsabilità e denunciò in eguale misura quelle degli altri, aiutando così la nostra inchiesta. E questo Craxi lo sapeva, non lo fece insomma a sua insaputa, non era un ingenuo. Denunciò il sistema di Tangentopoli nell’aula della Camera e davanti ai giudici del tribunale di Milano. Gli altri invece hanno fatto gli ipocriti e hanno continuato a farsi i ca… loro». – Antonio Di Pietro