giovedì 29 gennaio 2009

Problema: Cattolicesimo controllato dall'esterno

Tramite "Ecumenici" riceviamo e volentieri pubblichiamo
Uno sguardo alla realtà religiosa cinese
Il pastore evangelico svizzero Tobias Brandner vive e lavora a Hongkong da dodici anni. Brandner si trova in Cina su incarico dell’organismo di partenariato tra chiese Mission 21, con sede a Basilea. A Hongkong è cappellano nelle carceri. Il settimanale svizzero Reformierte Presse lo ha intervistato a proposito della situazione religiosa in Cina.

a colloquio con Tobias Brandner
- Perché il governo cinese non vede di buon occhio le religioni? Brandner: Le religioni sono guidate e governate da un’altra autorità. Il governo cinese è abituato a pretendere di essere l’autorità più alta. Le religioni non rispettano ovviamente questa pretesa.

- La Cinanon gode di una buona immagine, in Occidente, per quanto concerne la libertà religiosa e il rispetto dei diritti umani. A torto o a ragione? Brandner: A mio parere, a ragione. La classe dirigente attualmente al potere si preoccupa del dissenso e cerca in ogni modo di vietarlo. La crescente disparità tra ricchi e poveri provoca molta instabilità. Le autorità cinesi affrontano il problema aumentando e irrigidendo i controlli.

- In Occidente abbiamo l’impressione che il governo cinese se la prenda più con i tibetani che con i cristiani. Come giudica la situazione? Brandner: La situazione dei cristiani è in effetti diversa da quella dei tibetani. Nei confronti dei tibetani il governo attua una vera e propria repressione, perché teme il pericolo di una secessione. Per quanto concerne i cristiani, questo timore non c’è. La maggior parte dei cristiani appartiene all’etnia Han che rappresenta oltre il 90% dell’intera popolazione cinese. Inoltre la maggior parte dei cristiani non si interessa di politica – almeno fino a quando il governo li lascia in pace. Lo Stato cinese sostiene addirittura la chiesa protestante patriottica, allo scopo di guadagnarla alla propria causa e legarla a sé.

- I buddisti possono vivere liberamente la loro fede in Cina? Brandner: Per i buddisti vale ciò che ho detto per i cristiani. Se mantengono un atteggiamento patriottico e non esprimono critiche contro il governo, vengono lasciati in pace o addirittura sostenuti. È raro che abbiano delle critiche da muovere al governo.

- Qual è la situazione della minoranza musulmana degli Uguri? Brandner: La paura, diffusa in Occidente, nei confronti di gruppi islamici radicali, ha dato al governo di Pechino la legittimazione per procedere contro la minoranza degli Uguri. Quella popolazione non si sente cinese e questo accresce nelle autorità il timore di una secessione. Il Tibet, il territorio uguro dello Xijiang e Taiwan sono le minacce più rilevanti all’integrità dello Stato. A Taiwan, diversamente che nel Tibet e nello Xinjiang, l’indipendenza è già una realtà.

- Il cristianesimo e la mentalità cinese sono compatibili? Brandner: Assolutamente sì. Del resto, non conosco nessuna cultura che sia incompatibile con il cristianesimo. Forse si potrebbe dire che la mentalità cinese è anche più compatibile con il cristianesimo che non l’arida razionalità europea. In Cina i racconti di guarigioni spirituali, della cacciata dei demoni, dello Spirito santo che trasforma la vita delle persone trovano un terreno più favorevole.

- La religione dominante in Cina è il buddismo? Brandner: No, la religione dominante è il culto degli antenati, una forma di animismo. Il buddismo si è diffuso amalgamando elementi di quella tradizione.

- E il cristianesimo? Si parla di 60-100 milioni di credenti. È più presente il protestantesimo o il cattolicesimo? Brandner: Il protestantesimo è più presente. È anche più capace di adattarsi in modo flessibile alle diverse circostanze contestuali. Il problema, per il cattolicesimo, consiste nel fatto di essere controllato dall’esterno, da un altro centro di autorità. E ciò non piace ai cinesi, i quali da questo punto di vista sono molto sensibili.

(traduzione italiana di Paolo Tognina)
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
Riceviamo e volentieri pubblichiamo
A volte è un caso, a volte no!
Fahrenheit dal 26 al 30 gennaio 2009
Questa settimana, infatti, non avevamo previsto di occuparci tanto di disagio giovanile: tra hikikomori (il fenomeno di autoreclusione che coinvolge, in Giappone, oltre un milione di adolescenti) e lolitismo (la tendenza ad imporre modelli sempre piu’ precoci di "femminilità"), il mondo dei ragazzi è rimasto al centro della nostra attenzione per l’intera settimana.

E la prossima? Vedremo cosa ci suggeriranno le notizie che ogni mattina confluiscono dal mondo verso la nostra redazione. Ma intanto un punto fermo: martedì 27 gennaio è il giorno della memoria, e Fahrenheit si occuperà non solo della sua celebrazione, ma anche e soprattutto di amplificare le nuove domande che s’impongono a distanza di nove anni intorno ad essa (la giornata della memoria, che ricorda le vittime dell’Olocausto e della resistenza al nazifascismo, fu celebrata per la prima volta in Italia nel 2001).

Intanto, quindi, stabilire un primo bilancio: il ricordo sensibilizza? Riconcilia? Esaspera i conflitti? Lo domanderemo martedì allo storico David Bidussa, che nel suo ultimo libro (Dopo l’ultimo testimone, Einaudi) si interroga anche sul passaggio, ormai imminente, da una fase storica nella quale la memoria della Shoah ha potuto ancorarsi alla testimonianza diretta di chi c’era, a quella in cui spetterà a noi mantenerla viva, raccogliere il testimone, fare in modo che non si disperda.

A questa riflessione arriveremo dopo aver ascoltato lo storico Marcello Pezzetti, che il giorno precedente (lunedì 26) dara’ voce attraverso i nostri microfoni alle oltre cento testimonianze contenute nel suo Libro della Shoah italiana (Einaudi) : un viaggio nella memoria dei nostri connazionali che subirono la discriminazione razziale e la deportazione.

Naturalmente, oltre alle voci dei nostri ospiti e a quelle raccolte da Pezzetti, ci interessa "sentire" anche le vostre: potete già da ora tradurle in una mail da inviare a fahre@rai.it. Carlo D' Amicis, che condurra` tutta la prossima settimana, leggerà le vostre lettere nel corso del programma.

Vi invitiamo a riascoltare la puntata del 15 gennaio 2007, dove Saul Meghnagi presentava il suo saggio Memoria della Shoah. Dopo i testimoni (Donzelli)

Sara` infine una settimana ricca di titoli importanti nello spazio del Libro del Giorno: Alberto Ongaro, dopo il successo de La versione spagnola, presenta il suo nuovo romanzo dedicato a Hugo Pratt, Un romanzo di avventura (Piemme); una voce molto amata dal pubblico di Radio3, quella dell'attore Filippo Timi, giunto al suo terzo libro: in Peggio che diventare famoso (Garzanti) racconta la sua esperienza cinematografica maturata sul set del film di Gabriele Salvatores, Come Dio comanda; Gilberto Severini, poeta e scrittore di culto, racconta in Il praticante (Playground) una complessa vicenda umana nella provincia italiana degli anni Sessanta; Vito Bruno con il Ragazzo che credeva in Dio (Fazi), racconta una storia dolente, un' indagine sulla fede, l'amore, la sofferenza; infine Giuseppe Genna, infaticabile animatore della rete e voce oramai piu` che affermata della narrativa italiana, presenta Italia de profundis (Minimum fax), un libro complesso e dolente dove l'autore si mette a nudo e precipita insieme e specularmente al Belpaese.

Continueremo poi a proporvi gli spazi consueti della Caccia al Libro, di Storyville, della Poesia, del Gioco, del Vocabolario - che sara` curato dalla storica Antonella Tarpino - : tutte parti del nostro programma che trovano ampio corrispettivo sul sito: non mancate perciò di seguirne l’andamento collegandovi a www.fahre.rai.it.


mercoledì 21 gennaio 2009

Storia del socialismo di lingua italiana

LA FONDAZIONE PELLEGRINI-CANEVASCINI
La Fondazione Pellegrini-Canevascini è composta da un gruppo di storiche e di storici che si occupa di raccogliere, catalogare e studiare documenti sulla storia sociale e sul movimento operaio nella Svizzera italiana e sugli italiani in Svizzera.

di Nelly Valsangiacomo
La Fondazione Pellegrini-Canevascini è composta da un gruppo di storiche e di storici che si occupa di raccogliere, catalogare e studiare documenti sulla storia sociale e sul movimento operaio nella Svizzera italiana e sugli italiani in Svizzera (antifascismo, immigrazione...). Pubblichiamo ricerche, organizziamo progetti, consigliamo studiose e studiosi che consultano i nostri archivi e partecipiamo con regolarità a diverse occasioni pubbliche (corsi di formazione, convegni, seminari, conferenze...).

La lunga collaborazione con l’Archivio di Stato del Canton Ticino (dove sono depositati i nostri fondi) e con altri archivi e centri di ricerca nazionali e internazionali, così come l'assidua consultazione dei documenti raccolti da parte di ricercatori e ricercatrici, è significativa della fiducia e dell’interesse che la nostra Fondazione ha raccolto nel corso della sua quarantennale esistenza di appassionato volontariato.

Forniti da alcuni anni di un sito Internet, ci siamo ora dotati anche di una newsletter, di cui in allegato trovate il primo numero. Ci permettiamo dunque di segnalarvi questo foglio informativo che uscirà 6-8 volte all'anno. Se siete interessate-i alle alle nostre attività, potete iscrivervi alla newsletter sul sito www.fpct.ch.

Le prossime iniziative della Fondazione Pellegrini-Canevascini
Mendrisio, 29 gennaio 2009
Nino Borella, socialista di frontiera Giovedì 29 gennaio alle ore 20.30 presso l'Albergo Ristorante Stazione a Mendrisio la Fondazione Pellegrini-Canevascini presenterà il volume Socialista di frontiera. L'avvocato Francesco Nino Borella (1883-1963) di Francesca Mariani Arcobello. Oltre all'autrice, discuteranno del libro Nelly Valsangiacomo, storica, e Benito Bernasconi, già Consigliere di Stato. Un incontro pubblico per ricordare la figura di un uomo che fu tra gli esponenti politici di maggiore rilievo nel movimento operaio ticinese durante la prima metà del Novecento.

Per una storia delle Officine FFS di Bellinzona
La Fondazione Pellegrini Canevascini, in collaborazione con l'Associazione Treno dei sogni, ha lanciato un progetto di raccolta e catalogazione di documenti e interviste sulla storia delle Officine FFS di Bellinzona. Una prima parte del progetto, focalizzata sullo sciopero della primavera 2008 e realizzata con il sostegno finanziario del Cantone, ha dato nascita al "Fondo 61" presso l'Archivio di Stato (cf. nel sito la presentazione). Attualmente sono iniziati i lavori in vista dell'ampliamento di questo primo progetto, che si svolgeranno su quattro diversi livelli: Il completamento del Fondo archivistico 61. Esiste una documentazione, anche personale, di grande interesse che andrebbe repertoriata. L'archivio delle Officine. L'obiettivo essenziale è rimettere insieme i cocci dell'archivio di fabbrica, per una storia generale delle OFFS.

Documenti audiovisivi. La maggior parte dei materiali prodotti dallo sciopero sono audiovisivi, che devono essere quindi selezionati per una trascrizione e completati con informazioni che ne permettano in futuro un uso più agevole.

Una storia orale delle OFFS. Progettiamo di realizzare un certo numero di interviste, con criteri scientifici, tenendo conto che ci sono interessi e sguardi diversi che puntano sulle Officine. Appello "archivi della contestazione" La scarsità degli studi fin qui dedicati agli "anni '68" nella Svizzera italiana è forse determinata anche dalla frammentarietà della documentazione disponibile. Accanto a un'organizzazione duratura e istituzionalizzata come il Partito socialista autonomo, vi sono decine di gruppi di diversa natura, spesso effimeri, che hanno prodotto documenti interni, giornali, volantini, sparsi qua e là in raccolte private. Alcune schegge di questo archivio plurale e disperso sono già state affidate alle cure della Fondazione. Da quest'anno vorremmo raccoglierne altre, di schegge, e poi allestire un catalogo ragionato che permetta ai ricercatori di muoversi più facilmente nei meandri cartacei degli "anni '68". Invitiamo i detentori di documenti questa natura a prendere contatto con noi. Stiamo anche pensando a una raccolta di testimonianze orali, di cui dobbiamo decidere i criteri.

mercoledì 14 gennaio 2009

Pubblicazioni: Emilio Lussu / Leo Zanier

Riceviamo e volentieri segnaliamo
Emilio Lussu: La "Difesa" di Roma
di G. L. (9-10 settembre)
a cura di Renzo Ronconi
Aragno Editore
Pubblicato anonimo a Roma, nel 1943, come opuscolo di propaganda clandestina del Partito d'Azione, La "Difesa" di Roma di G.L. (9-10 settembre) torna oggi alla luce per la prima volta con la firma del suo autore, Emilio Lussu.

Il libello politico si rivela una narrazione appassionata del disastro dell'Otto Settembre: innanzi tutto il re in fuga («Così, la famiglia reale partì, fra i colpi di cannone, che risuonarono come rintocchi funebri di una campana che suoni a morto»); quindi, lo Stato e l'esercito in balia dell'invasione tedesca e, accanto e contro tutto ciò, l'ideale civile di una Resistenza disperata e al tempo stesso già proiettata verso l'Italia del domani. Accompagna il testo, corredato di un ampio saggio introduttivo di Renzo Ronconi, una preziosa testimonianza di Vittorio Foa.

_ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _

La poesia di Leo Zanier
Dell’umile fagiolo
e di civili malanni
"Lôcs”, quindici componimenti dello scrittore carnico dedicati ai "luoghi"
di Mario Turello
La Biblioteca Civica di Pordenone ha recentemente pubblicato, nella collana Piccola biblioteca di autori friulani, una nuova silloge di Leonardo Zanier, Lôcs (Luoghi). Monosillabico il titolo (icastico, essenziale, del tutto consono al modo poetico di Zanier, osserva in prefazione Elvio Guagnini), quindici poesie - l’ultima già edita - organizzate in sei sezioni, due delle quali consistenti d’una sola di esse, nondimeno il libro presenta numerosi motivi di interesse, che in parte si riverberano sulla produzione precedente.

In apertura, Fasôi (Fagioli) raggruppa quattro testi scritti su sollecitazione di Silvana Schiavi Fachin in occasione della pubblicazione di una ricerca sui fagioli della Carnia da parte dell’Azienda Agraria dell’Università di Udine. Il primo d’essi è quello che dà il titolo a tutta la raccolta: Lôcs. Poco più che un elenco di località carniche, si direbbe (Fasôi di Lenzon / Fasôi di Mion / E po di Preon / O di Cjasteon / Par no dî di Esemon, e così via per altre sei strofe, lasciando poi il passo a un ancor più fitto gioco toponomastico), ma ecco che la ripetuta preterizione (par no dî) conferisce un ammiccante tono litanico, ecco che il gioco delle rime cede (non tutti i nomi rimano!) alle interrogazioni, alle allitterazioni, alla sequenza binaria… Ma Zanier non si limita - non sarebbe Zanier - ai piaceri del catalogo (cari peraltro a grandissimi: a Omero, a Borges, a Queneau); due incisi, ed ecco il poeta della protesta, della denuncia: bastano un cressin corretto in cressaressin e i campi impradîts o imboschîts a dire l’abbandono della montagna.

Segue Stagjons: la sequenza delle stagioni in funzione della coltivazione dei fagioli, minuziosamente raccontata, ma con i verbi all’infinito, acquista il sapore del rimpianto. E’ poi la volta dei Dets e inventets: modi di dire, temi fiabeschi, battute popolari o citazioni colte in tema di fagioli: di nuovo l’elencazione, la giustapposizione, di nuovo gli inserti polemici: in questo caso, sugli spot (sale Jacum a cercar fortuna oltre le nuvole arrampicandosi sul fusto del fagiolo magico, ma como ch’a nus insegna la Tv: / sôra dai nûi lafè / al cjatà sôl cuatri macacos / ch’a bevevin cafè) e sui quiz televisivi paragonati a una gara di flatulenze. Infine il commiato agli umili legumi, ai loro Nons e colôrs, nomenclatura e tassonomia: nello spirito, suggerisce Guagnini, di un plazer provenzale.

Segue il trittico Natel (Cellulari, così sono chiamati in Svizzera) - Gris tal simiteri, Soterâts cemôt?, Claudio ‘l è muart -, fantasticheria macabro-surreale, stralunada, sulla possibilità che i morti vengano sepolti con addosso il telefonino attivo: ecco spiegato un frinire dove di grilli non c’è traccia. Qui la rassegna è quella dei suoi morti, e Zanier mescola al grottesco la rimostranza per il dissip delle tombe e delle ossa dei defunti, l’elegia della morte dei poveracci (neanche un soldo per pagare Caronte, nelle loro tasche), il ricordo commosso di un amico. Quattro anche i testi de La seconda forma…, tre in versi, uno in prosa lirica. E’ questa la sezione per certi aspetti più interessante. Come avvertiva Rienzo Pellegrini nel finissimo saggio Per una storia di «Libers … di scugnî lâ», Leonardo Zanier è sì soprattutto poeta civile, poeta di contenuti, ma la pratica della modifica e della riscrittura dimostra non solo una volontà di aggiornamento e di risemantizzazione in ragione del mutare dei tempi e delle contingenze, ma anche una costante minuziosa attenzione per la forma, che si traduce in riscritture e transcodifiche. Ma per ciò rimando a Pellegrini; basti qui dire che qui a ricevere la “seconda forma” sono due poesie riprese da Libers di scugnî lâ (Ogni sera diventa Dal ôr da la pleta;
Dulà sono lâts mantiene lo stesso titolo) e due da Cjermins: In tuna not como chesta e Cjasa Fenice di Pasca, quest’ultima - in prosa - rappresenta, più che un rifacimento, i paralipomeni delle due poesie sulle cjasas scieradas (è significativo che Un’âta cjasa scierada, originalmente scritta in versi, poi divenne un poemetto in prosa, per poi assumere una nuova forma metrica). La pratica della riscrittura è comune a molti scrittori, ma nel caso di Zanier il parallelo obbligato è con Pasolini, e qui si fa esplicito: l’ultima lirica (che nell’intenzione di Zanier dovrebbe «collegare “tutto”») è Di lusignas plen un prât, splendido empatico omaggio al poeta di La meglio gioventù e La nuova gioventù: una poesia, si direbbe, a due voci, che nel finale cedono a quella di Tavan: ce volêso mai capî / ch’i no sês nencja mats?

Tre diversità rivendicate, con disincanto. Altre due prose liriche compongono la sezione L’amôr in etât di A… (dove A sta per Alzheimer): i ricordi (I erin a stâ) e i malanni dell’età affrontati, consolatoriamente, con lo spirito beffardo del barone di Münchhausen, mentre sotto la rubrica Ju ultins dîs Zanier fa sua in Blut und Boden la «fulminante frecciata antinazionalista e antisciovinista» di Karl Kraus contro i localismi che «mettono sempre più Terra e Sangue nei loro
menùs». Traggo queste citazioni dalle note che come sempre accompagnano i testi poetici di Zanier che così diventano, secondo la definizione di Mordenti, dei “prosimetri”. Ma si faccia attenzione, avverte Guagnini, anche alle traduzioni che il poeta stesso fa in lingua italiana: rifacimenti anch’essi, altra poesia.

(c) IL MESSAGGERO VENETO, 15.12.08