mercoledì 24 giugno 2015

E il ragazzo va…

Segnalazione

 

Il bel film La scuola è finita, di Valerio Jalongo, con Valeria Golino, Vincenzo Amato e Fulvio Forti è fruibile in questi giorni su Rai Cinema Channel (vai al sito)

 

È fruibile in questi giorni su Rai Cinema Channel "La scuola è finita", film del 2010 di Valerio Jalongo, ambientato nella periferia romana, con baricentro in un istituto superiore molto degradato dove le forze dell'ordine passano di tanto in tanto col cane poliziotto a caccia di giovani spacciatori.

    Durante una di queste ronde diurne l'animale si butta sull'insegnante di lettere. Il quale non viene perquisito per intercessione della preside (Paola Pace). L'insegnante si chiama Aldo Talarico (Vincenzo Amato). Sua moglie, stufissima, è Daria Quarenghi (Valeria Golino) e sta divorziando da lui. Entrambi insegnano in quella scuola, intitolata a Johann Heinrich Pestalozzi, grande pedagogo illuminista svizzero del Settecento.

    A un certo punto l'edificio scolastico, che si trova in uno stato di incredibile fatiscenza, viene invaso da masse studentesche in vena di neo-luddismo. Segue distruzione vandalica di documenti e materiali didattici vari e financo di pezzi di muri...

    E però, e però… questi ragazzi organizzano anche un concerto oggettivamente ben riuscito. Durante il quale concerto tutti si entusiasmano per l'allievo Alex Donadei (Fulvio Forti), uno che di solito vende pasticche ed è sempre sballato.

    Ma la sera del concerto Alex suona splendidamente, grazie a un suo talento naturale, grazie alla grandissima incazzatura che si porta dentro, e anche grazie all'incoraggiamento minuzioso e implacabile del suo professore di lettere, il già citato Aldo.

    Comunque Alex ogni tanto esagera. Una volta, in preda alle pasticche, crede persino di poter volare. E, infatti, eccolo sul bordo vertiginoso del cortile interno della scuola mentre raggiunge barcollando l'ultimo piano dell'edificio nel panico nero di tutti.

    Si butta nel vuoto. Il film inizia qui. Con un tuffo al cuore.

 

Ma Alex è un ragazzo fortunato. In mezzo al cortile cresce un frondoso ippocastano, sul cui fogliame si suppone sia planato questo giovane demente in preda alle allucinazioni. Fatto sta che ne esce miracolosamente illeso e ce lo ritroviamo poco dopo a casa, a cavillare con la madre (Antonella Ponziani). Della quale odia il nuovo convivente (Gianluca Belardi). Con cui ingaggia una confusa colluttazione e poi fugge di casa. Sa benissimo che la sua sorte scolastica è segnata. Ma lui ormai pensa all'Australia. La mitica Australia! Dove vive il suo vero padre, che di tanto in tanto gli scrive mail e cartoline abbastanza affettuose.

    In realtà, il padre è un ex tossicodipendente. Adesso sembra in tutto e per tutto a un bravo signore sulla cinquantina. Lavora all'aeroporto di Fiumicino. È stata la madre ad averlo "diaframmato" dal figlio e ad avere simulato una corrispondenza posticcia. Ma dopo la colluttazione e la fuga di Alex la donna non ne può più di tutta questa menzogna e si reca perciò dalla professoressa implorandola di voler lei portare Alex a conoscere il padre: "Io non potrei. Non ho coraggio".

    Segue scena dell'incontro con il padre all'Aeroporto di Roma. La delusione di Alex non potrebbe essere più cocente. Salvare uno come Alex appare ormai inutile, oltre che impossibile. Nondimeno i due prof divorziandi non mollano. Pe' tigna?

    Daria segue il ragazzo al "Centro di ascolto scolastico". Aldo imbraccia la chitarra elettrica e istiga Alex a suonare e suonare. Entrambi i prof azzardano, ciascuno a proprio modo e misura, un certo grado di complicità. Per Aldo questo significa fare letteralmente di tutto affinché Alex accetti di esibirsi al concerto della "skuola okkupata". E contro tutti i pronostici Alex alla fine suona, mietendo un fantastico successo.

    Ma di lì a poco, in un giorno di sconforto per l'atto di divorzio or ora firmato assieme a Daria dall'avvocato, Aldo decide alla cazzo di assumere numerose sostanze stupefacenti che il volonteroso allievo gli procurerà per la modica cifra di cinquanta euro. E così il prof approda al pronto soccorso, dove metteranno a verbale che si è strafatto di "anestetico per cavalli" insieme a un allievo.

    Ovviamente Alex ha anche una mezza cotta per la prof, benché lei sia "una di quarant'anni". Le dice che è "bella", laddove invece Aldo l'aveva chiamata "brutta" volendo ferire l'ancora-moglie divorzista. Daria si sente abbastanza addolorata per quest'ultimo apprezzamento dell'ancora-marito e dubitativamente confermata, invece, da quello dell'alunno. Daria rimane assolutamente dentro ai binari. E alla fine, a bon droit, rivendica di avere la coscienza a posto. Non come Aldo che ha sbarellato.

    Ma anche Daria verrà colpita e affondata: da un morboso esposto della madre di Alex che la accusa d'intrattenere una relazione sentimentale con il figlio e di avere perciò seminato zizzania nella sua famiglia.

    Adesso i giornalisti stanno appostati come iene dietro ai cancelli della scuola. Daria e Aldo sono appena stati sospesi dall'insegnamento. Vediamo uscire prima lei e fendere dolente, quasi in trance, la piccola folla esagitata di professionisti dell'informazione.

    Poi passa Aldo e molla un cazzotto a una telecamera.

    La gogna mediatica riferirà di due insegnanti coinvolti in atti di vandalismo contro la scuola, in attività di spaccio di sostanze stupefacenti e persino in un centro d'ascolto "a luci rosse".

    I due prof disonorati sono intanto saliti in macchina e li vediamo allontanarsi depressi dall'Istituto Pestalozzi.

    Ma Alex sa che quella coppia stralunata di quarantenni divorziandi coperti di merda telegiornalistica ha comunque provato a dargli una mano.

    Li raggiunge in motorino costeggiandone la vettura. Dai finestrini li intravede abbastanza bene. Li guarda e li riguarda con sguardi che significano il suo riguardo nei confronti loro e solo loro.

    Daria accenna un saluto tenendo la mano a pugno semichiuso con grazia.

    E il ragazzo va.

    Va con mezzo sorriso pensoso sulle labbra, con il suo casco in testa, con gli occhi attenti alla strada, tra i casermoni e le massicciate e i murales della periferia metropolitana. (AE)

 

mercoledì 17 giugno 2015

L’onda lunga della secolarizzazione

FONDAZIONE NENNI

http://fondazionenenni.wordpress.com/

 

 di Luciano Pellicani

 

"Credo che non si possa parlare solo di una sconfitta dei principi cristiani, ma di una sconfitta dell'umanità". Con queste allarmate e allarmanti parole il cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano, ha commentato l'esito del referendum indetto il 22 maggio in Irlanda per decidere sulle nozze fra omosessuali. Un esito clamoroso, poiché l'Irlanda era considerata una società "cattolica par exellence". Evidentemente, l'onda lunga della secolarizzazione ha acquistato una velocità e una potenza espansiva tali da corroborare ampiamente la tesi di coloro che ritengono che ormai l'Europa occidentale ha cessato di essere una civiltà cristiana. Fra i quali recentemente si è distinto Riccardo Campa con un libro dal significativo titolo "La rivincita del paganesimo" (Deleyva Editore).

    La sua tesi centrale è che la secolarizzazione è il problema fondamentale della sociologia e che, per decifrare correttamente il processo di modernizzazione – vale a dire la transizione dalla Città sacra alla Città secolare – è imperativo partire dalla constatazione che la civiltà europea si è retta per secoli e continua a reggersi su due potenti tradizioni: quella greco-romana e quella giudaico-cristiana; ossia "Atene e Gerusalemme, l'Accademia e la Chiesa". Una coesistenza che non è stata punto armoniosa, come in passato ha preteso Talcott Parsons e come oggi pretende Rodney Stark. Al contrario: è stata — e continua ad essere — assai conflittuale poiché i valori cardinali della "Cultura delle Ragione" sono antitetici ai valori cardinali della "Cultura della Fede", centrata sul principio secondo il quale "Atene è pestifera per la salute dell'anima", formulato da Gregorio Nazianzeno e ossessivamente ribadito nel corso dei secoli dominati dal Contemptus Mundi. Per questo, opportunamente, Campa sottolinea con particolare vigore che, oltre ad essere fedele alla Ragione, la tradizione greco-romana è fedele alla Terra, mentre la tradizione giudaico-cristiana è fedele al Cielo. Una tesi, la sua, già espressa dal grande George Orwell con queste parole: "L'ideale umanistico e quello trascendente sono incompatibili. Si deve scegliere fra Dio e l'uomo e tutti i radicali e i progressisti, dal più blando dei liberali al più estremista degli anarchici, hanno in realtà scelto l'uomo".

    Stando così le cose, il riconoscimento del diritto degli omosessuali di sposarsi — sancito dalla maggioranza degli Irlandesi — non è altro che ultimo capitolo del secolare conflitto fra Atene e Gerusalemme, non già – come ritiene il cardinale Parolin – un sconfitta dell'umanità. Semmai, una sconfitta dell'umanità era la sadica pratica di ardere sul rogo coloro che, per le loro tendenze sessuali, erano considerati, dall'etica cristiana, peccatori contro la Natura e contro Dio.