venerdì 18 luglio 2008

Geremek, testimone ebreo-polacco

Geremek, testimone ebreo-polacco della cultura e della politica europee
di Claudio Vercelli

Ci sono morti che pesano come una montagna. Bronislaw Geremek, storico, politico, uomo di cultura, testimone del secolo da poco trascorso ci ha lasciati. Un incidente stradale si è incaricato, per così dire, di strapparlo dal novero dei vivi.

Chi si è occupato della Polonia contemporanea non meno che dell'Europa unita sa di chi stiamo parlando. Ministro degli esteri tra il 1997 e il 2000, sotto la presidenza Kwasniewski e il premierato di Jerzy Buzek, ha testimoniato nel corso di tutta la sua esistenza della possibilità di un' Europa pacifica e solidale.

Nato nel 1932 da un rabbino, perito poi ad Auschwitz, e da una donna che sopravvisse alla distruzione del ghetto di Varsavia, si impegnò fin da giovane nel movimento comunista per poi uscirne nel 1968, durante l'invasione di Praga da parte dei carri armati sovietici.

Da allora fu l'instancabile animatore dell'opposizione democratica al regime comunista polacco, assumendo posizioni di grande lungimiranza politica, laddove alla passione per la libertà si coniugava l'impegno per la solidarietà sociale.

Il nesso tra lo sviluppo dei diritti e l'espansione della sfera dell'eguaglianza gli era peraltro ben chiaro, derivandogli dal suo mestiere di storico. In tale veste di coscienza critica del passato che si trasfonde nel presente svolse quindi un ruolo di primo piano nell'evoluzione del movimento Solidarnosc, fatto che gli valse due arresti da parte delle autorità. Nella Polonia del dopo 1989 fu figura di grande rilievo divenendo infine, nel 2004, deputato al Parlamento europeo.

Di Geremek, appassionato studioso dell'età medievale e moderna, non può essere dimenticato il suo impegno contro le derive populiste che, anche nel suo paese, avevano attecchito in alcuni strati della popolazione. Con lui se ne va una parte rilevante della storia democratica del Novecento, quella ispiratasi ai progetti di una transizione consensuale dai regimi a democrazia popolare verso società aperte. Avremo la capacità di ricordarci quanto è stata importante quella stagione culturale, politica e morale per tutti noi?

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Premi e vitalità del cinema di casa nostra

È uscito il numero 7 (luglio 2008) di cinema italiano, trimestrale di solo cinema italiano d'autore, unico nel suo genere, mirato alla valorizzazione e alla promozione della cinematografia italiana di qualità, in Italia e all'estero. Di seguito l'editoriale del curatore della rivista web.

di Claudio Paroli

"Cinema italiano" giunge all'ottava edizione, dopo il lancio nel settembre 2006, e prosegue instancabilmente il suo viaggio per la promozione del cinema italiano d'autore, sia in Italia sia nel mondo: come sempre è scaricabile gratuitamente dal sito www.cinemaitaliano.eu.

La febbre politica di cui parlavamo nel numero scorso è passata, ora si potrebbe parlare piuttosto di coma, ma questo è un altro discorso... Tornando al cinema nostrano, è persino possibile che il governo in carica riesca a fare qualcosa di più rispetto a quello precedente  che notoriamente non avrebbe avuto tempo per quasi nulla  e alcuni cambiamenti preannunciati per la Festa di Roma autunnale lo starebbero a dimostrare. La vitalità e la bravura degli autori italiani, peraltro, sembra manifestarsi particolarmente nei "tempi duri" e il primo risultato è stato la doppia premiazione a Cannes per Gomorra e Il divo, due film su "temi forti" che ricordano premiazioni analoghe di tanti anni orsono.

In questo numero del giornale, fra i nove film recensiti, ci occupiamo innanzitutto del primo dei due succitati, nonché di altre opere significative degli ultimi due anni che, a nostro giudizio, meritano particolare attenzione. Come l'opera prima di Andrea Molaioli nominato da critici e giornalisti miglior regista esordiente dell'anno passato La ragazza del lago: un film pluripremiato in Italia anche per merito di Toni Servillo, il grande attore che ha contribuito con la sua bravura ai premi conseguiti dai due film italiani quest'anno a Cannes.

Co'è nostra abitudine, pubblichiamo anche dei portrait di registi italiani. Il primo è di Mimmo Calopresti, autore ormai affermato di cui recensiamo anche l'ultimo film L'abbuffata; il secondo è di Fabrizio Bentivoglio, un attore da anni apprezzatissimo che esordisce dietro la macchina da presa con Lascia perdere, Johnny!, di cui parliamo a pag. 11. In questo numero dedichiamo una pagina anche a Valeria Golino, un'atrice di rara intensità, ormai famosa nel mondo, con oltre 60 film all'attivo nonostante abbia solo 42 anni.

Per concludere, tre omaggi a personaggi importanti del cinema italiano: il primo per il centenario della nascita di Anna Magnani, interprete di Mamma Roma (il "classico" recensito a pag. 15), il secondo a Pier Paolo Pasolini, di cui questo film fu l'opera seconda e il terzo al regista Dino Risi scomparso pochi giorni fa: ma siamo certi, il suo cinema non scomparirà mai! Buona lettura, dunque, e buone visioni.

Tutti i numeri finora usciti sono scaricabili gratuitamente in formato PDF da www.cinemaitaliano.eu, dove si trovano anche un forum su cui esprimere le proprie opinioni cinematografiche e alcuni link scelti per cinefili.

Il sommario degli articoli di questo numero

    • Editoriale: Premi e vitalità del cinema di casa nostra (in fondo a questa mail)
    • Gomorra
    • Portrait: Mimmo Calopresti
    • L'abbuffata
    • La ragazza del lago
    • Portrait: Valeria Golino
    • Signorinaeffe
    • Portrait: Fabrizio Bentivoglio
    • Lascia perdere, Johnny!
    • Bianco e nero
    • Non pensarci
    • Saimir
    • Il classico: Mamma Roma di P.P. Pasolini
    • In omaggio al grande Dino Risi e qualche forum di cinema
    • Saluti cinefili

venerdì 11 luglio 2008

Sotto lo schermo tutto

La mostra dedicata a "Mario Comensoli, il cinema e i giovani" è stata magistralmente curata dal sociologo dell'arte Pietro Bellasi, insieme a Mario Barino che ci offre qui percorso introduttivo privilegiato allo splendido appuntamento locarnese. Picture (Metafile)

di Mario Barino Picture (Metafile)

All’inizio degli anni settanta Mario Comensoli mi diceva spesso che se c’era uno scrittore portato a capire la sua pittura, questo era Pier Paolo Pasolini. Non l’ aveva mai conosciuto personalmente , ma aveva letto tutti i suoi libri, visto i suoi film. Più tardi aveva trascritto passaggi delle“Lettere luterane”su fogli sparsi abbandonati nel suo atelier zurighese della Rousseaustrasse . Nel 1978, tre anni dopo la tragica morte dello scrittore, Comensoli iniziò il suo ciclo dedicato al Cinema : i protagonisti della sua pittura non erano i divi dello schermo , ma maschere, venditori in livrea di sigarette e dolciumi , ragazzi dalle zazzere bionde , color polenta, impudenti e sguaiati , che si muovevano tra l’ immondizia del dopo spettacolo , si abbandonavano al sonno tra le poltroncine vuote, o giocavano nella pausa tra di loro , dietro le quinte.

Se si pensa a Pasolini in fondo quelli comensoliani erano certamente adolescenti più vicini alla Trilogia cinematografica (Il Decameron, I racconti di Canterbury, Il fiore delle Mille e una notte ) che non gli umiliati e offesi di Salò. Ragazzi allegri e disinibiti, i figli degli emigrati meridionali venuti in Svizzera negli anni Cinquanta che cercavano fragorosamente di inserirsi nell’algida società zwingliana, scavandosi le loro nicchie nella vita sociale. In essi Comensoli scopriva un soprassalto d’ orgoglio, di autoconvinzione, che per ovvii motivi, era assente nei loro padri, calati di colpo in un mondo ostile, tra fatica e sofferenza. Erano gli stessi giovani –li chiamavano gli “italos”- che proprio in quegli anni, azzimati e imbrillantinati, battevano le discoteche di periferia cercando un’ affermazione come emuli di un altro “italo”, John Travolta, sulle piste da ballo.

Ragazzi le cui gesta Mario Comensoli puntualmente documentò e trasfigurò nella serie pittorica “Discovirus”. Ora questi adolescenti disinibiti e sfrontati ritornano. Tornano a farsi notare in una mostra apertasi in questi giorni alla Pinacoteca comunale Casa Rusca di Locarno opportunamente battezzata con il titolo “Sotto lo schermo, tutto”. Il titolo della mostra curata da Pietro Bellasi– che già aveva allestito sei anni fa alla Mazzotta di Milano una splendida retrospettiva comensoliana- significa infatti che il vero film in questa pittura di grande forza evocativa non si svolge sullo schermo, rappresentato da brandelli di manifesti hollywoodiani, bensì sotto di esso, inscenato da questi giovani che“riescono a inventare e realizzare il loro proprio spettacolo di una loro propria quotidianità metropolitana non del tutto satellitare degli stereotipi consumistici, ma ancora assai scanzonata e spregiudicata.“

Picture (Metafile)
E tuttavia, dopo un ulteriore breve ubriacatura d’ottimismo, riflessa nella sua pittura successiva ispirata ai movimenti contestatari dei “no future” che all’ inizio degli anni Ottanta si erano impossessati delle strade e delle piazze di Zurigo, e proponevano velleitariamente modelli alternativi alla borghesia, ecco farsi largo “i crepuscoli grigi delle restaurazioni“. Il passaggio ai parchi della droga è documentato con un fondo invincibile di amarezza esistenziale. Ed era giusto–dopo l’ abiura pasoliniana della “Trilogia”-arrivare a questo stadio della pittura di Comensoli in una successione di sale a Casa Rusca che ci raccontano la fine delle illusioni e il presagio di chissà quali catastrofi.

 
Sotto lo schermo tutto
Mario Comensoli: il cinema, i giovani
Casa Rusca-Pinacoteca Comunale di Locarno
8 luglio /17 agosto 2008