venerdì 9 luglio 2010

Prossima fermata Strasburgo

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La vicenda del crocifisso dal punto di vista di un esponente del protestantesimo italiano
di Gianni Long  *)
 
(notizie evangeliche, 26/10) - La Grande Chambre della Corte europea dei diritti dell’uomo ha iniziato l'esame della questione del crocifisso nelle aule scolastiche italiane.

    Riassumo brevemente la vicenda, che è di per sé lunghissima. Risale al 2001 il ricorso al TAR del Veneto della signora Soile Lautsi, cittadina italiana di origine finlandese, contro l’esposizione del crocifisso nella scuola frequentata dai figli. Il TAR del Veneto investì della vicenda la Corte Costituzionale, giudice della costituzionalità delle leggi. Ora, in Italia nessuna legge impone l’esposizione del crocifisso negli spazi pubblici. La Corte quindi se la cavò dichiarando la propria incompetenza, non trattandosi di una legge, e rinviò al TAR del Veneto.

    Nel frattempo, il Consiglio di Stato, richiesto di un parere in un contesto diverso, si dichiarava favorevole all’esposizione del crocifisso, non in quanto simbolo di una determinata religione, ma della tradizione italiana. Il TAR del Veneto si conformò a questa posizione, dichiarando che il crocifisso è un simbolo della laicità dello Stato! Pare evidente che il TAR, che in precedenza aveva ritenuto incostituzionale l’esposizione del crocifisso, abbia forzato in modo garbatamente polemico la posizione del Consiglio di Stato (che è anche giudice d’appello per le decisioni dei TAR).

    Per la giustizia italiana, la questione era finita lì. Ma la signora Lautsi ricorse alla Corte europea dei diritti dell’uomo, la quale il 3 novembre 2009 dichiarò l’esposizione del crocefisso lesiva dei diritti previsti dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo del 1950, sulla base della quale essa giudica. Secondo le proprie competenze, la Corte di Strasburgo non annullò alcuna norma (che, come si è visto, non c’è), ma stabilì un indennizzo che lo Stato italiano deve versare alla ricorrente.

    La Corte di Strasburgo è un organo del Consiglio d’Europa (l’Europa “larga”, che comprende ad esempio la Russia e la Turchia). In passato ha preso decisioni importanti sulla libertà religiosa, come nel caso dell’obbligo, previsto in Grecia, di indicare la religione sulla carta d’identità. La Corte condannò più volte a risarcire singoli ricorrenti la Grecia che, dopo avere a lungo rifiutato di adeguarsi, ha recentemente cancellato questo obbligo.

    L’Unione europea considera le norme della Convenzione del 1950 come “principi fondamentali” ed ha una propria Carta dei diritti, che riconosce, oltre alla libertà religiosa, anche il valore della “diversità”. Però da decenni afferma (ora art. 17 del Trattato sul funzionamento dell’UE, modificato dal Trattato di Lisbona) che “L'Unione rispetta e non pregiudica lo status di cui le chiese e le associazioni o comunità religiose godono negli Stati membri in virtù del diritto nazionale”, lasciando sostanzialmente ai singoli Stati la materia dei rapporti con le religioni.

    Il governo italiano, supportato dalla quasi totalità delle forze politiche, rivendica la propria competenza in materie come quella del crocifisso e afferma che si tratta di un simbolo della nazione italiana in quanto tale. Quella che sembrava una battuta polemica – il crocifisso come simbolo di laicità – è diventata la posizione ufficiale italiana.

    Il crocifisso nei locali pubblici è una tradizione recente per lo Stato italiano. Risale agli anni del fascismo e doveva essere esposto insieme ai ritratti del re e del duce (strano che questa parte sia stata dimenticata!). L’immagine del crocifisso con i capelli lunghi è più antica, ma non antichissima. Nei primi secoli del cristianesimo Gesù veniva raffigurato glabro e con i capelli corti, conformemente a quanto dice Paolo nella I Corinzi 11, 14: “Non è forse la natura stessa ad insegnarci che è indecoroso per l’uomo lasciarsi crescere i capelli”. Il Gesù barbuto e capelluto è un’immagine bizantina, ispirata agli eremiti del deserto, che consideravano ogni intervento sul proprio corpo (tagliarsi barba e capelli ma anche lavarsi) un cedimento alla mondanità. Nacque così una “immagine” di Cristo diventata dominante, ma falsa secondo il Nuovo Testamento. Sarebbe questo un buon argomento di meditazione per chi ritiene che le tradizioni dei popoli debbano prevalere sui diritti umani.

*) Giurista ed ex-presidente della Federazione delle chiese evangeliche in Italia