Freschi di stampa, 1917-2017 (6)
È ufficiale. La nuova Russia vuole la pace.
E la Germania? E l’Inghilterra? E gli altri?
Anche l’ADL del 14 aprile 1917 apre con una titolazione a tutta pagina: «Astuzie imperialiste in opera: La paura del contagio rivoluzionario, consiglia al Kaiser la lusinga e la frode».
Lenin è partito da qualche giorno e sta per arrivare a San Pietroburgo. Altri quattrocento esuli russi, e la stessa Angelica Balabanoff tra loro, stanno svolgendo intense trattative con la diplomazia tedesca per poter rientrare anch’essi in patria.
L’editoriale si occupa prevalentemente delle conseguenze della Rivoluzione russa sulla Germania, dove nel marzo 1917 la SPD e i Liberal-progressisti (FVP) si erano espressi a favore di una riforma del sistema elettorale prussiano, incontrando l’opposizione delle destre e del Centro, che difendevano invece antichi privilegi. Nel frattempo, però, a San Pietroburgo si era consumato il “regime change” di Febbraio. E i Nazional-liberali tedeschi di Stresemann, sorprendentemente, si schierarono a favore della riforma come pure di un certo grado di parlamentarizzazione del Reich: a pattto che i socialdemocratici avessero però confermato il loro sostegno ai “crediti di guerra”. In altre parole, la classe dirigente prussiana intendeva continuare il terribile conflitto. Contro questa ipotesi di baratto politico si scaglia l’editoriale dell’ADL che reca il titolo «TROPPO TARDI!». Leggiamo:
«Le lotte per il suffragio universale per la Dieta prussiana hanno dominato tutta la politica della classe lavoratrice germanica durante gli ultimi decenni. Chi non ricorda le battaglie parlamentari ed extraparlamentari e le intense agitazioni che la parte cosciente del proletariato prussiano ha condotto a mezzo dei propri rappresentanti e scendendo in piazza per conquistarsi l'elementare diritto politico al suffragio universale diretto e segreto?
Era una lotta formidabile, il cozzo di due interessi, di due idealità, di due mondi. La Prussia costituisce da un pezzo il baluardo della reazione mondiale; ivi imperano i rappresentanti di quelle caste e classi medioevali, il cui predominio e la cui esistenza stessa sono incompatibili coll'attuale struttura sociale, colla prevalenza che nella vita pubblica sempre più acquista l'elemento proletario. (...) E coloro che con arroganza senza pari (...) negavano il diritto di voto, lo facevano non tanto per ragioni politiche (...); la divisione in classi non doveva essere abolita neppure al cospetto del Parlamento prussiano. Lo schiavo doveva rimanere schiavo, come il “signore” doveva rimanere “signore” anche là, e soprattutto là ove si dettano le supreme leggi che regolano la vita materiale, politica ed intellettuale della popolazione.
Se così non fosse stato, se non si fosse trattato d'una lotta di classi vera e propria, ma di un semplice episodio politico, i “signori” o il Kaiser che sia, avrebbero ceduto da un pezzo ai moniti che venivano da tutte le parti, ed avrebbero ceduto alle pressioni del proletariato ed ai segni dei tempi (...) Se la lotta del proletariato fosse stata più efficace ed avesse minacciato in modo più immediato i privilegi degli onnipotenti, forse la guerra sarebbe stata soffocata nel germe. Cioè, prima di scatenarla le classi dirigenti, e non in Germania soltanto, si sarebbero detto che per quanto seducente la possibilità di aumentare il proprio potere e le proprie ricchezze, bisognava pur tener conto della eventualità di perdere tutto nella lotta con un proletariato cosciente dei suoi diritti, deciso e capace di approfittare – conformemente ai suggerimenti del Congresso Internazionale di Stoccarda – della crisi economica e politica provocata dalla guerra per accelerare la caduta del capitalismo.
Purtroppo le classi dirigenti non hanno avuto tale timore e le masse si sono mostrate ancora una volta ligie agli interessi degli imperialisti. Da schiavi hanno combattuto per i “signori”, per quegli stessi "signori" che negavano loro il diritto alla vita politica e li condannavano a una esistenza di sfruttati e di oppressi.
Ora – dopo tre anni di sterminio – le classi dirigenti si degnano di riconoscere che le masse hanno mostrato di meritare... l'accesso alla vita pubblica. (...) Ora quando non c'è più niente da salvare dalla morte o dalla fame, ora i “signori” si degnano di concedere alle masse dissanguate e affamate il grande onore di essere pareggiate a loro – i parassiti – nel diritto di voto ecc. ecc.
Troppo tardi!, deve rispondere il proletariato tedesco. A meno che voglia rinunziare al suo compito rivoluzionario, alla sua dignità di classe. Non ci sono più zuccherini, o riforme, o promesse che possano diminuire il rancore degli oppressi verso i loro oppressori. (...) Un “diritto” che ora si concede al popolo per far dimenticare ciò che non deve essere dimenticato, per perdonare ciò che non deve essere perdonato.
Il suffragio universale elargito in questo momento non può che avvicinare il giorno in cui il popolo si ricorderà di essere chiamato dalla storia (...) e saprà agire conformemente.
Il popolo russo insegna. Esso non si appaga dei diritti portatigli dalla rivoluzione, tale dev'essere la risposta del popolo [prussiano, tale da negare alla bor]ghesia il diritto di valersi del proletariato per il conseguimento dei suoi scopi imperialistici.
Abbasso la guerra, evviva la rivoluzione!, tale dev'essere la risposta del popolo prussiano.» (ADL 14.4.1917)
Segue una serie di articoli più brevi. "L'INTESA IN IMBARAZZO" titola il taglio basso in prima, che prosegue così:
«Dunque il Governo russo ha parlato in forma ufficiale. Ed ha detto: “Noi rinunciamo ad ogni conquista territoriale”. Cosa significhi questa affermazione venuta oggi, dopo il grande fatto rivoluzionario di Pietroburgo, si può bene comprendere in tutta l’estensione del termine per tutte le importanti ripercussioni che non tarderanno a manifestarsi.
Cade opportuno ricordare il perché la Russia czarista è entrata in guerra (...):
L'Armenia alla Russia, larga parte dell'Anatolia alla Russia, Costantinopoli e gli Stretti alla Russia; la Polonia austriaca e tedesca alla Russia; la Serbia, ingrandita fino a Durazzo ed a Fiume, sotto il dominio di fatto della Russia. Questi i propositi svelati. Per questo il popolo russo ha dovuto versare fiumi di sangue.
La “rinunzia alle conquiste territoriali” è una rinunzia agli scopi della guerra della Russia, è la rinunzia implicita alla guerra stessa.
Lo scopo è venuto a mancare. Vi sono, è vero, i nemici tedeschi entro il proprio territorio, vi sono legami con gli Alleati che non si possono stroncare con un taglio di forbici. Vi è l'impossibilità di finire la guerra in un batter d'occhio. È vero. Ma vi è il fatto importante: che la Russia ufficiale non ha più altro obbiettivo per la guerra all'infuori della eventuale minaccia alla rivoluzione.
E l'Inghilterra? Come fare con l'Egitto? Come fare con Cipro e con le altre isole turche; come fare con la Mesopotamia e con la perla del Tigri: Bagdad? Come fare con le colonie tedesche?
E la Francia: come fare con la Siria? E con la spartizione delle colonie tedesche e dell'Asia turca?
E l'Italia? Come fare con Vallona e con l'Albania, e con Smirne e con l'Anatolia?
Rinunziare anche esse?
Ma allora si rinunzia allo scopo della guerra.
Impossibile! Qui non vi è ancora una rivoluzione che lo imponga. (...) Ed allora? Allora la maschera imperialista è strappata dal loro volto.
È questo un primo effetto della rivoluzione russa: disaccordo negli scopi di guerra, fra gli alleati concordi del ieri.
Formidabile scudisciata che il popolo russo dà ai governanti dei paesi alleati; formidabile stimolo ai popoli a ché comprendano la verità è uniformino alla verità ed alla giustizia la loro azione, quell'azione da cui può derivare la loro salute: l'azione rivoluzionaria.» (ADL 14.4.1917)
Come si vede, l’analisi della situazione post-rivoluzionaria (scritta o ispirata da Angelica Balabanoff) è piuttosto lucida. La strada più ragionevole per la stessa borghesia europea sarebbe muovere verso una pace “senza condizioni e senza annessioni”, ma questa via non verrà imboccata a causa degli interessi imperiali dei vari paesi europei: Cipro, Egitto, Mesopotamia, Siria, Turchia, Armenia, Albania, Anatolia e via elencando.
Non mancano, tuttavia, in ciascun Paese d’Europa coscienze pacifiste a sostegno delle posizioni di un socialismo ragionevole. E l’ADL ne offre una breve carrellata. Sotto l’editoriale un trafiletto senza titolo riporta alcuni brani dal discorso di Hugo Haase al Reichstag tedesco. Eccone il passo più significativo:
«Chi appoggia la politica di guerra si fa complice di questa spaventosa catastrofe. Noi chiediamo l'immediato inizio di un armistizio, che conduca a una pace senza annessioni, senza indennità di guerra sulla base del diritto dei popoli a decidere delle proprie forze. Ma noi non abbiamo fiducia in questo governo. Iddio toglie il senno a coloro che egli vuol perdere». (ADL 14.4.1917)
Un alto trafiletto di taglio basso riferisce che alla Camera dei Comuni britannica il deputato Ponsonby pone ai fautori della “guerra punitiva” le seguenti domande:
«Chi dunque dev'essere punito in Germania? Dev'essere punito il popolo, devono essere puniti i lavoratori tedeschi? Con la guerra voi non colpite i “junkers”, voi non colpite Tirpitz o il Kaiser. Col prolungare la guerra voi colpite il popolo della Germania, non solo, ma quello della Francia, della Russia, dell'Italia e del nostro paese». (ADL 14.4.1917)
Che cosa sarebbe stato se...? Domanda inutile. Come disse Haase di fronte alla Dieta tedesca: “Iddio toglie il senno a coloro che egli vuol perdere”. Ed egli in quel tempo, evidentemente, volle perdere l’Europa. – (6 – continua)
Nell’anno delle due rivoluzioni russe l'ADL di allora poté “coprirle” entrambe con materiale di prima mano. Ciò grazie soprattutto ad Angelica Balabanoff, fautrice degli stretti legami tra i socialisti italiani e russi impegnati, insieme al PS svizzero, nella grande campagna di “guerra alla guerra”. Campagna lanciata con la Conferenza di Zimmerwald. E culminata nella Rivoluzione d'Ottobre.