Parliamo di socialismo
a cura della Fondazione Pietro Nenni
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Stavolta è la volta di Gramsci. Lungo saggio di Biocca, dal quale trasuda la voglia di alludere a cripto simpatie nazionaliste di Gramsci. . .
di Giuseppe Tamburrano
Gramsci è un autore sempre vivo. Recentissimi sono i lavori di Orsini, Lo Piparo, Vacca. Se ne scrive a proposito ma anche a sproposito. Se ne è occupato anche Dario Biocca, qualche giorno fa. E non solo a sproposito, ma anche in termini denigratori.
Sulla rivista nuova Storia contemporanea, Biocca ha steso un lungo saggio sulla dimora romana di Gramsci nella casa dei coniugi Passarge. I signori Passarge erano di sentimenti nazionalisti e finirono con l’aderire al nazismo. Biocca infioretta il suo racconto con riferimenti a Silone e a Bellone, il commissario di polizia deus ex machina della pretesa conversione di Silone al tristo mestiere di informatore della polizia fascista.
Un lungo saggio, quello di Biocca, dal quale trasuda la voglia di alludere a cripto simpatie nazionaliste di Gramsci (una cosa dell’altro mondo! E’ molto probabile che Gramsci abbia scelto quella casa perchè era vicina all’ambasciata sovietica dove poteva rifugiarsi rapidamente in ogni evenienza).
Ma vi è anche l’attacco diretto a Gramsci e sulle colonne del foglio della “sinistra” liberal-democratica – la "Repubblica" – aperta ai denigratori del miglior pensiero della sinistra liberal-democratica autentica, in specie Silone.
Biocca scrive che Gramsci ottenne la liberazione condizionale da Mussolini perchè a norma dell’art. 176 del Codice penale aveva compiuto atti di “ravvedimento”.
Fandonie.
Quando Gramsci chiese la liberazione condizionale – il 1934 – l’art. 176 del codice penale era congegnato diversamente dall’attuale e prevedeva la buona condotta. Quell’articolo fu modificato nel 1962 nella norma oggi in vigore. Biocca viene preso in castagna da Joseph Buttigieg, presidente della International Gramsci Society.
Il quotidiano “liberal-democratico” pubblica la precisazione di Buttigieg, ma riapre le colonne al Biocca il quale riconosce l’errore testuale, epperò aggiunge che in base al decreto 602 del 1931 ai carcerati si richiedeva di fatto il ravvedimento. Consultato il regolamento carcerario in vigore negli anni in cui Gramsci era detenuto, tra le ipotesi che regolano il meccanismo delle sanzioni punitive o premiali, il ravvedimento non è mai menzionato.
Ho aspettato a scrivere questo pezzo per poter leggere il saggio di Biocca su "Nuova Storia Contemporanea", da cui ritenevo, a rigor di logica, che fosse tratta l’anticipazione su "Repubblica". Ma, stranamente, nel lungo scritto su NSC non c’è traccia della questione del cosiddetto “ravvedimento”.