martedì 3 febbraio 2015

Craxi - A quindici anni dalla morte

Il 19 gennaio del 2000 si spegneva in Tunisia Bettino Craxi. Sostiene Intini che mettevo a dura prova la sua pazienza. Io lo criticavo quando ritenevo che sbagliasse. Questa è la vera amicizia! Ma stimavo Craxi un grande leader e così voglio ricordarlo.

 

di Giuseppe Tamburrano

 

Lo ricordo con la pietas commossa per la sua morte in terra straniera e con l’affetto di chi non è stato suo scudiero ed ha cercato solo di aiutarlo ad usare al meglio le sue grandi doti: perciò lo criticavo quando ritenevo che sbagliasse (questa è la vera amicizia!).

    Sostiene Intini che mettevo a dura prova la sua pazienza: un giorno in direzione chiesi la parola ma me la negò con un sopruso. Ho avuto da parte sua un altro atto di inimicizia, quando chiese a Giuliana Nenni di togliermi la presidenza della Fondazione Nenni. Giuliana lo ha raccontato a Enzo Biagi: “Craxi non ama i suoi contestatori e Tamburrano è stato un coerente oppositore e una persona intellettualmente onesta. Craxi avrebbe desiderato un altro, ma senza fare nomi”. (La Disfatta, Rizzoli, p. 43)

    Anche se non sapevo né volevo tenere le lingua a freno stimavo Craxi un grande leader. E così voglio ricordarlo, soprattutto dopo la caduta del muro di Berlino quando la miopia di Occhetto impedì ai due partiti, ormai non più divisi dal muro, di unirsi e dare vita all’alternativa alla DC.

    Ricordiamolo, compagni: lo merita. E’ stato perseguitato dalla Procura milanese. Non avevano prove di reato e usarono la logica aberrante:”non poteva non sapere”. Arrivarono al punto, nella loro persecuzione, di affermare che aveva “confessato” in un discorso il 29 aprile 1993, un grande discorso alla Camera nel quale egli, rivolto agli altri partiti, dichiarò che il finanziamento ai partiti era largamente irregolare e illegale e che occorreva riformarlo e aggiunse: se qualcuno in questa Aula ritiene che il finanziamento del suo partito è regolare si alzi. Non si alzò nessuno: nemmeno Cossutta che forse aveva in tasca i rubli ricevuti freschi freschi dai sovietici.

   Craxi voleva sollevare un caso di coscienza collettivo delle forze politiche per affrontare in modo nuovo il problema del finanziamento e in generale del sistema partitocratico: ma lui era uno statista, gli altri dei conigli o delle volpi.

    Del suo discorso si interessò la Procura di Milano e quei Torquemada dissero: ma questo discorso è una “chiamata di correo”, è dunque una confessione. E Craxi, assaltato da tanti sciacalli, andò a morire straziato fuori del suo Paese. Ricordiamolo, compagni!

 

Borrelli - "Chiedo scusa per il disastro seguito a "Mani Pulite". Non valeva la pena di buttare il mondo precedente per cadere in quello attuale." - Francesco Saverio Borrelli

 

Di Pietro - «Bettino Craxi si assunse le sue responsabilità e denunciò in eguale misura quelle degli altri, aiutando così la nostra inchiesta. E questo Craxi lo sapeva, non lo fece insomma a sua insaputa, non era un ingenuo. Denunciò il sistema di Tangentopoli nell’aula della Camera e davanti ai giudici del tribunale di Milano. Gli altri invece hanno fatto gli ipocriti e hanno continuato a farsi i ca… loro». – Antonio Di Pietro