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Le religioni tornano anche da noi protagoniste della dimensione pubblica, ma la secolarizzazione prosegue nello spopolamento delle chiese, un trend originariamente protestante nel quale le vecchie fedi si ripresentano soprattutto come un fatto etico e culturale…
di Danilo Di Matteo
La religione (le religioni), dopo gli anni nei quali la secolarizzazione completa della società sembrava inesorabile, tornano protagoniste della vita pubblica. Nel contempo, per ciò che riguarda la cristianità europea con le sue varie confessioni, continua a diminuire il numero di coloro che frequentano le chiese: come se si invocasse una presenza per lo più mediatica dei leader religiosi, una loro partecipazione e un loro coinvolgimento nello spazio pubblico, senza con ciò impegnarsi attivamente almeno la domenica mattina.
Il fenomeno non riguarda solo il mondo cattolico. Anche i paesi protestanti per antonomasia del nord-Europa, quelli scandinavi, conoscono una percentuale bassissima di “membri di Chiesa”. Come se il protestantesimo fosse soprattutto un fatto culturale. E in Germania, dove la percentuale di cattolici e di protestanti è simile, i luoghi di culto sono sempre meno affollati.
Da noi (e pure altrove) papa Francesco rappresenta un punto di riferimento assai importante: si discute sui suoi gesti e su ciò che scrive, è divenuto un vero e proprio simbolo, incarna tenerezza, misericordia, dialogo, amore cristiano. Eppure il numero dei “praticanti” diminuisce ancora. Un effetto del prevalere della dimensione virtuale? Di certo un dato sul quale riflettere, anche per i suoi risvolti in altri ambiti.