LETTERA
"Sciopero di due ore su ogni turno, alla Oerlikon di Rivoli per protestare contro il licenziamento di un operaio invalido al 100 %. Per tutta la giornata di mercoledì 8 marzo Fiom, Fim e Uil hanno proclamato lo stato di agitazione e definito «inaccettabile» la decisione dell’azienda, leader nel campo della produzione di ingranaggi e componenti per la trasmissione. Per il futuro non è escluso il ricorso a un’intera giornata di sciopero a livello nazionale che coinvolga anche gli altri stabilimenti piemontesi e il sito di Bari.
Protagonista involontario della mobilitazione sindacale è Antonio Forchione, 55 anni, appena rientrato al lavoro dopo un lungo periodo di convalescenza. «Ho subito un trapianto di fegato a luglio e, lunedì scorso ho rimesso piede in azienda, scoprendo di essere stato licenziato. La motivazione? Ho una disabilità del 100% e non posso più stare in officina. Insomma, sono diventato inutile. Io però penso che potrei continuare a fare lavoro d’ufficio o di magazzino, anche demansionato».
Dopo 37 anni di lavoro, 27 trascorsi nella fabbrica di Cascine Vica, ad Antonio mancano ancora 5 anni per raggiungere la pensione: «L’azienda non ha informato le Rsu e ha fatto offerte ridicole al lavoratore, che giustamente le ha rifiutate – spiegano i rappresentanti sindacali –. Non si può trattare in questo modo un uomo che ha dato buona parte della sua vita per la sopravvivenza di questo stabilimento».
Siamo arrivati a questo punto nello scivolare all’indietro della condizione materiale di lavoro e di vita, nell’inasprirsi ulteriore delle logiche di sfruttamento, nello smarrimento globale che investe il mondo del lavoro, nell’incapacità di trovare ragioni di solidarietà.
Per fortuna, in questo caso, sembra emerga un sussulto di responsabilità, un guardarsi in faccia, un dirsi – appunto – "ma dove siamo arrivati?".
L’immutabile logica del padrone deve ritrovare il contrasto forte di una affermazione dell’altrettanto insopprimibile ragione di classe.
Altrimenti, di caduta in caduta, si arriverà al fondo del ritrovarsi in una condizione simile a quella antica dei servi della gleba
F. A., Savona