La sentenza della Corte europea per i diritti umani di Strasburgo non realizza lo Stato laico Roma (NEV), 23 marzo 2011 - A poche ore dalla pubblicazione della sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo (CEDU) di Strasburgo nel caso Lautsi contro l'Italia sul crocifisso nelle aule scolastiche, lo scorso 18 marzo la Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI) ha diffuso il seguente comunicato stampa: "La FCEI si rammarica che il 'caso italiano' sia stato ancora una volta occasione di una normativa eccezionale, che non realizza pienamente uno Stato laico, in cui tutti possano riconoscersi, senza discriminazione di credo religioso o altro (art. 3 della Costituzione Italiana). I crocifissi continueranno a essere presenti nelle aule scolastiche e nei tribunali, ma per le minoranze che hanno ricevuto i diritti civili e di culto poco più di 150 anni fa, come le chiese evangeliche, questi crocifissi non rimanderanno a una comune appartenenza o cultura italiana. Essi appariranno invece, come sono, retaggio di una società dominata dalla cultura cattolica e dai suoi simboli. Pur conoscendo, a livello ecumenico, che le forze migliori della chiesa cattolica si propongono di costruire insieme una società di convivenza multireligiosa e interculturale, invitiamo ad approfondire il confronto sui temi della laicità e in particolare di una presenza plurale nella scuola pubblica". Nella sentenza della CEDU, che definisce il crocifisso quale "simbolo passivo", si legge tra l'altro: "se è vero che il crocifisso è prima di tutto un simbolo religioso, non sussistono tuttavia nella fattispecie elementi attestanti l'eventuale influenza che l'esposizione di un simbolo di questa natura sulle mura delle aule scolastiche potrebbe avere sugli alunni. Inoltre, pur essendo comprensibile che la ricorrente possa vedere nell'esposizione del crocifisso nelle aule delle scuole pubbliche frequentate dai suoi figli una mancanza di rispetto da parte dello Stato del suo diritto di garantire loro un'educazione e un insegnamento conformi alle sue convinzioni filosofiche, la sua percezione personale non è sufficiente a integrare una violazione dell'articolo 2 del Protocollo n° 1", quello cioè riferito al diritto fondamentale all'istruzione. Inoltre la CEDU considera che "non è suo compito prendere posizione in un dibattito tra giurisdizioni interne", dato che in Italia "il Consiglio di Stato e la Corte di Cassazione hanno delle posizioni divergenti sul significato del crocifisso e che la Corte Costituzionale non si è pronunciata sulla questione". Con questa decisione la Grande Camera della CEDU a grande maggioranza (15 giudici contro 2) ha ribaltato quanto reso il 3 novembre 2009 in prima istanza all'unanimità dai 7 giudici della Camera (vedi NEV 44 e 45/09). |
mercoledì 30 marzo 2011
Crocifisso in aula - Il rammarico delle Chiese evangeliche
13:00
Avvenire dei Lavoratori