Giuliano Amato, presidente del Comitato dei garanti per le celebrazioni del 150°, ha tenuto all'Università di Zurigo una lectio magistralis su L'Italia tra Unione Europea e nuovo federalismo:“Auspicherei che alla fine di quest’anno appaia evidente che anche l’Italia sta insieme per un unico motivo: perché gli italiani vogliono stare insieme”.
"Dottor sottile", "Eta Beta" e financo "Dracula": non si contano i nomi e i nomignoli appiopati a Giuliano Amato nel corso della sua lunga marcia attraverso le istituzioni.
Lui stesso chiede d'essere semplicemente chiamato “professore”, perché ora guida l'Istituto Treccani e il Comitato dei garanti per le celebrazioni del 150°, succedendo in questa prestigiosa carica al presidente emerito della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi.
Insieme al presidente Napolitano, Amato rappresenta per la lunghezza dell'impegno pubblico una sorta di risposta laico-progressista all'inossidabilità del divo Andreotti, con il quale il Dottor Sottile condivide la gracilità e l'acume, ma dal quale lo separa una diversa complessione intellettuale e morale.
A questa diversità, di vero accademico e di statista italiano incensurato, l'ex premier socialista deve in sostanza il suo prestigio internazionale, che si traduce in frequenti inviti nelle università di mezzo mondo.
Giovedì scorso ha parlato all’Università di Zurigo dove il decano, Bernd Roeck, storico bavarese trapiantato a Zurigo, si è profuso in elogi per l’ospite illustre e di espressioni di simpatia nei riguardi dell’Italia, per auspicare un “nuovo Risogimento dopo Berlusconi”: il popolo italiano “sopravvissuto a innumerevoli catastrofi, guerre, occupazioni, terremoti, alluvioni e disastri", ha detto Roeck "riuscirà a sopravvivere anche a quest’epoca strana che chiamano del bunga-bunga”.
L’illustre ospite ha incassato le bordate di sarcasmo con una smorfia quasi impercettibile di sofferenza. Forse, in altri tempi, altri decani, si sarebbero espressi con maggiore sobrietà, ma ce lo meritiamo.
Il Centocinquantesimo dell’Unità d'Italia -- a giudizio dell’ex premier --- deve aiutarci condurre a compimento il progetto anti-centralista insito nella Costituzione repubblicana.
L’Italia del Centocinquantesimo deve coniugare Unità e Federalismo, anzitutto a favore del Mezzogiorno, che non ha alle spalle una diffusa esperienza comunale, essendo rimasto soggetto per molti secoli di forme centralistiche di governo: "Credo al federalismo", ha detto Amato, "anche Mazzini e Cavour se hanno avuto ragione a non volerlo, perché non avrebbero potuto realizzarlo. Ma se l'avesserio potuto, sarebbe stato meglio per il nostro Paese".
Nell'Italia delle cento città i Comuni hanno condotto alla formazione di una società civile forte e fortemente coinvolta nel governo: un lungo training di responsabilizzazione politica che si è realizzato soprattutto nel centro-Nord e che mancava a Sud, solo in parte attivatosi con il decentramento e la nascita delle regioni.
Il gap tra Nord e Sud può e deve essere superato proprio promuovendo il Federalismo.
Dalla Spagna alla Germania, dall’Italia al Portogallo, dal Belgio alla Gran Bretagna alla stessa Francia – assistiamo in Europa al tramonto del centralismo ottocentesco, ma questo processo avviene sotto il segno di una doppiezza. Perché il “federalismo” può essere un modo per produrre tanto l'unione quanto la divisione. Anche in Italia, dove il trend federale può preludere a forme di coesione più stabile, ma anche a una progressiva secessione, ha ammesso il presidente del Comitato per il 150°, non negando il sussistere in questo senso di "due onde”, nella convinzione tuttavia che “una grande onda può assorbire una onda più piccola”.
Insomma, l’Italia deve raccogliere la sfida federalista (e superare il gap Nord-Sud), ma può anche permetterselo, in quanto – questa la tesi decisiva di Amato – gli italiani vogliono stare insieme.
“Ecco” – ha concluso il professore con trasparente allusione alla categoria elvetica di Willensnation – “io auspicherei che alla fine di quest’anno di celebrazioni appaia evidente che anche l’Italia sta insieme per un unico motivo: perché gli italiani vogliono stare insieme”.
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Gli applausi trionfali e la grande simpatia che Amato ha saputo suscitare in una platea mai facile com’è quella zurighese hanno segnato indubbiamente un punto d’immagine a favore del nostro Paese. Non è poco.
Però non si è ben compreso quale sia oggi l'altro lato della strategia federalista italiana, quello rivolto alla prospettiva europea. Eppure, mai come in queste settimane l'antieuropeismo della destra italiana mostra i suoi limiti, non meno, per altro, del centro-sinistra ancora affetto da certo antisocialismo democrat (ancora una settimana fa Giuseppe Vacca a Livorno spiegava per filo e per segno che la SPD non potrà mai più aspirare a raggiungere il 40% degli elettori; e mentre lui snocciolava queste infallibilia di fronte a Tamburrano, Macaluso, Turci e Besostri, visibilmente seccati, le agenzie di mezzo mondo battevano le anticipazioni sul ritorno alla maggioranza assoluta dei socialdemocratici nella metropoli di Amburgo).
Una buona notizia, questa del ritorno della SPD, nella Germania della signora Merkel, dove c’è chi ritiene di poter affrontare le sfide globali in forza propria. (ae)