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ABBATTERE
LO SPREAD
ENERGETICO
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Le bollette energetiche italiane sono un peso per famiglie e imprese che in Italia subiscono uno "spread" energetico pesante rispetto al resto dell'Eurozona. E la colpa è delle fonti fossili.
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di Francesco Ferrante, senatore (PD)
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La strada obbligata per abbattere l'extra costo dovuto alla dipendenza del petrolio è il mix a base di energie rinnovabili, efficienza energetica e una nuova politica dei trasporti a fortissima vocazione ferroviaria.
Chi individua pretestuosamente negli incentivi alle rinnovabili in bolletta il fardello che cittadini e industria devono sostenere è clamorosamente smentito dai dati che individuano nel petrolio stabilmente sopra i 100 dollari al barile il vero detonatore dei costi energetici in Italia.
Per frenare la dipendenza cronica dal petrolio occorre spostare in maniera massiccia il trasporto, specie quello merci, dalla gomma al ferro, abbandonare ogni folle idea di ritorno al carbone e intervenire sul mercato del gas in modo che il suo prezzo si adegui a quello internazionale, in calo da mesi.
Infine è di fondamentale importanza che il Governo mantenga gli impegni che chiediamo da tempo e fatti propri dal ministro dell'Ambiente Clini, di emanare i decreti attuativi che il settore delle rinnovabili attende da mesi entro la fine dell'anno e di prolungare la misura del 55% ai fini dell'efficienza energetica nel primissimo provvedimento che emanerà il governo per rilanciare lo sviluppo economico del nostro Paese.
La Catena di San Libero
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IL NOSTRO SCIDA'
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Ha un lieve sorriso ironico, da ragazzo intelligente. L'aria, dalla finestra, gli passa leggermente fra i capelli. Ne muove a volte alcuni, arruffati e bianchi. Ed egli dorme.
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di Riccardo Orioles
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Dorme, nel buio della notte, la sua città. Dorme lo scippatorello, sognando un'infanzia normale. E' in una delle statistiche più feroci d'Europa, quella della criminalità minorile catanese; ma i sogni sono liberi, ed egli sogna. Dorme il politico, sognando gli appalti dell'anno prossimo, Corso Martiri, miliardi. Dorme il padrone-editore, inquietamente. Dorme il suo giornalista, dorme (ma più innocente) la ragazza di vita. Dormono i magistrati collusi, digrignando i denti. Dorme il bottegaio minacciato, dormono i ragazzini di Addiopizzo che lo difendono da soli. Passa la rara guardia notturna, passano le ronde dei mafiosi. Questa è la sua città.
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"Venni a Catania, giudice del Tribunale, da Palazzolo...". La città di Catania, a quei tempi, aveva al suo centro una grande piazza. Su un lato il palazzo di giustizia, cieco, sull'altro i carabinieri muti. Su un altro il grand hotel dove, settimanalmente, s'incontravano i padroni della droga. Su un altro ancora le bische della Famiglia Santapaola-Ferrera. Al centro, un gran monumento ai cui piedi si prostituivano i ragazzi che non avevano il coraggio di fare, per la dose quotidiana, una rapina.
Nella città si parlava, prudentemente. Ma non si scriveva. Si amministrava giustizia severa, contro i piccoli scippatori e ladruncoli che la miseria generava. Ma si chiudevano entrambi gli occhi di fronte ai ricchi mafiosi e ai loro imprenditori.
"Rendo, Graci, Costanzo, Finocchiaro!". Furono gli studenti della città, in quegli anni, quelli che fecero i nomi. Non certo i magistrati. Con una sola eccezione.
"Mi concedano lor signori di esporre alcune considerazioni sullo stato della giustizia in questa città...". Questo era lui, Giambattista Scidà, quello che ora dorme nella stanza accanto.
Non gli potevano dire di no: non puoi levare la parola a un magistrato, all'inaugurazione giudiziaria, una volta all'anno. E lui era un magistrato. "In nome del Popolo Italiano" c'è scritto sulle carte dei giudici. Lui ci credeva.
Così, garbatamente, prendeva la parola e cominciava a elencare cifre e dati. Le cifre dei ragazzini ammazzati, divorati vivi dalla "città matrigna". I dati degli intrallazzi dei benestanti, magistrati compresi, comprese le mura e i tetti delle preture. Le cifre della città indifesa, abbandonata alla mafia e ai Cavalieri.
E passavano gli anni. Io lo conobbi per caso, da povero cronista, facendo il mio mestiere come lui faceva il suo. Presiedeva il tribunale dei minori, cioè il posto dove andava a finire la produzione del sistema. Ti distruggo il quartiere, ti nego la scuola, ti butto sulla strada, non ti do' lavoro, ti lascio la delinquenza come unica prospettiva. E poi ti ammazzo, o ti faccio ammazzare dei mafiosi, o nel migliore dei casi ti trascino qui, nel tribunale e in galera.
Giustizia e carceri minorili, prima di lui, erano gironi danteschi. Lì si veniva "giudicati" in serie come numeri; qui messi coi delinquenti grandi e spesso seviziati.
Con lui, tutto cambiò. Il tribunale diventò luogo di giustizia, dove ogni singolo caso veniva studiato e trattato con estrema attenzione. Nessun ragazzo fu mai abbandonato dopo. Famiglie, case-famiglia, comunità, assistenza individuale: spessissimo a spese del giudice, sempre per sua cura.
Il giudice dei minori a Catania – l'uomo che borghesemente avrebbe dovuto essere il principale nemico dei ragazzi di strada – veniva accolto come un padre nelle periferie e nei mercati. La giurisprudenza minorile di Catania divenne, e come tale fu vista, un modello per l'intera nazione.
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Ma questa era solo una parte. Poi c'era quella "politica"; cioè di servizio alla polis, della Città. Per vent'anni Scidà fu fra i pochissimi che combatterono, non una volta ogni tanto ma ogni giorno, e non con mezze parole ma a pertamente, il sistema di potere catanese. Dai Cavalieri a Ciancio, dall'impresa e politica collusa alle infiltrazioni d'affari in tutti i palazzi: compreso quello di Giustizia.
Lui, Fava e D'Urso furono gli eroi incorruttibili di questa guerra. Giuseppe Fava lo ammazzarono nell'84. Scidà e D'Urso ne ripresero, coi suoi ragazzi, la lotta. Giuseppe D'Urso morì, di malattia misteriosa, nel '96. Scidà - dispersi i ragazzi di Fava, chiusi per la seconda volta i Siciliani - rimase solo. Dunque, dovette fare per tre.
"Bisogna difendere le leggi come le mura della città", scrive Eraclito.
Egli si piantò dinanzi a quelle mura con lancia e scudo come un guerriero antico. Nessuno gli fece paura, non pensò mai di arretrare. Facessero carriera gli altri, lo minacciassero pure. Non tradì la città nè i suoi ragazzi. Dall'una lo richiamava il dovere, dagli altri una sconfinata pietà.
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Il giornale, una volta, era sul percorso del tribunale minorile, fra gli alberi del viale. Io uscivo prestissimo dalla stanza dove dormivo, per andare a prendere il primo caffè; e lui, alla stessa ora, andava da casa, a piedi, al tribunale.
Mi si affiancava in silenzio, o io a lui, a mezza strada. Camminavamo muti, ognuno nei suoi pensieri, fino al piccolo chiosco del caffè. Da poco aveva perso una figlia, gli parevano futili le parole. Il barista, che ci conosceva, scaldava la macchinettà del caffè. Poi: "Buona giornata!". "Buona giornata a lei!". E ognuno al suo lavoro.
A volte andavo a trovarlo, nella casa ormai vuota, fra pile disordinate di carte e di libri antichi. Era un cultore di storia; il grande Le Goff, quando veniva in Italia, spesso passava da lui. Così, la conversazione spesso inavvertitamente si spostava da Catania al Siglo de oro, a Cervantes, al lugar de la Mancha.
A volte, ma più di rado, capitava che pranzassimo assieme; di solito era quando andavo a trovarlo al tribunale. "Pranza con me?". "Andiamo". E qui c'era un intoppo.
La macchina di servizio che lo attendeva fuori (col fedelissimo autista di cui non ricordo il nome) era un bene dello Stato; poteva imbarcare il suo servitore Scidà dal tribunale a casa, visto che a ciò era destinata, ma tale privilegio non poteva assolutamente estendersi agli amici personali e privati. Non potendo far salire me (che sarebbe stato abusare), né lasciarmi a piedi (che sarebbe stato scortese), finivamo per andarcene a piedi tutt'e due, con l'autista che, solo in auto, ci veniva dietro. Per fortuna il clima catanese è mite e quelle mattinate erano – almeno nel ricordo – luminose e ridenti.
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Cos'altro? So che dovrei parlare del caso Catania – l'ultimo – della Procura, delle cose importanti insomma. Va bene.
Catania non ha mai avuto un Palazzo di giustizia lontanamente paragonabile a quello palermitano. Giudici antimafia ce ne sono stati pochi, tre dei quali (Lima, Marino e Ardita) costretti, in un modo o l'altro, a farsi da parte. Liti fra diverse cordate, ultimamente Gennaro vs Tinebra, a parole opposte ma di fatto equivalenti. Polveroni ogni tanto. Impunità.
E dunque proposta di Scidà: prendiamo un giudice terzo, uno di fuori. Campagna contro Scidà dei poteri forti, cui una Procura funzionante non fa affatto piacere. Spreco di polemiche (Ziniti, Rizzo, Condorelli, Sicilia, Sudpress, Repubblica) contro Scidà e in sostegno di uno dei due contendenti indigeni, per lo più Gennaro, a volte in buona fede a volte meno. Sullo sfondo, grandi attese nel settore appalti: avremo una Procura che li controlli oppure no?
Scidà (e con lui Giustolisi, Finocchiaro, Travaglio e Orioles) spera di sì. Altri parlano d'altro, o alzano polverone. Alla fine, ovviamente, vince il buon senso: il Csm nomina un procuratore esterno, che s'insedia e comincia a esaminare le carte. Tutti applaudono, compresi coloro che l'avevano osteggiato fino all'ultimo, o per interessi politici (vedi sopra) o per semplice stupidità, e che a tal nobile scopo avevano fatto il possibile per linciare Scidà. Ma invece la giustizia ha trionfato e Scidà, oplita dei poveri, ha vinto.
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E adesso è disteso qui, nella stanza vicina a quella in cui scrivo ed è piena notte. Nella sua casa, come sempre, non ci sono che persone buone: il fedelissimo Ferrera, la brava Abeba, Titta, Giuseppe, Luca... Una donna ha portato dei fiori gialli, un'altra delle spighe di grano.
Ci sono due computer e una stampante, ma centinaia e centinaia di libri. Braudel, Lefebvre, Verga, Guicciardini, i Canti, Mallarmé, Cervantes... vecchi amici. C'è il suo giornale di otto anni fa, Controvento, quello che il distributore non volle mettere in edicola perché "sennò Ciancio ci leva il pane". Ci sono carte e fascicoli dappertutto. Ci sono, chi addormentato in poltrona chi su un divano, amici che gli vogliono bene. Lui, nella stanza accanto, dorme sorridendo.
Avremmo dovuto parlare dei Siciliani, fra pochi giorni. Era fra i promotori, proprio in questa casa ci siamo riuniti un mese fa.
"Mannaggia – penso – dovremo fare i Siciliani senza di lui"-
Fra poco è l'alba. Lontano, la notte s'è fatto impercettibilmente meno scura. "Senza di lui? - pensiamo - Chissà se davvero siamo senza".
Riceviamo e volentieri segnaliamo
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La settimana a Fahrenheit
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Mercoledì Polichetti racconta il traffico di rifiuti tossici, l'omologazione del ceto imprenditoriale campano alle organizzazioni criminali, la borghesia mafiosa e la nuova classe economica dei gestori dei rifiuti.
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- Lunedì è con noi Alessandro Lanni, autore dell'eloquente Avanti popoli! Piazze, tv, web: dove va l'Italia senza partiti.
Per il Libro del Giorno, José Ovejero presenta Un anno nero per Miki.
Nello spazio "Classico", Piero Dorfles offre in lettura Il maestro e margherita, di Bulgakov.
- Martedì incontriamo Alfredo Stussi, che ha scritto Maestri e amici, un racconto tessuto su 15 incontri, in cui l'esperienza diretta di persone, luoghi e ambienti diventa giudizio critico sulla vicenda culturale italiana, passata e presente.
La nostra "Filosofia del quotidiano" è realizzata da Simone Regazzoni.
- Mercoledì è nostro ospite Antonio Polichetti, col suo Quo vadis, Italia?, che racconta il disastro ambientale e sanitario della Campania e del Mezzogiorno, il traffico di rifiuti tossici, l'omologazione del ceto imprenditoriale alle organizzazioni criminali, la borghesia mafiosa e la nuova classe economica dei gestori dei rifiuti.
Per il Libro del Giorno, è con noi Elisabetta Liguori con La felicità del testimone.
Lo spazio "Immagine" è animato da Stefano Chiodi.
- Giovedì è la volta di Ugo Riccarelli, che ha scritto Ricucire la vita, un'intensa testimonianza, narrata in prima persona, sull'universo dei trapianti d'organo.
Gianrico Carofiglio è protagonista del Libro del Giorno, con Il silenzio dell'onda.
La nostra "Scuola di lettura" è tenuta da Antonio Prete.
- Venerdì, alle 16,00, l'intervista con Eugenio Occorsio, figlio del giudice Vittorio Occorsio (ucciso nel 1976 dal terrorismo di estrema destra) e autore di Non dimenticare, non odiare.
Per il Libro del Giorno, Daniele Broni presenta Asterios polyp di David Mazzucchelli.
La "Parola della settimana" è realizzata da Edoardo Lombardi Vallauri.
Riceviamo da vivalascuola
e volentieri pubblichiamo
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Attenzione
all'inattenzione
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Le condizioni di vita dei bambini in Italia sono in peggioramento
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di Giorgio Morale
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I bambini italiani sembrano pagare il prezzo più alto della crisi: le condizioni di vita dei minori sono in peggioramento, sia per le privazioni materiali sia per i disturbi di comportamento.
Fra i disturbi in crescita ci sono quelli legati alla inattenzione, all'iperattività e all'impulsività, tali da compromettere la vita relazionale o scolastica.
Vivalascuola questa settimana è dedicata a questi disturbi e all'uso di psicofarmaci per bambini, con un articolo di Francesco Pucci che fa un quadro dettagliato della situazione ed indica possibili soluzioni alternative:
http://lapoesiaelospirito.wordpress.com/2011/11/21/vivalascuola-95/
Completano la puntata le notizie della settimana scolastica: il nuovo ministro dell'Istruzione, l'accoglienza a lui riservata da parte di sindacati e mondo della scuola, gli ultimi lasciti del ministero Gelmini.
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PS: La puntata del 19 dicembre, in preparazione, sarà dedicata a segnalazioni di libri (di saggistica o narrativa) che riguardino la scuola e l'istruzione. Chi vuole, può inviare brevi recensioni di testi giudicati particolarmente interessanti, come è stato fatto gli anni precedenti (v. http://lapoesiaelospirito.wordpress.com/2010/12/20/vivalascuola-64/).
Riceviamo e volentieri segnaliamo
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Otto grandi laici
nel '900 italiano
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Bobbio, Calamandrei, Calogero, Capitini, Colajanni, Gobetti,
Rosselli e Salvemini ritratti dallo storico torinese Nunzio Dell'Erba.
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È uscito Intellettuali laici nel '900 italiano di Nunzio Dell'Erba, docente di storia a Torino, presso la Facoltà di Scienze politiche.
Il volume (Vincenzo Grasso editore, Padova 2011, pp. 270), presenta otto ritratti di intellettuali italiani, Gaetano Salvemini, Piero Calamandrei, Carlo Rosselli, Piero Gobetti, Guido Calogero, Aldo Capitini, Norberto Bobbio e Napoleone Colajanni, che hanno svolto un ruolo importante nel mondo laico del nostro Paese.
I ritratti di Dell'Erba ricostruiscono la vicenda personale di otto protagonisti della cultura politica novecentesca in stretto collegamento con l'evoluzione del loro pensiero, che si colloca in un'area ben definita di democrazia laica tra liberalismo e socialismo.
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Conferenza Onu sul clima,
le proposte degli ecologisti
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Il 28/11 a Roma conferenza stampa della onlus A Sud. Verso il vertice di Durban, l'allarme degli attivisti: "Dopo Copenaghen e Cancun si rischia un altro fallimento: Stati concentrati sulla crisi, media in silenzio e nessuna volontà politica"
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Si tiene lunedì 28 novembre a Roma l'incontro "Verso la Conferenza Onu sul clima di Durban / Sud Africa", organizzato dall'associazione A Sud, onlus per l'ecologia e la cooperazione, e Rigas (Rete italiana per la giustizia ambientale e sociale). E' quanto si apprende da una nota. Si terrà una conferenza stampa alle 10.45 presso la Fnsi, via Vittorio Emanuele II n. 349. Saranno presentate le proposte dei movimenti sociali e delle associazioni sul clima, proprio in vista di Durban.
Dal 28 novembre al 10 dicembre si terrà a Durban, Sud Africa, la 17° Conferenza Mondiale Onu sul clima. Lo ricorda A Sud in una nota. "È ormai innegabile - scrivono - che gli stravolgimenti climatici sono la più grande minaccia che pende sul futuro dell'umanità. A dirlo sono i climatologi, la comunità di ricercatori, gli accademici. La responsabilità di questa profonda crisi che coinvolge aspetti ambientali, sociali ed economici è dell'uomo. Sono gli attuali modelli di consumo, produzione e consumo ad aver causato la distruzione ambientale che il pianeta sta vivendo negli ultimi decenni e che è alla base dell'impazzimento del clima".
"Dopo gli ultimi due vertici Onu sul clima, tenutisi nel 2009 a Copenaghen e nel 2010 a Cancun e finiti con un colossale quanto annunciato fallimento, l'appuntamento sudafricano è destinato purtroppo ad avere le stesse sorti. Complici - a giudizio dell'organizzazione -, l'attenzione internazionale rivolta sulla crisi economica, il silenzio dei media e la palese mancanza di volontà politica dei governi emersa già durante gli scorsi summit".
Di fronte alla gravità della minaccia rappresentata dagli stravolgimenti climatici, prosegue A Sud, "divengono fondamentali tanto il ruolo della società civile nell'elaborare proposte alternative, quanto quello dei media, nell'alzare il livello di attenzione attorno alla problematica garantendo alla società civile il diritto ad una corretta e adeguata informazione su temi di tale rilevanza".