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Un grande italiano, un grande socialista
Sandro Pertini è stato un grande protagonista del nostro tempo e della storia d’Italia. Così lo hanno ricordato in tanti alla Camera nel giorno in cui ricorre il 25.mo anniversario della sua scomparsa. Pertini, il Presidente della Repubblica senza alcun dubbio ‘più amato’ dagli italiani, ha speso la sua vita combattendo per la giustizia sociale e la libertà. Lo fece quando in Italia c’era il regime fascista, e per questo pagò un prezzo altissimo, e lo fece dopo la Liberazione contribuendo a fare della Repubblica italiana un grande Paese. Per tutta la vita praticò la coerenza, l’onestà e la sobrietà e la sua originalità di pensiero si manifestò appieno quando salito al Quirinale seppe innovare il ruolo di Presidente della Repubblica dando a questa carica un nuovo spessore politico e morale e rendendo in questo modo le Istituzioni più vicine ai cittadini. Il caso ha voluto che Pertini sia nato lo stesso anno in cui fu fondato il suo partito, il Partito Socialista Italiano e anche per questa ragione i socialisti continuano ad essere così affezionati al suo ricordo.
Nel suo intervento alla Camera, Pia Locatelli, ha ringraziato “la Presidente della Camera per aver prontamente accolto la richiesta del gruppo socialista e aver voluto questo momento di commemorazione. Un atto – ha detto – del quale le siamo tutti grati, come socialisti e come italiani. Come socialisti perché in un’epoca in cui il socialismo è dato per spacciato, è bene ricordare quanto il socialismo ha dato a questo Paese in termini di idee, riforme, leggi e persone.
Pertini era una di quelle persone speciali che hanno fatto grande l’Italia: partigiano, Padre costituente, Presidente della Repubblica, oltre che di questa Camera.
Come italiani perché gli abbiamo voluto bene tutti, a sinistra come a destra. Il Presidente più amato dagli italiani, il primo a comprendere che bisognava avvicinare le persone alle istituzioni. Quando nessuno si occupava di comunicazione, lui seppe precorrere i tempi, parlando in modo diretto alle persone, dimostrando con le parole e con i fatti di essere uno di loro. Non visse quasi mai al Quirinale, non usava i voli di Stato, girava su una Fiat 500 rossa. Era schietto, ironico, onesto, usava uno stile diretto e amichevole, che oggi usano in molti ma che allora era considerato quasi sovversivo. Così come lo era il suo modo di intervenire direttamente nella vita politica del Paese, una novità per il ruolo di Presidente della Repubblica, fino ad allora una figura strettamente “notarile”. Della sua lunghissima carriera politica ricordo un fatto: lo sciopero degli uomini radar, allora militari.
Il 19 ottobre del 1979, 900 ufficiali, marescialli e sergenti addetti alle torri di controllo si “ammutinarono”, chiedendo la smilitarizzazione, gettando nel caos il traffico aereo. L’ammutinamento avrebbe dovuto innescare la corte marziale, non certo una trattativa: il Presidente, avvalendosi della sua condizione di capo delle forze armate, decise di convocare i controllori di volo al Quirinale, insieme al Presidente del Consiglio Cossiga. Con la promessa del capo del governo di disciplinare la materia con un decreto legislativo urgente che avrebbe varato la smilitarizzazione, ottenne il rientro della protesta. Un’iniziativa senza precedenti, che diede soluzione ad una situazione delicatissima. Reagan, in una situazione analoga, licenziò invece 11.000 su 17000 addetti ai voli. Bella differenza.
Con Pertini si aprì un’era nuova della comunicazione politica, ma in lui l’aspetto prettamente comunicativo non prevalse mai sui contenuti, la sostanza rimaneva l’elemento fondamentale, diversamente da oggi. In tanti lo imitano, anche oggi, ma le copie – ha concluso Locatelli – si sa, non sono mai come l’originale”.