mercoledì 9 dicembre 2015

L’odio, letame delle guerre

FONDAZIONE NENNI - http://fondazionenenni.wordpress.com/

 

di Edoardo Crisafulli

 

Rischiamo di scivolare giù per la china: fanno di tutto affinché li odiamo con la stessa perversa intensità con cui loro odiano noi. Per fortuna non ci sono avvisaglie di pogrom antislamici. Ma episodi di intolleranza, quelli sì che accadono. E da cosa nascono, se non dall'odio o dal disprezzo verso un gruppo di nostri simili, umani come noi, ma denigrati perché colpevolmente diversi? Il bidello che in una scuola riminese avrebbe aggredito una bambina musulmana — per un garantista il condizionale è d'obbligo – urlandole "tornatevene a casa", è una faccenda odiosa, che dovrebbe azionare un campanello d'allarme.

    Non mi risulta che le bambine tedesche, figlie dei turisti che calavano a frotte sulla Riviera romagnola negli anni Sessanta, venissero insultate o guardate in cagnesco sulle nostre spiagge. Eppure appena un quindicennio prima milioni di soldati tedeschi avevano seminato morte e distruzione in tutta Europa. La seconda guerra mondiale, scatenata scientemente da Hitler e dai suoi numerosi scherani (il partito nazista contava milioni di iscritti), ha causato cinquanta milioni di morti, di cui una decina gassati o fatti morire di stenti nei campi di sterminio. Hitler, tra l'altro, era cattolico e ci sarebbe molto da dire sulle radici religiose dell'antisemitismo nazista, che sfocerà nella soluzione finale (per secoli, nella cristianità europea idealizzata dagli intellettuali teo-con, antigiudaismo teologico e persecuzioni antiebraiche sono andati a braccetto) – ma andrei fuori tema.

    Fatto sta che nessuno ha mai chiesto seriamente di scacciare i tedeschi dall'Europa nel dopoguerra. Li abbiamo denazificati e ce li siamo tenuti. Decisione saggia oltreché giusta: la Germania è oggi uno dei pilastri più solidi dell'UE.

    Tornando all'odio e al disprezzo: sul web dilaga il culto postumo di Oriana Fallaci, Cassandra inascoltata, povera vittima della sinistra radical-chic e salottiera. Dopo le stragi io non ho cambiato idea: ero contro ogni fanatismo e intolleranza prima, e lo sono ancora; ero a favore di un multiculturalismo urbanizzato prima, e lo sono ancora. Ho sempre trovato insopportabile la demonizzazione della Fallaci, che, bisogna ammetterlo, proviene da una storia di sinistra: da ragazza fu partigiana nelle formazioni di Giustizia e Libertà, e la sua cultura politica è una sorta di anarchismo illuministico (il che dimostra che l'intolleranza non è appannaggio della destra e dei fanatici religiosi: ce n'è anche in certe pieghe nascoste della cultura laica). Non mi è mai andato a genio neppure il modo furbesco con cui la destra più retriva, quella guerrafondaia, l'ha arruolata per fomentare le sue campagne d'odio antislamiche.

    Sono d'accordo con Galli Della Loggia su un punto: è moralmente degna "una collera della giustizia". Questo genere di rabbia è liberatrice ed energetica: ci stimola a reagire all'ingiustizia. Ma, prosegue Della Loggia, di fronte a certi crimini contro l'umanità, anche l'odio è plausibile, quasi d'obbligo. "Non era forse giusto odiare i Kapò dei campi di sterminio, i carnefici di Nanchino o gli organizzatori della carestia artificiale in Ucraina?" ("Gli europei smarriti di fronte alla violenza", Corriere della Sera, 23/11/2015). Certo, questa è una reazione umanissima. Avremmo tutto il diritto di odiare anche i terroristi che uccidono innocenti. Attenzione, però: l'odio, che ci viene più spontaneo dell'amore, è un sentimento ribelle e prepotente. E' impossibile addomesticarlo. L'odio reclama vendetta, non giustizia. L'odio è cieco: colpisce a casaccio, senza guardare in faccia a nessuno.

    Proprio gli scritti della Fallaci esemplificano bene come l'odio, una volta evocato, sia impossibile da circoscrivere. "Ho e devo avere il diritto di odiare chi voglio". Lei però non odiava solo i Bin Laden e i kamikaze, cosa umanamente comprensibile. No, lei odiava anche i Noam Chomsky, i Michael Moore, personaggi della sinistra radicale apostrofati come "collaborazionisti", "traditori", "complici" dei terroristi. Questo è lo stesso linguaggio e lo stesso immaginario fideistico dei giacobini e degli estremisti — laici o religiosi non importa>>> Continua la lettura sul sito

 

martedì 1 dicembre 2015

Parole d’autore

FONDAZIONE NENNI http://fondazionenenni.wordpress.com/

  

Una nuova rubrica arricchisce il Blog della Fondazione Nenni. Grazie alla studiosa Francesca Vian ogni settimana sarà analizzata una "parola d'autore" di Pietro Nenni. Nel campo della politica, è nota la creatività oratoria del socialista Pietro Nenni, a cui sono riconosciute ardite e colorite doti di innovatore in campo lessicale e nel campo della comunicazione politica: a lui, ad esempio, sono ricondotte invenzioni linguistiche come, tra le altre, "stanza dei bottoni", "vento del Nord", "tintinnar di sciabole", "politica delle cose", ma non solo; sono tantissime le parole d'autore di Pietro Nenni. Un lavoro straordinario quello della dottoressa Vian che ci riserverà molte sorprese. Cominciamo con la parola "partigiano". 

 

di Francesca Vian

 

Pietro Nenni è il padre della parola partigiano, sia come sostantivo, sia come aggettivo. Gli assegna la paternità di questo termine il Grande dizionario italiano dell'uso, diretto da Tullio De Mauro.

    Nenni introduce la parola russa partizan in Italia, nell'accezione di "membro di gruppi armati irregolari che si battono contro i tedeschi", e insiste per farne il nome dei combattenti.

    Nell'agosto-settembre del 1941 scrive in "Lo stato operaio": "L'aggressione hitleriana contro l'Unione Sovietica; la guerra che ne è derivata, e nella quale l'esercito rosso e i "partigiani" bolscevichi hanno già scritto pagine memorabili di eroismo e di gloria". Partigiani è fra virgolette nel testo, segnale che Nenni sapeva di utilizzare una parola nuova, e voleva farlo. Una parola nuova per una drammatica circostanza "nuova", a scanso di equivoci. L'anno successivo, nel 1942, anche Palmiro Togliatti utilizza la voce partigiano.

    Dal 1943, Nenni cerca poi di imporre la parola. Non è facile stabilire quale nome assumere nella guerra contro i nazisti; i combattenti vengono chiamati in tanti modi, primo fra tutti "patrioti", ma questa guerra "non è affatto nazionalista o imperialista", scrive Nenni in "Una sola parola d'ordine", nell'Avanti! clandestino del 15 dicembre 1943. Nello stesso articolo insiste con la voce "partigiano": "Né è un caso che il popolo italiano si ponga spontaneamente in linea con le esigenze della guerra partigiana e assuma da solo, nell'assenza di ogni autorità costituita, l'iniziativa e la responsabilità della condotta di questa."

    "Esso si schiera idealmente al fianco dei partigiani dei territori occupati."

    "il Partito mobilita i compagni di tutta Italia e addita a essi una precisa direttiva da seguire: impiegare ogni energia, ogni uomo, ogni momento per la lotta partigiana". >>> Continua la lettura sul sito

 

mercoledì 25 novembre 2015

Vittoria Nenni, la biografia

FONDAZIONE NENNI - http://fondazionenenni.wordpress.com/

 

27 novembre, Roma: Presentazione volume su Vittoria Nenni

 

La Fondazione Nenni è lieta di invitarvi alla presentazione della prima biografia su Vittoria, terzogenita di Pietro Nenni, vittima della barbarie nazifascista, morta ad Auschwitz nel 1943.

    Il saggio di 195 pagine è di Antonio Tedesco, arricchito dalla Prefazione del Segretario della UILPA Nicola Turco. Introduzione del Presidente della Fondazione Nenni Giorgio Benvenuto.

    Una pubblicazione della Biblioteca della Fondazione Nenni in collaborazione con la UILPA e la Fondazione Buozzi.

 

mercoledì 18 novembre 2015

Italiani nel mondo - Una lettera dai Paesi anglofoni

 I sottoscritti Consiglieri della rinnovata Commissione Continentale per i Paesi Anglofoni Extraeuropei del Consiglio Generale degli Italiani all’Estero, in attesa di ricevere la documentazione di accompagnamento alla legge di stabilità ora all’esame del Parlamento, sulla base delle notizie finora pervenute sui nuovi devastanti tagli apportati a tutti i capitoli di spesa del MAECI relativi agli italiani all’estero, nonché alla discriminazione contenuta in un Decreto del MEF sulle detrazioni fiscali, chiedono agli esponenti del Governo e ai signori legislatori di rispondere chiaramente prima di tutto alla seguente domanda: l’Italia considera ancora come parte portante della sua proiezione all’estero i quasi 5 milioni di cittadini italiani iscritti all’AIRE e gli oltre 160 milioni di italo-discendenti, come calcolati da Piero Bassetti, nel suo Globus et Locus?

    Le dichiarazioni rilasciate dal Presidente del Consiglio dei Ministri, Matteo Renzi, nel corso della sua missione in America Latina presuppongono una risposta positiva a questa nostra sollecitazione di chiarimento. Chiediamo dunque perché nella legge di stabilità e nel decreto regolamentare 21.9.2015 del MEF si proceda a:

•          diminuire ulteriormente, ben al di sopra del taglio del 10% imposto trasversalmente a tutti i Ministeri, i già esigui finanziamenti agli organismi di rappresentanza degli italiani all’estero: Com.It.Es., Intercomites e CGIE, tagli che di fatto impediranno lo svolgimento dei compiti e l’effettuazione delle riunioni previste tassativamente dalle rispettive leggi istitutive, esponendo i loro componenti a commettere gravi infrazioni della normativa che li governa e ad essere perciò perseguibili senza alcuna colpa da parte loro;

•          ridurre oltre la soglia di criticità i contributi all’insegnamento della lingua e della cultura italiane all’estero, volani di italianizzazione dei gusti del mercato mondiale e strumento insostituibile di promozione del Sistema Paese, prevedendo un’erogazione di fondi che sono al disotto dell’1% delle risorse destinate da altre Nazioni a favore delle proprie lingue e culture. Questo mentre si continuano a convocare Convegni, organizzare Tavole rotonde, annunciare nuove politiche di intervento, garantire che la diffusione della nostra lingua e la promozione della nostra cultura costituiscono priorità assolute degli interventi da realizzare;

•          assegnare una mera elemosina all’assistenza indiretta per le rimanenti fasce più deboli delle comunità di più antica tradizione, negando i diritti di cittadinanza ed i princìpi di solidarietà sanciti dalla Costituzione italiana;

•          decretare che soltanto gli italiani che lavorano negli Stati membri dell’Unione Europea hanno diritto alle detrazioni per carichi familiari, mentre tutte le leggi finanziarie dal 2007 al 2014 hanno stabilito che tale diritto spetti a tutti i residenti fuori d’Italia che soddisfino le condizioni fissate per legge e il totale dei destinatari di tale agevolazione è costituito da un numero irrisorio di persone nel mondo.

 

Silvana Mangione, USA, Vice Segretario generale Anglofoni extraeuropei uscente; Franco Papandrea, Australia, componente del Comitato di presidenza uscente; Riccardo Pinna, Sud Africa, componente del Comitato di presidenza uscente; Rocco Di Trolio, Canada, componente Commissione Assistenza Sociale uscente; Vincenzo Arcobelli, USA, neoeletto.

 

martedì 10 novembre 2015

Ripartire dalla cultura?

LAVORO E DIRITTI - a cura di www.rassegna.it

 

 Nel 2013, nonostante la crisi economica, 100 milioni di persone hanno visitato nel nostro paese un museo o un sito. Nel rilanciare il settore non si può che far tesoro di dati come questo. A patto di farlo con un minimo di organizzazione e di serietà.

 

di Stefano Landi

Presidente Sl&a Turismo e Territorio

 

Non è facile ricostruire la storia recente del turismo italiano, e soprattutto non è facile capacitarsi del perché, anche contro il senso comune, le cose vadano come vanno, perché le competenze siano così disorganiche, perché sia così difficile metterci mano in una logica di maggiore efficienza o quanto meno razionalità. Si sente spesso dire in giro che “il nostro futuro è nel turismo, e la cultura è il nostro il petrolio, ma non lo sappiamo sfruttare”. Un luogo comune che sempre più spesso si intreccia con le competenze del ministero per i Beni e le Attività culturali ed il Turismo, che il titolare Dario Franceschini ha definito “il più importante ministero economico italiano.

    La domanda che ci poniamo e a cui cerchiamo di rispondere con la ricerca “Turismo, vent’anni senza”: si può ripartire dalla cultura, per rilanciare il turismo? Proviamo a spiegarlo, ponendo in evidenza statistiche e numeri molto importanti e significativi. Secondo le ultime indagini ufficialmente disponibili, la motivazione culturale influenzerebbe quasi il 40% dei turisti internazionali: nel 2013 in 48 milioni hanno visitato il nostro Paese. Abbiamo quindi 18 milioni di stranieri attratti dalla cultura. Tra i turisti italiani, invece, la motivazione culturale di vacanza in Italia “pesa” per il 24%, su un totale di 55 milioni di viaggiatori 2013, e quindi spiega 13 milioni di turisti domestici. I “turisti culturali” sono pertanto soprattutto stranieri.

    Considerando ancora le ultime indagini disponibili sui vacanzieri (italiani e stranieri in Italia) e in particolare i dati sulla permanenza media e la spesa, si arriva a stimare una spesa complessiva dei turisti culturali pari a 9,3 miliardi, di cui il 60% generata dai turisti stranieri: sono sempre loro, quindi, i più grandi “consumatori” di cultura in vacanza. Applicando i moltiplicatori settoriali diretti e indiretti della produzione dovuta alla domanda turistica si stima che il valore aggiunto generato dalla domanda turistica culturale ammonta a oltre 6,3 miliardi di euro, e l’occupazione sostenuta da questa domanda raggiunge e supera 186 mila unità di lavoro.

    In Italia, nel 2013, nonostante la crisi che ha falcidiato anche queste spese, 100 milioni di persone hanno “effettuato un consumo di bene culturale”, visitando un museo o un sito. Di questi circa 52 milioni erano italiani (70% residenti o escursionisti, 30% turisti pernottanti) e 47 milioni stranieri (42,2 milioni turisti pernottanti, 4,7 milioni invece escursionisti, come i crocieristi). Si valuta che gli italiani siano stati in netto calo, gli stranieri invece in crescita; ma non ci sono dati precisi, perché incredibilmente non vengono rilevati. Di nuovo si verifica che il principale gruppo di “paganti in biglietteria” è costituito dai turisti stranieri… >>> Continua la lettura sul sito rassegna.it