mercoledì 12 novembre 2008

Commiato da un compagno - Sandro Rodoni -

(Biasca, 1.2.28 - Zurigo, 29.10.08)
È venuto a mancare mercoledì 29 ottobre Sandro Rodoni, figura mitica della sinistra di lingua italiana in Svizzera. Dirigente comunista, si batté negli anni Sessanta e Settanta contro la xenofobia, aiutando e assistendo schiere di emigrati. Con la moglie Lisetta aveva aperto la Libreria Italiana di Zurigo, contribuendo grandemente alla diffusione della lingua e della letteratura italiana oltre le Alpi. Il segretario della Fsis, Montana, ha fatto pervenire un messaggio di cordoglio alla famiglia, ricordando come Rodoni sia stato "per lungo tempo una bussola per chi arrivava a Zurigo". Rodoni era socio onorario della Società Cooperativa Italiana Zurigo, il cui presidente, Ermano, ha tenuto per desiderio della famiglia il discorso di commiato. Qui di seguito ne riportiamo il testo.

"1.) Non voglio nessuna cerimonia funebre né pubblica né privata. 2.) Nessuna presenza di religiosi. 3.) Pubblicazione sui giornali a cremazione avvenuta. Sandro Rodoni". Queste, caro Sandro, sono le "Disposizioni" che hai lasciato vari anni fa "in caso di decesso" su un semplice foglio a quadretti inserito in una semplice busta, scritto in calligrafia chiara e senza fronzoli, sette righe in tutto, compresa la firma autografa.

Forse sul primo punto ("Non voglio nessuna cerimonia funebre né pubblica né privata") abbiamo dovuto, caro Sandro, disobbedirti. Beninteso, questa non è una cerimonia e non possiede alcunché di cerimonioso. È il nostro stare insieme qui, fra di noi, tra persone che ti hanno conosciuto, ti hanno stimato, ti hanno voluto bene, ti hanno amato profondamente: siamo qui con tua moglie Lisetta, compagna di mille battaglie, con i vostri due figli André e Matteo, sempre presenti nei tuoi pensieri, uomini misurati, come te, dotati di grande sensibilità e intelligenza. Siamo qui con tuo fratello maggiore, Isio, che è voluto venire a salutarti, e con tuo fratello Stelio che ti ha sempre considerato un esempio di vita e che tu consideravi esempio di impegno civile nella vostra Biasca.

Biasca nell'alto Canton Ticino, il Monte di Mazzorino, l'incrocio delle tre valli, Riviera, Leventina e di Blenio, e dentro Biasca il rione "Canton Zoc": questi i nomi di luogo delle radici di Sandro Rodoni e della sua famiglia d'origine. E a Biasca, oltre a Stelio, storico municipale e vicesindaco, anche l'altro fratello, Edo Rodoni, scomparso lo scorso anno, è stato a lungo municipale. Questa tradizione familiare di impegno civile è portata oggi avanti da altri Rodoni della generazione successiva.

Tu, caro Sandro, eri "l'intellettuale di famiglia", mi ha detto Stelio, eri la persona di senno alla quale ci si poteva rivolgere per averne consiglio nelle decisioni complesse e difficili. Eravate cresciuti in una clima di grande armonia, coltivata da vostra madre all'insegna del monito: "Guai se non vi aiutaste!" e usava talvolta il congiuntivo come a dire: "Se non vi aiutaste sarebbe assurdo! Sarebbe un'onta!" La solidarietà è punto d'onore per i Rodoni non meno che la discrezione, il tatto, la misura.

Essere oggi insieme qui, al Nordheim di Zurigo, dobbiamo ammetterlo, seppure non s'intende a mo' di cerimonia, tuttavia vibra di una partecipazione emotiva che basterebbe a nutrire di contenuto umano molte e poi molte cerimonie. Perciò ci scusiamo, Sandro, se non ci è possibile accomiatarci da te senza incontrarci, in questo luogo e in quest'ora, piena di mestizia, ma solidale.

Non è mio compito tratteggiare oggi un profilo biografico di Sandro Rodoni. Non ce ne sarebbe stato il tempo. Di ciò dovranno occuparsi gli studiosi in sede di riflessione storica sulle vicende della sinistra di lingua italiana in questo Paese. Il mio compito qui e ora può soltanto consistere nel fare menzione alle passioni fondamentali e alle idee forza che hanno caratterizzato la tua esistenza, caro Sandro. Cercherò di parlarne come avresti desiderato tu, cioè nel modo più sobrio e verecondo che mi sia possibile.

***
Cara Lisetta, cari André e Matteo, cari Isio e Stelio Rodoni, cari familiari in lutto, gentili astanti, noi tutti sappiamo che la politica è stata la passione fondamentale di Sandro, accanto agli affetti privati e non disgiunta da essi. Come dimostra la prima azione politica di Sandro Rodoni, che possiede un valore a ben vedere emblematico.

Anno 1942. Rodoni è un ragazzo quattordicenne. E intorno a lui, fuori dai confini di questo Paese, il mondo brucia. L'Europa è occupata dalle armate hitleriane che avanzano verso oriente. Il nazi-fascismo sembra ormai destinato a trionfare, ma in agosto la marcia su Mosca si ferma. Stalingrado. La città sul Volga subirà sei mesi di assedio nel durissimo inverno russo. Stalingrado viene messa alla fame e demolita a cannonate dalla furia nazista, giorno dopo giorno, quartiere dopo quartiere, casa per casa. Ma non cede. A guerra finita, verranno ritrovate diverse scritte di soldati russi sui muri caracollanti tra le rovine di Stalingrado: "Muoio ma non mi arrendo". Nel 1942, nel mezzo di questo incendio cosmico, Sandro chiede con urgenza una riunione di famiglia. Ordine del giorno: acquisto di una radio. Per ascoltare radio Londra, radio Mosca. Perché bisognava assolutamente "capire", "conoscere". informarsi".

All'epoca una radio era un mobile ingombrante. A Biasca ce n'erano pochissime. Una radio costava intorno ai 400 franchi, cifra che bastava a vivere due o tre mesi, in tempo di guerra! E non era nemmeno chiaro dove potevi comprarla, una radio. Ma quel ragazzino fu talmente convinto e convincente circa la necessità della radio che la famiglia Rodoni l'acquistò.

Sandro voleva "capire", "conoscere". informarsi". Capire le cose non veniva per lui prima della trasformazione politica: capire le cose è la prima trasformazione politica, capire le cose significa prenderne coscienza, non solo quindi anticipare il futuro, ma anche resistere alla tentazione di distogliere lo sguardo sul presente e avere il coraggio di ricordare e non dimenticare.

Che ciò su cui si fonda l'esperienza umana sia il coraggio è stato detto, permettetemi quest'osservazione, duemila trecento cinquanta anni fa dal filosofo per antonomasia, Aristotele: "Dalla percezione si sviluppa il ricordo", scriveva quel sommo pensatore greco: "I ricordi, molti per numero, si costituiscono come una esperienza... E come, quando in battaglia l'esercito è volto in fuga, un [combattente] si ferma, poi si ferma pure un secondo [combattente], poi un altro ancora e si giunge [di nuovo] allo schieramento", così si giunge a una esperienza. E si potrebbe qui chiosare aggiungendo che così si giunge?anche a una esistenza..

L'esperienza dunque dal ricordo, il ricordo dalla percezione, e tutte queste cose per noi necessarie nascono dal coraggio, dalla stessa sostanza manifestata in quelle scritte anonime di anonimi eroi russi sui muri di Stalingrado: "muoio ma non mi arrendo". Non solo la nostra libertà, dunque, ma anche il sapere, discende dal coraggio: di non fuggire, ma fermarsi e resistere.

Ecco, la parola "resistere" aveva per Sandro un significato emozionale profondo: configurava il sistema di valori e di ideali che egli aveva abbracciato ragazzo e sui quali aveva tenuto fermo tutta la vita con pulizia morale, senza facili ottimismi, senza illusioni, senza attese di contropartita, senz'alcun fanatismo.

Accettò negli anni Cinquanta di dirigere la Federazione comunista, fu in prima fila nella lotta contro la xenofobia negli anni Sessanta. Sandro ha dato anche, a partire dal 1961, con la fondazione della Libreria Italiana insieme alla moglie Lisetta e grazie al sostegno di Giangiacomo Feltrinelli, un crescente contributo alla diffusione della lingua e letteratura italiana oltre Gottardo. La libreria diventa un punto di riferimento per l'emigrazione italiana. Vi transitano diverse personalità del mondo dell'arte e della cultura, come Leonardo Sciascia o Mario Comensoli e molti altri. Non per caso è proprio nella Libreria dei Rodoni che Saverio Strati dà inizio a "Noi lazzaroni", celebre romanzo del 1972.

"Erano gli anni del Telegiornale, e per noi redattori ", annota Renzo Balmelli con gratitudine, "la Libreria di Sandro divenne un cenacolo, un punto di riferimento insostituibile per restare all'ascolto dei fermenti, delle novità e anche delle contraddizioni che percorrevano la cultura, la letteratura, il giornalismo e l'editoria della società italofona ed europea. Gli incontri con Sandro e la frequentazione della Libreria ebbero l'effetto vivificante di un Bildungsroman vissuto in diretta".

A Zurigo Rodoni era sbarcato diciannovenne, nel 1947, dopo avere concluso la maturità commerciale a Bellinzona. In una intervista a "Radio Uno" rilanciata ieri sera dal canale della Svizzera Italiana, Sandro stesso ricorda di esserci arrivato per imparare il tedesco: "poi le cose si sono accavallate e ci sono rimasto per sempre". Le cose si sono accavallate. Per sessant'anni. Una vita: la vita di un uomo rimasto fedele a se stesso, mi ha pregato di puntualizzare André.

Giunto a Zurigo, aveva iniziato amministrando un'attività d'importazione. E per molti anni ha poi condotto con buona amministrazione e correttezza verso i propri dipendenti le attività dell'Agenzia Viaggi. Ma un tempo ragguardevole della sua vita, Rodoni lo ha dedicato all'attività di giornalista militante. Scrisse su vari fogli d'emigrazione: "Il Lavoratore", "L'emigrazione italiana", "Agorà" e "Realtà Nuova", dove pubblicò una storia a puntate del PCI all'estero. Sandro tenne anche una rubrica della memoria sull'Avvenire dei lavoratori, una galleria ideale di uomini democratici, tra cui Ernesto Rossi e Hans Rotter.

Sotto lo pseudonimo di Ettore Spina fu a lungo corrispondente dell'Unità. Erano i tempi in cui Rodoni andava spesso a Milano e a Roma in macchina. E quando poteva si portava dietro André, ancora bambino, la cui pazienza era messa a dura prova dalle lunghissime ore d'autostrada. E pensare che, come ricorda il fratello Stelio, una volta, dalla direzione del glorioso quotidiano fondato da Antonio Gramsci proposero a Sandro di andare come corrispondente in Cina, ma lui rifiutò. Troppo lontano da Biasca! Matteo tira ancor oggi un sospiro di sollievo al pensiero dello scampato pericolo.

Su quegli anni, al "Vorwärts", l'organo del "suo" Partito del lavoro, Rodoni ha rilasciato un'intervista memorabile, entrata negli annali. Perché ci fornisce un'idea di quell'epoca, nella quale i comunisti italiani e di lingua italiana, sotto la guida di Sandro Rodoni, andarono a costituire la struttura portante della sinistra antagonista in Svizzera.

Erano anni, ricorda il figlio André, nei quali anche un bambino si accorgeva che ogni tanto c'era la macchina degli agenti a seguire lui e il papà. Erano gli anni nei quali per un emigrato italiano leggere l'Unità era di fatto vietato. Iniziavano i pedinamenti, le schedature. Prima o poi rischiavi l'espulsione. E lo stesso valeva se partecipavi a un incontro di partito. Per proteggere i suoi compagni, Rodoni allora organizzava riunioni volanti, per esempio sotto le pensiline di una stazione, dove i membri d'esecutivo di questa o quella sezione convenivano come per caso, magari con i figlioletti alla mano. La posta veniva controllata? E le telefonate? Come scoprirlo? Molto tempo dopo si sarebbe appresa la verità, dai quattordici chili di schedature dedicate al solo Rodoni, dalle tonnellate e tonnellate di carte uscite dagli scantinati dello spionaggio d'Elvezia.

Alla Militärstrasse, dove negli anni Sessanta si concentravano la sede della Cooperativa, delle Colonie Libere e della Libreria Italiana, gli agenti, come nei film d'intelligence, affittarono un intero appartamento, sembra, per tenere d'occhio chi entrava, chi usciva, chi parlava con chi.

L'impegno politico-giornalistico più notevole di Sandro fu la fondazione e la redazione dal 1960 al 1966 de "La Voce". Si aggiunsero così i viaggi bisettimanali a Ginevra, dove il periodico veniva stampato. E il responsabile organizzativo del partito per l'emigrazione, Fontani, ricorda il primo di questi viaggi: "Zurigo Ginevra con Rodoni senza una parola". Divennero grandi amici, ma all'inizio Sandro era fatto così, rimaneva "muto come un sasso", per usare le parole di André.

Se però aveva qualcosa da dire, Rodoni non taceva. Mario Barino ha appreso da Mario Comensoli l'aneddoto che segue. Nel 1962 Sandro accompagnò l'amico Comensoli a Roma in vista dell'esposizione dedicata al grande artista presso la Galleria San Luca. Al vernissage Carlo Levi aveva introdotto il pubblico della capitale alla pittura comensoliana parlando di "una grande forza onesta e operosa che è coerenza con se stessi, acquisto di personalità, fedeltà a una cultura operaia, coscienza morale, coraggio". Giorgio Amendola ironizzò allora sulla capacità degli "svizzeri" di comprendere questi valori popolari. Rodoni, come pochi altri impegnato nel sostegno ai lavoratori italiani pagando un prezzo alla sua attività "antielvetica", ritenne ingiusta l'osservazione di Amendola e gli chiese pacatamente ma con fermezza di ritirarla, facendo presente all'alto dirigente comunista italiano che molti "svizzeri" non meritavano per impegno e serietà irrisione alcuna. Amendola capì, e si scusò.

E dunque: fu Sandro un "comunista tutto d'un pezzo", come ha scritto Dario Robbiani in questi giorni? Da un certo punto di vista sì. Sandro fondò la Libreria per "servire la manodopera italiana emigrata". Al servizio dei lavoratori, senza populismi o demagogie, con le proprie sostanze, senza aiuti dello stato, e anzi perseguitato talvolta dallo stato per questo. Dedicò l'esistenza al servizio dei lavoratori. In questo senso sì: comunista tutto d'un pezzo. Ma per quanto ne so, non fu senza dubbi, tormenti, notti in bianco, per Budapest, per Praga.

Sento il dovere di ricordare qui che il movimento comunista è stato fatto da persone rispettabilissime come Sandro Rodoni. Ha avuto dirigenti come il comandante Ernesto Che Guevara, che Sandro conobbe in Polonia negli anni Cinquanta. È stato anche un nobel per la pace al segretario generale del Pcus Michail Gorbaciov. Milioni di donne e uomini, non sconfitti militarmente, che decisero di porre fine all'esperienza sovietica, riconoscendone apertamente gli errori e gli orrori, ma senza rinnegare i propri ideali.

Io devo ricordare questo dato storico per amor di verità, non come amico personale di Rodoni, ma proprio come socialista democratico, esponente della più antica organizzazione della sinistra italiana. Ed è in questa veste che intendo oggi tributare il mio omaggio a Sandro Rodoni, dirigente comunista, uomo democratico, per il suo coraggio civile, per la volontà laica di capire, per la fedeltà ai propri ideali.

Pertanto, dopo queste inadeguate parole di ricordo, tra pochissimi istanti, ascolteremo per desiderio della famiglia le note dell'Internazionale, in uno spirito che non divide, ma unisce.

Nel concludere, vorrei dire brevemente della vecchiaia e delle malattie che avevano attaccato diversi organi vitali, per curare i quali occorrevano medicine che miglioravano la situazione di un organo e peggioravano quella di un altro organo. E i medici stupefatti che un ottantenne resistesse così dignitosamente, con tanta lucidità e tanto a lungo all'accerchiamento dei mali.

Penso profondamente vera la testimonianza dei figli, secondo cui in quest'ultima resistenza molta energia sia venuta a Sandro dallo spirito combattivo di un matrimonio nel quale Lisetta ha sostenuto il marito senza risparmio, accudendolo, incalzandolo, discutendo, cercando di capire, senza distogliere lo sguardo, con coraggio, con un amore che non finisce oggi e che non finisce qui.

Andrea Ermano
Zurigo, 3.11.2008