martedì 22 giugno 2010

Il compagno Nenni e io redattore ragazzino de "La Squilla"

IL SOCIALISTA 

Avevamo lavorato l’intera notte 

Napoli, 2 settembre 1944: il compagno Nenni e io redattore ragazzino de "La Squilla"
di Giuseppe Ariola

Avevamo lavorato l’intera notte, nella Tipografia Barca, per tirare in rosso la testata dell’ “Avanti”. L’energia elettrica, come allora era normale, era mancata e per quattro ore avevamo a turno girato a mano, a lume di candela la grande ruota di ghisa che azionava la pesante stampatrice.

    La testata in rosso delle grandi occasioni: il giorno dopo, il 2 settembre nel salone delle adunanze della Società Operaia in via Egiziaca a Pizzofalcone, si sarebbe tenuto il primo Consiglio Nazionale del Partito Socialista di Unità Proletaria dopo la liberazione di Roma.

    Nel meridione presidiato dalle truppe alleate, le ferrovie erano di fatto inesistenti, le strade dissestate erano percorse dalle colonne militari anglo-americane. A Napoli regnava il colonnello Charlie Poletti.

    Uno alla volta giungevano nella nostra città, con mezzi di fortuna i leggendari capi delle lotte contadine e socialiste del meridione. I fondatori delle leghe, gli animatori delle battaglie contro Giolitti prima e della resistenza al fascismo poi.
Giunsero Pietro e Attilio Mancini da Cosenza, Fioritto da Foggia, Dino Napoli da Melfi, Luigi Cacciatore da Salerno. Da Bari giunsero Gino Barsanti (vecchio socialista marchigiano trasferitosi a Bari durante il fascismo) e Laricchiuta con un giovanissimo Rino Formica, da Campobasso Attilio Rossi, da Potenza Tommasino Pedio e tanti, tanti altri.

    A fare gli onori di casa erano impegnati il Segretario della Federazione Scipione Rossi e il patriarca del socialismo napoletano Giovanni Lombardi, ex deputato e cognato di Ettore Cicciotti.

    Da pochi giorni maggiorenne, ero l’unico redattore fisso, tuttofare e gratuito dell’ “Avanti” settimanale diretto da Nino Gaeta ed insieme alla turatiana Rossellina Balbi dirigevo “La Squilla” organo barricadiero e trotzkysteggiante della Federazione Giovanile Socialista.

    I due giornali si stampavano composti a mano nella tipografia dei compagni Mario, Elio ed Aldo Barca, che ancora si trovava in un seminterrato del grande cortile dell’ex Lanificio, a lato della chiesa di Santa Caterina a Formiello a Porta Capuana.
Avevo impaginato le otto pagine dell’ “Avanti” ed Aldo stava sistemando il piombo sul fondo della macchina, in apertura di prima in neretto bodoni corpo 9 un messaggio di Nenni, che Oreste Lizzadri  aveva portato la sera prima da Roma.
Elio e Mario chini sulle casse di caratteri mobili, aiutati da Saturnino, (un anziano tipografo con la mano sinistra deformata dall’avvelenamento da piombo) stavano componendo “La Squilla”, che la FGS voleva stampata per la sera.

    Seduto allo scrittoio nero d’inchiostro (sovrastato da un grande ritratto di Lorenzo Barca, defunto capo della Lega dei Tipografi socialisti e padre dei tre fratelli, correggevo le bozze di un mio infuocato articolo di fondo ferocemente polemico col Togliatti della svolta di Salerno, col Papa del Concordato, e nel quale, in nome della rivoluzione e della giustizia proletaria, si chiedevano le teste di Badoglio, Vittorio Emanuele ed Umberto di Savoia, complici di Mussolini.

    Un gruppo di persone discese i quattro gradini che portano dal cortile alla tipografia. Erano Oreste Lizzadri, Lelio Porzio, Luigi Renato Sansone, Nino Gaeta ed un uomo magro, insaccato in uno sgualcito vestito marrone che gli ricadeva sulle spalle, collo della camicia slacciato, rotonde e spesse lenti da miope, un basco nero a proteggere la calvizie dal cocente sole napoletano.

    Era Pietro Nenni, il leggendario leader socialista dell’Aventino, dell’esilio, della guerra di Spagna, del carcere, del confino di Ponza, della Resistenza a Roma dopo l’8 settembre 1943. Direttore dell’“Avanti” dal 1923, appena giunto a Napoli aveva voluto vedere dove si stampava, qui, quello che era comunque il suo giornale.

    Sansone ce lo presentò urlandone il nome, con le braccia allargate nel gesto che gli era abituale. Ci emozionammo tutti; Aldo Barca andò subito a chiamare mamma Barca, vecchia ed ardente compagna, professoressa alla quale la fede socialista aveva precluso l’accesso a scuola.
Mamma Barca arrivò ansimante in tipografia ed abbracciò e baciò a lungo, singhiozzando forte il compagno Pietro sorridente e commosso.
Nenni volle vedere le bozze dell’ “Avanti”, si complimentò con me per l’impaginatura, rafforzò un titolo, chiedendomi della Federazione Giovanile Socialista, di cui ero segretario per l’Italia liberata.
La sua cordialità mi fece ardito e gli chiesi di scrivermi subito un pezzo per “La Squilla”. Raggrinzì un attimo le rughe della fronte, fissando dal finestrone la ciminiera annerita ed in disuso del Lanificio, si tolse la giacca, rialzò con la mano destra, che già teneva la penna, gli occhiali sulla fronte mentre sedeva al vecchio scrittoio e su una striscia di carte di bozza, senza una correzione scrisse di Fernando De Rosa. Un giovane socialista, esule in Francia ed in Belgio, che aveva attentato a Bruxelles alla vita di Umberto di Savoia e aveva concluso la sua vita breve ed esaltante morendo da eroe in Spagna, combattendo con le Brigate contro il fascismo.

    Nenni, in brevi periodi essenziali lo indicava a noi, giovani socialisti, come esempio di militanza, di fede, di coerenza politica perseguita sino al sacrificio.

    Volle poi leggere il fondo che avevo scritto per “La Squilla”.
    Lo lesse attentamente, un po’ perplesso, mentre io attendevo ansioso e trepidante il giudizio di uno dei più grandi giornalisti politici del secolo.

    Depose le bozze umide, ricalò gli occhiali sul naso, indossò lentamente la giacca, mi guardò un attimo perplesso; poi, mollandomi una pacca sulla spalla ed illuminando il viso ad un ampio e divertito sorriso, allungando le vocali nel suo accento romagnolo, mi desse “Ma sì, compagno. Un buon articolo, va bene”.

    Poi, rivolto agl’altri “Perdìo! Se non si è giacobini a vent’anni, si finisce codini e clericali a quaranta”.
    Il titolo di questo articolo è “Il giorno in cui conobbi Pietro Nenni” fu scritto in suo onore all’indomani della suo morte, da un anziano giovane socialista che mi insegnò tantissimo.
Che il suo esempio resti sempre vivo nei nostri cuori, anche nei più giovani, e che la sua passione politica ci sia da monito e da stimolo.