Riceviamo e volentieri segnaliamo
EMIGRAZIONE ITALIANA - 3
Le ACLI della Svizzera esprimono rammarico per il SÌ del popolo svizzero all'iniziativa contro l'immigrazione di massa.
L'esultanza degli iniziativisti per l'esito delle urne può rivelarsi una vittoria di Pirro. Non è però ora il caso di scaricare le colpe sugli uni o sugli altri, ma una cosa è certa: ampi settori della politica e dell'economia devono chiedersi come potranno rispondere concretamente a questo mandato popolare senza ledere gli interessi della Svizzera e senza infrangere impegni già assunti in particolare con l'Unione Europea (UE). Non si tratta di un voto contro gli stranieri ma contro l'immobilismo generale che non ha saputo interpretare i segnali provenienti dalla società civile, dalle lavoratrici e dai lavoratori, dai sindacati per l'introduzione di misure correttive e di accompagnamento che potessero compensare gli squilibri del mercato del lavoro, arginare il dumping salariale e alleggerire la pressione sul territorio.
L'adozione su larga scala di contratti collettivi di lavoro o di salari minimi avrebbe evitato di premiare timori e paure su una presenza eccessiva di stranieri pur rispettando gli accordi bilaterali con l'UE. La speculazione fatta da ambienti politici ed economici sulla pelle dei lavoratori ha portato a questa situazione di incertezza. È giunto il momento di individuare le soluzioni senza se e senza ma. Non sarà facile per il Consiglio Federale. L'UE ha già fatto sapere che giudica la libera circolazione delle persone una libertà essenziale data per acquisita in tutti gli Stati dell'Unione. Il prezzo da pagare per la Svizzera potrebbe essere talmente alto da comprometterne in prospettiva la crescita economica, avvenuta grazie anche al lavoro degli stranieri, e ridurre il benessere acquisito.
Le Acli intendono comunque continuare ad impegnarsi per un'integrazione del mercato europeo senza calpestare i diritti di tutti i cittadini e il principio di solidarietà.
ACLI - Svizzera, Lugano