martedì 2 febbraio 2010

Quando l'onestà è un piacere


La commedia Il piacere dell’onestà di Luigi Pirandello, interpretata dalla Compagnia di Leo Gullotta, ha inaugurato nel novembre scorso la stagione dell’Eliseo di Roma. Rappresentata in questo periodo in molti teatri italiani, riscuote ovunque grande successo di pubblico e di critica. La presenza sul palco di Gullotta nei panni del protagonista, Angelo Baldovino, assicura a ogni replica esiti felici e lunghi applausi. E forse anche qualche riflessione nello spettatore, che nella più spontanea disposizione d’animo sarà indotto a leciti paragoni di ordine morale e politico.

di Giuseppe Muscardini 

Dopo aver assistito alla “prima” de Il piacere dell’onestà di Luigi Pirandello, andata in scena nel novembre 1917 al Teatro Carignano di Torino, Antonio Gramsci così si espresse dalle colonne dell’edizione torinese dell’«Avanti!»: C’è nelle sue commedie uno sforzo di pensiero astratto che tende a concretarsi sempre in rappresentazione, e quando riesce, dà frutti insoliti nel teatro italiano di una plasticità e d’una evidenza fantastica e mirabile. Così avviene nei tre atti del Piacere dell'onestà. Le profonde tematiche pirandelliane, riprese con maestria dalla compagnia teatrale di Leo Gullotta, si caricano oggi di quella nitidezza che solo i grandi interpreti dell’autore siciliano riescono a rendere in scena. Se poi anche l’interprete è siciliano, si comprende bene come la coesione fra vicenda e composizione scenica sia salutata ogni volta dal pubblico con applausi scroscianti.

    L’azione sul palco di Leo Gullotta chiarisce bene il concetto pirandelliano secondo cui nella società perbenista coloro che sono additati come disonesti, o ne sono in odore, talvolta rivelano nel carattere e nella condotta qualità morali inaspettate, tanto da destabilizzare chi li giudica. Leo Gullotta è Angelo Baldovino, l’uomo di dubbia onestà che ha perso i propri beni in anni di sperperi, dissipazione e gioco, ma che per una sorta di riscatto interiore accetta di sposare Agata, giovane donna in attesa di un figlio. Complice la madre di lei, la “copertura” offerta da Baldovino permetterebbe così al marchese Fabio Colli, padre del bambino ma già coniugato, di mantenere intatta la rispettabilità delle due famiglie e nel contempo di continuare a frequentare l’amante. Alla fine la statura morale di Angelo Baldovino trionfa sui principî ipocriti di una squallida consorteria borghese, composta dai personaggi che ruotano attorno a quel matrimonio riparatore, tutti affaccendati a salvaguardare il loro buon nome e l’onorabilità. Accortasi ben presto delle marcate differenze fra lo sciagurato Baldovino e le persone insincere che l’attorniano, Agata sceglierà infine lo sciagurato, decidendo di abbandonare l’ambiente meschino nel quale vive per seguire il marito “pro forma”, ora non più tale perché incarnazione dell’onestà.

   La regia di Fabio Grossi e il curatissimo impianto scenico, conferiscono ai due atti de Il piacere dell’onestà valenze tali da destare stupefazione nello spettatore, fin da quando, all’apertura del sipario, il palcoscenico è occupato da una casa di cristallo all’interno della quale l’intera vicenda si svolge. Nelle intenzioni del regista si vuole alludere alla concezione che Aldo Palazzeschi aveva dell’onestà, paragonata in una lirica apparsa nel 1913 ne «Lacerba» ad una casina di cristallo / semplice, modesta / piccolina piccolina: / tre stanzette e la cucina. / Una casina / come qualunque mortale può possedere, / che di straordinario non abbia niente, ma che sia tutta trasparente: / i cristallo… Non nasconderò più niente  / alla gente.

   Una bella lezione, quella di Pirandello. Anche se raramente, accade a volte che il “diverso” risulti trasparente ed abbia qualcosa da insegnare agli altri. Portato magistralmente in scena da Leo Gullotta, lo spettacolo si ammanta di una straordinaria attualità. In un momento storico contrassegnato da malversazioni, raggiri, scandali e corruzione, una lezione sull’onestà e la trasparenza è prodigiosamente rilanciata sui contemporanei dai palchi dei teatri italiani. Al pari del risorgimentale Viva Verdi!, il messaggio ci giunge come un’esplicita provocazione. O così vogliamo leggerlo, quasi ad auspicare a nostra volta per il Paese un necessario riscatto morale, ancor prima di intraprendere qualsiasi azione sul piano politico, prima di proporre leggi e leggine, prima di promulgare decreti, indire referendum ed elezioni, o promuovere inasprimenti fiscali che vengono da ministri un po’ troppo compiaciuti del loro operato.  
Cultura
Quando l’onestà
è un piacere
La commedia Il piacere dell’onestà di Luigi Pirandello, interpretata dalla Compagnia di Leo Gullotta, ha inaugurato nel novembre scorso la stagione dell’Eliseo di Roma. Rappresentata in questo periodo in molti teatri italiani, riscuote ovunque grande successo di pubblico e di critica. La presenza sul palco di Gullotta nei panni del protagonista, Angelo Baldovino, assicura a ogni replica esiti felici e lunghi applausi. E forse anche qualche riflessione nello spettatore, che nella più spontanea disposizione d’animo sarà indotto a leciti paragoni di ordine morale e politico. di Giuseppe Muscardini 

Dopo aver assistito alla “prima” de Il piacere dell’onestà di Luigi Pirandello, andata in scena nel novembre 1917 al Teatro Carignano di Torino, Antonio Gramsci così si espresse dalle colonne dell’edizione torinese dell’«Avanti!»: C’è nelle sue commedie uno sforzo di pensiero astratto che tende a concretarsi sempre in rappresentazione, e quando riesce, dà frutti insoliti nel teatro italiano di una plasticità e d’una evidenza fantastica e mirabile. Così avviene nei tre atti del Piacere dell'onestà. Le profonde tematiche pirandelliane, riprese con maestria dalla compagnia teatrale di Leo Gullotta, si caricano oggi di quella nitidezza che solo i grandi interpreti dell’autore siciliano riescono a rendere in scena. Se poi anche l’interprete è siciliano, si comprende bene come la coesione fra vicenda e composizione scenica sia salutata ogni volta dal pubblico con applausi scroscianti.

    L’azione sul palco di Leo Gullotta chiarisce bene il concetto pirandelliano secondo cui nella società perbenista coloro che sono additati come disonesti, o ne sono in odore, talvolta rivelano nel carattere e nella condotta qualità morali inaspettate, tanto da destabilizzare chi li giudica. Leo Gullotta è Angelo Baldovino, l’uomo di dubbia onestà che ha perso i propri beni in anni di sperperi, dissipazione e gioco, ma che per una sorta di riscatto interiore accetta di sposare Agata, giovane donna in attesa di un figlio. Complice la madre di lei, la “copertura” offerta da Baldovino permetterebbe così al marchese Fabio Colli, padre del bambino ma già coniugato, di mantenere intatta la rispettabilità delle due famiglie e nel contempo di continuare a frequentare l’amante. Alla fine la statura morale di Angelo Baldovino trionfa sui principî ipocriti di una squallida consorteria borghese, composta dai personaggi che ruotano attorno a quel matrimonio riparatore, tutti affaccendati a salvaguardare il loro buon nome e l’onorabilità. Accortasi ben presto delle marcate differenze fra lo sciagurato Baldovino e le persone insincere che l’attorniano, Agata sceglierà infine lo sciagurato, decidendo di abbandonare l’ambiente meschino nel quale vive per seguire il marito “pro forma”, ora non più tale perché incarnazione dell’onestà.

   La regia di Fabio Grossi e il curatissimo impianto scenico, conferiscono ai due atti de Il piacere dell’onestà valenze tali da destare stupefazione nello spettatore, fin da quando, all’apertura del sipario, il palcoscenico è occupato da una casa di cristallo all’interno della quale l’intera vicenda si svolge. Nelle intenzioni del regista si vuole alludere alla concezione che Aldo Palazzeschi aveva dell’onestà, paragonata in una lirica apparsa nel 1913 ne «Lacerba» ad una casina di cristallo / semplice, modesta / piccolina piccolina: / tre stanzette e la cucina. / Una casina / come qualunque mortale può possedere, / che di straordinario non abbia niente, ma che sia tutta trasparente: / i cristallo… Non nasconderò più niente  / alla gente.

   Una bella lezione, quella di Pirandello. Anche se raramente, accade a volte che il “diverso” risulti trasparente ed abbia qualcosa da insegnare agli altri. Portato magistralmente in scena da Leo Gullotta, lo spettacolo si ammanta di una straordinaria attualità. In un momento storico contrassegnato da malversazioni, raggiri, scandali e corruzione, una lezione sull’onestà e la trasparenza è prodigiosamente rilanciata sui contemporanei dai palchi dei teatri italiani. Al pari del risorgimentale Viva Verdi!, il messaggio ci giunge come un’esplicita provocazione. O così vogliamo leggerlo, quasi ad auspicare a nostra volta per il Paese un necessario riscatto morale, ancor prima di intraprendere qualsiasi azione sul piano politico, prima di proporre leggi e leggine, prima di promulgare decreti, indire referendum ed elezioni, o promuovere inasprimenti fiscali che vengono da ministri un po’ troppo compiaciuti del loro operato.